Vibo, le elezioni 2024 sono già “controllate” dalla massomafia: che dice il nuovo prefetto?

VIBO VALENTIA: ELEZIONI “CONTROLLATE” DALLA MASSOMAFIA

Lo abbiamo chiesto per mesi a Gratteri ma ormai se n’è andato a Napoli e non ci risponderà più ma speriamo che ci ascolti il nuovo Prefetto: a Vibo Valentia ci sono le condizioni per libere elezioni democratiche? 

Il prossimo anno si vota per le amministrative a Vibo Valentia. Il deputato Giuseppe Mangialavori non a caso ormai meglio conosciuto come Peppe ‘ndrina, ha dichiarato che Vibo Valentia sotto la guida della sindaca Limardo sta rinascendo e basa il suo dire sul fatto che la città sia più “pulita”. Ora, per valutare il rinascimento di Vibo, una volta chiamata il giardino sul mare, basta farsi una passeggiata lungo il Corso Vittorio Emanuele III e constatare la chiusura di quasi un negozio su due oppure andare nel suo  centro storico abbandonato a se stesso, o andare a Vibo Marina, una volta ridente località turistica, e ora abbandonata a se stessa senza alcuna idea di futuro. Per non dire della tanta strombazzata Capitale del libro che ha portato solo a  far emergere il disastro amministrativo e la conduzione poco chiara del Sistema Bibliotecario.

Ma qui ci fermiamo anche se l’elenco potrebbe essere più lungo, perché vogliamo partire dalla domanda posta all’inizio. A Vibo ci sono le condizioni per libere elezioni non condizionate dalla massomafia e dalla ‘ndrangheta? Alla base del confronto politico amministrativo ci devono essere le condizioni di praticabilità democratica, la libera espressione del voto dei singoli cittadini nel momento supremo del voto. E questa condizione basilare a Vibo Valentia abbiamo il sospetto che da anni non esista. Non è una nostra supposizione ma è ciò che emerge da molte indagini condotte da Gratteri e dalla Dda di Catanzaro.

Premettiamo a carattere cubitale che la nostra analisi e disamina riguarda solo l’aspetto politico e non gli eventuali capi d’accusa ai singoli politici che andremo a menzionare, molti dei quali non sono mai stati neppure indagati. Per noi fino al terzo grado di processo sono tutti innocenti quelli sotto processo e quelli non indagati sono persone per bene. Ciò non significa però che dove la magistratura non è arrivata (e su questa circostanza ci sarebbe da ragionare seriamente), non si possano avere delle conseguenze amministrative e politiche.

Dal 1991 al 2022 in Calabria sono stati sciolti per mafia ben 119 comuni e si arriva a ben 345 provvedimenti di scioglimenti perché alcuni Comuni sono stati sciolti più volte. L’ultimo comune sciolto in maniera clamorosa è stato Rende, che ha seguito di qualche mese Scilla mentre sono stati sciolti successivamente i comuni di Acquaro e Capistrano. Per non parlare del commissariamento per infiltrazioni mafiose delle Asp di Catanzaro e Reggio. E tutto questo è stato molte volte slegato dai provvedimenti della magistratura. L’amministrazione comunale di Vibo Valentia non è mai stata sciolta eppure sono stati appurati fatti, parentele, eventi imbarazzanti che avrebbero portato allo scioglimento immediato di tanti altri piccoli comuni. Anche se i loro sindaci spesso sono immacolati, come a Vibo Valentia, molti sono i Consigli comunali sciolti per  mafia anche per parentele e rapporti “diretti e indiretti” fra alcuni eletti e soggetti vicini alla criminalità organizzata.

Come in una telenovela facciamo il riassunto dei singoli fatti. Che cominciano ad essere tanti, troppi e sempre più imbarazzanti anche per la Dda di Catanzaro. 

Nell’indagine Rinascita Scott, Bartolomeo Arena tira in ballo l’allora senatore di Forza Italia Giuseppe Mangialavori, eletto in Parlamento nelle politiche del 2018 ed in precedenza consigliere regionale e presidente del Consiglio comunale di Vibo Valentia.

Il nome di Giuseppe Mangialavori compare anche nell’indagine “ Imponimento”.  Anche qui attraverso delle intercettazioni escono fuori i contatti tra Mangialavori, un amico e la cosca degli Anello di Filadelfia. In questa indagine va a  finire in carcere l’ ex consigliere comunale di Vibo Valentia Francescoantonio Tedesco, eletto in passato consigliere comunale nel 2015 a sostegno di Elio Costa (che non è stato certo un magistrato limpido, ma questa è un’altra storia). In vista delle elezioni politiche del 2018 Giuseppe Mangialavori si dà da fare per superare i dissapori nati con Tedesco dopo la sua candidatura  alle comunali nella lista “Vibo Unica” di Stefano Luciano. La Dda sottolinea: “Evidentemente, in vista delle prossime consultazioni intendeva ricomporre dissidi con i propri amici per coalizzarli e ottenerne l’appoggio elettorale” considerando  i rapporti  con gli Anello. La Dda contesta a Tedesco i rapporti  di collaborazione con il clan  Anello-Fruci di Filadelfia e Acconia, e come  colui che porta il clan Anello a sostenere Peppe Mangialavori alle elezioni politiche nazionali del 2018, poi eletto al Senato della Repubblica” con Forza Italia e già consigliere regionale e presidente del Consiglio comunale di Vibo Valentia. Anche in questa indagine Giuseppe Mangialavori non è indagato come in nessuna altra indagine. Lo stesso per l’ex sindaco ed ex magistrato Elio Costa.

Dell’ultima operazione  Maestrale– Carthago abbiamo scritto nei giorni scorsi. Anche qui la Dda si sofferma sui rapporti tra Domenico Colloca, accusato di far parte della ‘ndrina di Paravati e il mondo politico. Scrive la Dda “… collegato politicamente al consigliere regionale Vito Pitaro, rappresentando anche il punto di riferimento del sodalizio nell’ambito politico ed istituzionale, vantando anche rapporti con uomini politici di livello nazionale come il senatore Giuseppe Mangialavori”. E ancora: ”… Difatti il Colloca è strettamente collegato al tessuto politico, istituzionale e massonico vibonese con l’attuale consigliere regionale nonché esponente della massoneria Vito Pitaro, con il senatore Giuseppe Mangialavori, con l’ex deputato Bruno Censore e con apparati massonici e istituzionali importanti…. ”.  Nessuno dei tre (Mangialavori, Pitaro e Censore) è indagato. Purtroppo… 

Detto  che in questa indagine non è mai coinvolta l’amministrazione comunale di Vibo  Valentia, c’è da capire: Mangialavori e Vito Pitaro sono altro rispetto a questa amministrazione e alla vita politica di Vibo? Non sembra proprio, anzi possiamo tranquillamente affermare che sono le colonne portanti del sostegno politico alla giunta Limardo. Da un lato abbiamo Peppe Mangialavori che ormai è il padrone assoluto della politica vibonese, non si muove foglia che lui non voglia e dall’altra Vito Pitaro senza i cui voti del suo gruppo Vibo Futura l’amministrazione comunale sarebbe stata sciolta da tempo. Da giovane rivoluzionario con Rifondazione comunista, poi con i comunisti, socialisti e infine dirigente del Pd. Con la giunta Sammarco di centrosinistra dal 2005 al 2007, è stato consigliere al Comune di Vibo Valentia, nonché assessore alle politiche sociali, della famiglia, del volontariato, dell’associazionismo e sanitarie. Poi grande sostenitore ed elettore di Brunello Censore nelle sue elezioni al consiglio regionale e al parlamento. Nel 2019 passa con il centrodestra e viene eletto consigliere regionale nella lista Santelli.

Nella stessa indagine spunta il nome di Cesare Pasqua, potente ex capo del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Vibo Valentia fino alla pensione, accusato di associazione esterna di tipo mafioso per aver condizionato le gare delle mense ospedaliere in cambio di voti per il figlio Vincenzo nelle elezioni regionali del 2020. Nelle elezioni comunali del 2015 Cesare Pasqua si candidò a sindaco di Vibp prendendo quasi mille voti con il 4,58%. Eletto al consiglio comunale come opposizione il suo gruppo di ingrossa fino ad arrivare a tre consiglieri e ad entrare nella maggioranza del sindaco del tempo Elio Costa. Mentre nel frattempo il figlio Vincenzo lascia alla Regione la maggioranza di Mario Oliverio e passa all’opposizione con Forza Italia.

Sempre nell’indagine Rinascita Scott finì agli arresti domiciliari Alfredo Lo Biancofratello di Orazio Lo Bianco e consigliere comunale del Pd, già consigliere (di maggioranza) nel precedente consiglio  comunale con Elio Costa sindaco.

Alfredo Lo Bianco  è imputato per il reato di scambio elettorale politico-mafioso con il fratello Orazio in occasione delle consultazioni elettorali tenutesi il 31 maggio 2015 quando vinse Elio CostaAlfredo Lo Bianco, candidato a consigliere comunale nel 2019 con il Pd  rinuncia al reintegro nel consiglio  comunale a luglio 2020 essendo indagato nell’ inchiesta Rinascita Scott. In più invita la sindaca Maria Limardo a dimettersi e lancia pesanti accuse contro alcuni consiglieri senza farne  i nomi.

Nell’inchiesta Rinascita Scott ci sono molti nomi che toccano tutte le ultime consiliature.

Partiamo dall’ultima. MARIA LIMARDO VIENE ELETTA SINDACO IL 28 MAGGIO 2019 CON OLTRE 11 MILA VOTI, PARI AL 59,54 %. La sua consiliatura viaggia pari pari con l’operazione Rinascita Scott. Prima ancora della rinuncia e delle accuse di Alfredo Lo Bianco a fine 2019 esplode la vicenda di Giuseppe Muratore.

Muratore viene  eletto consigliere comunale con Forza Italia, in appoggio alla candidata Maria Limardo. Viene successivamente eletto Presidente del Consiglio comunale, da cui si  dimette il 30 dicembre 2019 proprio per via dell’inchiesta “Rinascita Scott”.  «Non me la sento più di andare avanti. Quello che emerge dall’ultima inchiesta – ha dichiarato pubblicamente Muratore – è un quadro allarmante che riguarda anche il nostro Comune». Muratore si  dimette da Presidente del Consiglio comunale e  anche dall’incarico di semplice consigliere comunale.

Il centrodestra elegge al suo posto Rino Putrino sempre di Forza Italia il cui nome spunta nell’indagine Rinascita Scott, non indagato, in una intercettazione di una telefonata del 2014, quindi antecedente, con Mario Lo Riggio, indagato, e considerato dalla Dda uno dei soci occulti insieme al boss Saverio Razionale della società “Italiantrade” che si era aggiudicata in un primo tempo all’asta il 501 Hotel. Operazione non andata in porto  per il mancato versamento della restante quota. A lui si rivolgeva Rino Putrino nel 2014 proprio per ottenere il pagamento per degli eventi da organizzare nella struttura alberghiera.

Le storie di Leoluca Curello e di Giuseppe Cutrullà, non indagati, si intrecciano nel pubblico e nel privato, entrambi eletti in precedenza nelle liste del centrosinistra, passano entrambi nello schieramento di centrodestra a sostegno della Limardo. Leoluca Curello nell’ottobre del 1993 è rimasto coinvolto nell’operazione della Procura di Vibo Valentia denominata “Malebolge”  e successivamente prosciolto. Mentre Giuseppe Cutrullà, compagno della figlia di Leoluca Curello, è stato intercettato  in una telefonata nel 2014 con Benito La Bella, imputato nell’operazione “Rimpiazzo” con l’accusa di associazione mafiosa (clan dei Piscopisani). In piu’ ha fatto parte come  “collaboratore esperto” – della Struttura speciale che assisteva Vito Pitaro ai tempi della sua consiliatura regionale.

L’assessore all’ambiente Vincenzo Bruni (non indagato) è cognato di Paolo Lopreiato di Sant’Onofrio, detto “Bambolo”, indagato nell’inchiesta “Rinascita Scott” per associazione mafiosa. Vincenzo Bruni è figlio dell’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia Gaetano Ottavio Bruni (non indagato), allora con il centrosinistra, su cui Andrea Mantella, collaboratore di giustizia, ha affermato di averlo personalmente incontrato. “Quanto agli amministratori pubblici coinvolti negli illeciti relativi alla realizzazione della Tangenziale Est – ha dichiarato Mantella – posso riferire di essere andato personalmente a parlarne con Bruni Ottavio, ossia il presidente della Provincia di Vibo Valentia, anche se non ricordo se a quel tempo già rivestisse questo incarico”. 

 La vicenda di Domenico Console attraversa sia la consiliatura Limardo che quella del sindaco precedente Elio Costa (2015/2019) eletto sempre per il centrodestra con 10 mila voti, pari al 50,80%.  

Domenico Console (non indagato) nell’attuale consiglio comunale è capogruppo della lista “Con Vibo per Vibo”. Finisce nell’operazione Rinascita Scott pur non essendo indagato. A partire dal mese di dicembre dell’anno 2016 fino al mese di agosto 2017 – scrive  la Dda – sono state intercettate delle conversazioni telefoniche tra Antonio Vacatello, capo della ndrina di Vibo Marina, e Domenico Consoleassessore al Comune di Vibo Valentia con delega al Commercio, Attività produttive e Sport, dal 24.06.2015 fino al 28.07.2017. Dalle conversazioni si è appreso come Antonio Vacatello mantiene i contatti con Console in merito a vari festeggiamenti, sagre, sfilate del carnevale che si sono tenuti a Vibo e a Vibo Marina. 

Anche in questa consiliatura è  presente Pietro Comito (non indagato). Capogruppo della lista “Concretezza”. Sul suo conto Raffaele Moscato, il collaboratore di giustizia, ha dichiarato: I politici vicini ai Piscopisani sono Comito, credo si chiami Pietro che non conosco, e soprattutto Pietro Giamborino che io conosco ed è di Piscopio”.

Andando a ritroso arriviamo alla consiliatura di Nicola D’Agostino, sempre  sindaco di centrodestra, eletto nel 2010 con il 59% al ballottaggio sconfiggendo Michele Soriano del centro sinistra che al primo turno aveva fallito l’elezione per poco.

Sempre nell’indagine Rinascita Scott, Giovanni Giamborino, dipendente comunale,  imputato di associazione mafiosa, in una conversazione con il boss Saverio Razionale, “racconta di essere riuscito – sottolineano i magistrati della Dda di Catanzaro – grazie all’intervento dell’allora  senatore Bevilacqua Francesco (non indagato), aveva alla fine convinto l’allora sindaco di Vibo Valentia Nicola D’Agostino (non indagato), di ottenere una concessione edilizia di 450 metri a fronte di quella del vecchio progetto che era pari a 230 metri”. In un altro dialogo tra Giovanni Giamborino  e il cugino Pietro Giamborino, attualmente anche lui imputato al processo Rinascita Scott, spiegava che il “merito dell’aver ottenuto la concessione edilizia era stato di Franco Bevilacqua (non indagato) e Nicola D’Agostino (non indagato) sottolineando che il primo aveva insistito nel presentarlo all’assessore del tempo Nico Donato (non indagato)”.

È bene sottolineare che l’ex senatore Bevilacqua, l’ex sindaco D’Agostino, l’ex sindaco Elio Costa, l’ex assessore Donato e la sindaca attuale Maria Limardo non sono mai stati indagati. E con tutto il rispetto, francamente non si capisce perché…

Sempre nell’indagine Rinascita Scott, la Dda sottolinea come “dalle operazioni di intercettazione e servizi sul campo emergeva che sin dal mese di settembre del 2014  Gianfranco Ferrante, imputato di associazione mafiosa, si stava adoperando per il procacciamento di voti necessari per la rielezione di Salvatore Bulzomì, a consigliere regionale. Salvatore Bulzomì è stato consigliere comunale e poi assessore e vice sindaco  dal 2010 al 2012, quando divenne consigliere regionale per le dimissioni di Francescantonio Stillitani, imputato in vari processi.

Nella sua deposizione al Processo Rinascita Scott, maggio 2021, Andrea Mantella ha dichiarato: “Era Salvatore Bulzomì, con Vito Pitaro e De Filippis fra i politici che si mettevano a disposizione delle famiglie di ‘ndrangheta del Vibonese in quanto funzionali alla ‘ndrangheta”. Salvatore Bulzomì, nel novembre 2014 è stato candidato alle regionali nelle liste di Forza Italia (non eletto) e successivamente sconfitto anche a sindaco di Sant’Onofrio, non è stato mai  indagato, nel  processo per l’acquisto di esami all’Università è stato prescritto.

Pietro Giamborino

Un capitolo a parte merita Pietro Giamborino, uno dei pochi potenti finito in carcere e sotto processo. Nell’interrogatorio svolto nell’udienza di Maggio 2022 nel troncone di Cosenza, il pentito Bartolomeo Arena  dichiara:

Lo sapevano tutti che Giamborino era un uomo d’onore e lo rispettavano come tale. La ‘ndrangheta vibonese gli aveva portato i voti». Sempre  il collaboratore: «Tutte le ‘ndrine di Vibo l’avevano votato e fatto votare, un appoggio elettorale”. Mentre l’altro pentito Raffaele Mantella ha dichiarato: “Rosario Battaglia, esponente di ndrangheta, mi parlò degli appalti e disse che Giamborino si metteva a disposizione. A Piscopio non prendi voti così, non si parla di una votazione spontanea ma di una imposizioneBattaglia  mi diceva che era a disposizione, ne parlava come un malandrino, non come una vittima”.

Pietro Giamborino depone nel processo a gennaio 2023 e dichiara di volersi difendere nel processo e non dal processo. Quindi Giamborino li definisce “i prezzolati dello Stato” Raffaele Moscato, Andrea Mantella e Bartolomeo Arena che lo hanno chiamato in causa nel processo Rinascita Scott. L’imputato afferma di non averli mai conosciuti.

La parte originale del suo interrogatorio è quando afferma che nel 2015 decide di prendere parte alle primarie del Pd per la scelta del candidato del centrosinistra alle elezioni amministrative. Lui perde le primarie  e ricorda che in quell’occasione aveva “denunciato un contesto di promiscuità, utilizzando il termine “Gomorra”, denunciando la presenza di forze che si erano schierate contro di me”. E continua sempre nell’interrogatorio: “Dopo quelle affermazioni venni però convocato in Prefettura dove mi si posero una serie di domande. In primis se fossi a conoscenza che erano stati sparati i fuochi artificiali per la mia sconfitta, io risposi che mi era stato riferito ma di non saperne l’autore”. L’altra domanda era se fosse presente quando l’avvocato Vito Pitaro disse “nci tagghiammu a testa” alla quale replicai che non ero lì ma che comunque c’erano centinaia di persone che lo potevano confermare. La presi come una frase volgare ma nulla più”, ha asserito, specificando che “la criminalità organizzata non mi ha mai votato e in quella occasione si schierò apertamente contro di me”.

Questi sono soltanto una parte dei fatti che interessano il mondo politico vibonese. Scriveremo del pianeta sanità e degli intrecci con la politica in un prossimo articolo. Sono tutti fatti già conosciuti di cui si è parlato nel corso di questi anni. Noi abbiamo voluto mettere insieme tutto quello che riguarda politici e amministratori della città di Vibo Valentia per capire l’emergenza democratica che vive la realtà di Vibo Valentia e provincia.

Esaminando i singoli fatti non si coglie il quadro d’insieme. Un trasformismo dilagante con passaggi da un partito all’altro, da uno schieramento all’altro, la spregiudicatezza politica per accaparrarsi qualche centinaio di voti, la sfrontatezza dei singoli nell’allacciare rapporti con personaggi discutibili. Una precarietà democratica spaventosa, un abisso che si allarga sempre più tra una classe politica autoreferenziale, un sottobosco politico/malavitoso, e la stragrande maggioranza della popolazione abbandonata a se stessa.

L’elenco è impressionante eripetiamo le domande che nascono spontanee: COME MAI NON SI E’ RIUSCITI AD ANDARE  FINO IN FONDO NEL PERSEGUIRE LE RESPONSABILITA’ PENALI ? COME MAI IL COMUNE DI VIBO VALENTIA NON E’ STATO MAI SCIOLTO ?

Se nel primo caso ci si risponderà che servono fatti documentati di reati penali specifici, nel secondo caso come abbiamo scritto all’inizio potevano essere  sufficienti parentele e rapporti diretti e indiretti  tra eletti e mafiosi. E di questi casi ci sembra che ci sia grande riprova negli avvenimenti esposti.

ED ECCOCI ALLA DOMANDA AL PREFETTO DI VIBO VALENTIA

Nell’ultima indagine Maestrale- Carthago c’è una intercettazione di una conversazione tra Cesare Pasqua e Colloca. Durante la conversazione l’ex dirigente Asp sonda il terreno per capire quanto Colloca possa influenzare i voti (“Che forza hai?”) ricevendo per risposta il numero di 1.500 e per rendere più convincente il dato l’imprenditore aggiunge: “…l’anno scorso… negli ultimi 10 anni il sindaco l’ho preso io per mano e quello che ho portato io è diventato sindaco… Peppe Mangialavori (non indagato, ndr)… e gli potete pure domandare quando si è candidato la prima volta alla Regione… è venuto a trovarmi… me l’hanno presentato che io non sapevo nemmeno come si chiamava…).  In un’altra intercettazione un giovane ndranghetista  di  Vibo viene intercettato mentre afferma alla sua ragazza. “Duecento voti e si sale..”. Siamo a fine 2014 e doveva presentarsi lui alle elezioni comunali. Poi, però, fu scelto un altro che, all’esito dello scrutinio, risultò eletto.

Tante  altre simili conversazioni abbiamo ascoltato nelle varie indagini.

Le domande che vogliamo porre al reggente della Dda Capomolla, al prefetto e al Ministro degli Interni sono le seguenti: ma a Vibo il voto amministrativo sarà libero? Ci sono le condizioni per un confronto democratico e non condizionato dalle ‘ndrine vibonesi della massomafia? Quali iniziative si intendono mettere in atto per evitare condizionamenti mafiosi?

Siamo pressoché certi che nessuno risponderà… Ancora una volta.