Romano De Grazia, magistrato a riposo, già Presidente Emerito della Corte di Cassazione, è un uomo coraggioso, che ha fatto le sue battaglie per la legalità e continua ancora a farle, come per esempio per la celeberrima legge Lazzati.
La legge Lazzati, passata dopo un travaglio di 17 anni, prevede da uno a sei anni di carcere sia per il sorvegliato speciale che faccia propaganda elettorale, sia per il candidato che la solleciti. Il quale, se eletto, dovrà rinunciare.
Oggi Romano De Grazia commenta in maniera impeccabile e perfetta un fatto di cronaca al quale è stato dato un buon risalto mediatico.
“Pulice Gennaro, pregiudicato e divenuto collaboratore di giustizia – scrive De Grazia -, ha fatto sapere che il senatore PIERO AIELLO ERA APPOGGIATO DA TUTTE LE COSCHE DEL LAMETINO.
Anche il Fatto di Travaglio ha riportato la notizia.
Una nostra annotazione è doverosa: se fosse stata in vigore la Legge Lazzati l’appoggio elettorale non si sarebbe verificato, avendo detta Legge introdotto il divieto di propaganda ai mafiosi, sottoposti a misura di sorveglianza speciale e a prescindere degli eventuali impegni dei politici verso i mafiosi e verso i rispettivi clan di appartenenza (elementi fattuali tutti da dimostrare ad opera dei pm).
Per questo la nostra legge fa paura ai politici di pochi scrupoli e all epoca (24 febbraio 2010) l’onorevole Enrico Costa, oggi ministro del governo Renzi e dell’area NCD si premurò di aggiungere al testo originario un emendamento che trasformò il divieto di propaganda in divieto ai boss e affiliati di affiggere manifesti o di distribuire santini.
Data la impossibilità al divieto e alla legge di funzionare, alle politiche del 2013 i grillini si offrirono di presentare il testo originario della legge con eliminazione della suddetta anomalia e altre ancora. Poi intervennero don Ciotti e il sen. Morra, com è noto. Anche Gratteri contribuì a fare la sua parte.
Il risultato è che la Legge Lazzati è rimasta con le sue anomalie e quindi inapplicabile; quella presentata dai grillini e da alcuni deputati PD giace in posizione di stallo presso la Prima Commissione Affari Costituzionali al Senato. Con nessuna intenzione da parte dei parlamentari di sbloccarla e solo impegnati ad esibirsi in palchi allestiti in discussioni sulla legalità che non fanno danno ai mafiosi. Prendono in giro solo i grulli che stanno ad ascoltare.
Noi ancora aspettiamo che la Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro faccia il nome del deputato PD che andò a pranzo con Franco Muto, re del pesce.
Tutti al raduno del Centro Studi Legislativo Lazzati del 24 settembre prossimo a Falerna Marina, vi aspetto, evviva la Legge Lazzati”.
Benissimo, da applausi. Tutto giusto e perfetto. C’è persino il riferimento sacrosanto al deputato del PD Magorno (manca il nome ma lo sanno tutti) coperto dalle fughe di notizie della DDA di Catanzaro.
Il problema di Romano De Grazia, senza offesa per carità, è che mentre denuncia queste malefatte, accetta un incarico di consulenza (seppure gratuito) dal sindaco di Cosenza, che non solo non è estraneo a queste logiche ma ne è uno dei rappresentanti più squallidi. Per come denunciamo ormai da un anno e per com’è negli atti dei verbali a disposizione della DDA di Catanzaro.
Questo atteggiamento, nei bei tempi andati, si chiamava “politica dei due forni” e non era per niente una bella pratica.
Ci auguriamo, dunque, che De Grazia lasci perdere questo incarico perché potrebbe essere coinvolto in non meglio specificate manovre del sindaco di Cosenza, che a quanto pare adesso vorrebbe addirittura propinarci degli uffici sulla legalità. Che confezionati da lui diventerebbero una barzelletta. Anche per il magistrato a riposo De Grazia.