APRITI SESAMO
di Rocco Tripodi
Tranquilli, non c’è alcun riferimento ai 40 Ladroni. Parliamo di tesori custoditi all’interno dei cantieri di Vibo. Che verranno aperti, con ritualità fiabesca, come tanti Sesamo, oggi, o domani o dopodomani, o… E quanta ce ne vorrà di magia, con l’aiutino di qualche miracolo, per vedere trasformata in tesori una “Ammuzzata” scomposta, precaria e provvisoria (vedi via del Gesù) di opere di rigenerazione urbana eseguite con inappuntabile stile “COMUVENIVENI”.
L’accesso a Piazza Municipio io lo vieterei ai disabili, agli anziani, ai bambini finché non verranno prima rimosse le insidiose trappole e barriere architettoniche che sono state disseminate, e lo sconsiglierei a chi ha disturbi di mal di mare e vertigini. La piazza è stata sanpietrinata fino alla nausea, pur stando fermi. Qui è evidente (prevista?) una dozzina di quote, tutte diverse. Ma ormai questo argomento è stato abbondantemente trattato e abbiamo concluso che la QUOTA è come il MARE D’INVERNO: “Un pensiero che la mente non considera” (cit.).
E poi la posa, che dire? Come cumuli di mattoncini Lego raccolti e messi lì in ordine con malanimo da bambini, dopo la minaccia di vedersi ridotto a sole 8 ore giornaliere, l’uso dello smart, dalla mamma sclerata. Come pure le basole attraversate in modo irresponsabile da imprevedibili allineamenti di rampette prolungate che sfuggono alla vista, delizia per le caviglie. Basole di mille misure, quali sono, di solito, le ultime scelte e i fondi di magazzino. Se poi la conca-vasca-imbuto centrale che – qualunque sia la sua funzione – raccoglierà le acque piovane, sarà voluta o se invece anche quella sia la logica conseguenza dello strabismo del progettista, non ci è dato saperlo.
Per certo so che tutta la ghiaia che occupa la piazza, sarà la gioia dei cani; ne abbiamo già avuto profumato sentore. Quello che ipotizzo è la sorte del giovane albero, e dei suoi fratellini piantumati assieme a lui, quando cresceranno tra qualche anno, e si presenterà un agronomo con in mano un termometro puntato su quel buco dove probabilmente soggiornerà una spensierata comunità di formichine. Albero che inspiegabilmente è stato collocato esattamente sotto il vecchio ultimo Cedro del Libano provvisoriamente graziato dalla motosega boia del Sindaco Aggarbatuni. Posizione sconsiderata visto che gli verrà così negata ogni possibilità di crescita, a meno che? A meno che non sia stato preventivamente lì collocato per prendere il posto del vecchio Cedro per il quale è già stata fissata la data, anche per lui, della esecuzione capitale.
Mi auguro che di questo non si tratti, ma che, più semplicemente si tratti dell’ennesima scelta a “Fungiazza” di chi decide queste soluzioni. E di P.zza S. Maria che dire che non sia già stato detto? Forse non è ancora stato detto papale papale che fa letteralmente cagare? Si può dire o no? Con i suoi raffinati (mi pare 20) pistolotti a forma di sigarette luminose (potrebbe essere una pubblicità subliminale), che, anche se fossero 18, farebbero cagare lo stesso, ma 2 volte di meno. Anche qui qualche basola è già saltata e velocemente sostituita. Le Bruttitudini che l’autunno con le ultime foglie cadute aveva in parte pietosamente nascosto, sono venute alla luce, ridestando orrore e raccapriccio. E per rafforzare questa insana voglia di stupirci, sono stati collocati i complementi di arredo urbano. Stupore e non solo. Anche confusione, sconforto e repulsione. Confusione che deriva dalla nostra incapacità di dare un nome o un significato ad una installazione. Che, osservata e studiata da ogni latitudine, con tutti i mezzi di osservazione disponibili (noi ovviamente senza droni), è difficile anche da descrivere. Certamente bianca. Forse di materiale plastico rigido. Grande quanto una FIAT DUNA ma più triangolare, con un solo buco ampio centrale; molto convincente l’ipotesi di un grosso intrigante bidé (o se preferite bidet…) ECOSOLIDALE, dal forte impatto visivo, che si rabbocca da solo con l’acqua piovana e si utilizza, in comunità, con disinibita e fluida compartecipazione dei più spregiudicati.
Un po’ UFO, un po’ cesso stile Casamonica; un po’ panchina-anti barbone; un po’ cappello da prima comunione di Capitano Uncino. Qualcuno, più attento, ritiene che possa trattarsi di una spericolata creazione finalizzata a sopportare in un unico spazio comune, culi di età, dimensioni, resilienza e orientamenti sessuali diversi. Guarda un po’ quanto siamo avanti! Le panchine. Chissà quale regolamento o magari superstizione ostano a che vengano collocate all’ombra? Comunque, finalmente panchine con schienale? SÌ! Ma perché gli architetti lo studio dell’ergonomia di una seduta lo ritengono importante quando acquistano una Volvo per sé stessi e invece se ne sbattono delle chiappe e delle schiene degli ultimi sgalipati mortali? Anche qui piatta la seduta, e, da non crederci, con lo schienale lungo la metà della panchina stessa. L’altra metà sacrificata sull’altare di uno stile a dir poco spiazzante che faccia tendenza, di cui ormai non possiamo fare senza. Loro progettano, incassano e poi ti mollano, fino al prossimo incarico. E a noi cosa lasciano? il motto che li guida: FORA DO CULU MIU CU PIGGHJA PIGGHJA.
Ancora un’ultima cosa. Quello che voglio che sia un tormentone per i tanti patrioti e non patrioti, che si sono fatti eleggere come nostri rappresentanti, ammantandosi di profondo senso di fedeltà e attaccamento alle nobili radici di questa Città; attraverso dichiarazioni convenzionali stucchevoli e nostalgiche. Cosa aspettano ad attivarsi, anche legalmente, per far luce sulla sorte a cui sono stati destinati i cordoli e le basole smantellati dai cantieri e subito scomparsi? Pensate che figura da niente fareste se al posto di tutti VOI, che continuate a fare cordone contro la giustizia e il mandato da voi stessi chiesto ed accordato, l’iniziativa partisse da semplici cittadini. Smettetela di fare i pomicioni nei Vicoli dei baci e fate andare le mani, piuttosto, per abbracciare le giuste aspettative di chi quel posto vi ha generosamente assegnato.