Why Not, scontro tra procure: l’ultimo atto. Il piano di Mancino e dei magistrati corrotti: protagonisti e retroscena

Negli atti di «Why Not», i cui faldoni sono stati oggetto di varie peripezie, prima sequestrati dalla procura di Salerno e in seguito risequestrati dalla procura di Catanzaro, si ipotizza ci siano le prove della riorganizzazione di una “nuova loggia P2” partendo proprio dalle logge calabresi. E lo scontro tra procure altro non è che un vero e proprio complotto tra massomafiosi per evitare che De Magistris e i suoi colleghi onesti di Salerno potessero scoperchiare un pentolone che comunque prima o poi sarà scoperchiato. Perché la verità prima o poi viene sempre a galla. Quello che segue è l’ultimo atto del “piano” della massomafia orchestrato dagli scagnozzi dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non è citato ma è il grande “burattinaio” insieme al suo fedele servitore Nicola Mancino di questo accordo inconfessabile. 

Nell’estate del 2010 il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta insieme a Giancarlo Pittelli, Alfonso Papa e numerosi altri parlamentari, hanno presentato una proposta per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sullo scontro tra procure di Salerno e Catanzaro avvenuto nel dicembre 2008.

Tale iniziativa, che vedeva quale secondo firmatario il Pittelli dopo il Laboccetta, integra chiaramente un grave abuso delle funzioni parlamentari perpetrato in presenza di un interesse personale alla conoscenza “di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria e altri organismi inquirenti… anche se coperti da segreto…”. Il Laboccetta, componente della commissione parlamentare antimafia, e co-fondatore, insieme al Pittelli della FONDAZIONE POLO SUD (tra i cui aderenti compare anche il nominativo di MASTELLA), è stato autore dell’interpellanza dell’11 dicembre 2008 con cui, in difesa dei magistrati catanzaresi, chiedeva al sottosegretario del Ministero della Giustizia Giacomo Caliendo di intervenire per espellere dall’ordine giudiziario Luigi De Magistris e di adottare misure cautelari urgenti contro i magistrati salernitani, rivolgendo in particolare ad uno di questi una serie di inaudite volgarità e falsità.

Tra i firmatari della proposta di istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta compaiono anche i nominativi del deputato dell’Udc RENZO LUSETTI, coinvolto nell’inchiesta P3 e del deputato del Pdl RENATO FARINA, indagato dalla Procura di Salerno in concorso con altri nel procedimento relativo a una serie di gravi diffamazioni in danno di De Magistris ad opera dei quotidiani IL GIORNALE, LIBERO, CALABRIA ORA, GAZZETTA DEL SUD e PANORAMA.

NOMINATIVI EMERSI NELL’INCHIESTA SULLA LOGGIA P3

Alcuni dei nominativi di coloro che hanno concorso a delineare nei confronti dei magistrati salenritani il trasferimento dalle funzioni inquirenti e dalla sede di Salerno, anche a seguito dell’interpellanza parlamentare dell’11 dicembre 2008, sono emersi nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Roma, denominata P3 e indicati dalla stampa come frequentatori o punti di riferimento dei presunti appartenenti all’associazione segreta. Tra questi:

  • GIACOMO CALIENDO, sottosegretario al Ministero della Giustizia, che in Parlamento rispondendo all’interpellanza urgente di Amedeo Laboccetta, preannunciava le iniziative legislative e disciplinari nei confronti dei pm salernitanti, di poi effettivamente intrapresa:
  • ARCIBALDO MILLER, capo dell’Ispettorato del Ministero della Giustizia, il cui nominativo emergeva sia nelle indagini di De Magistris sia in quelle che la Procura di Salerno stava conducendo nei confronti dei magistrati calabresi. Miller si è occupato delle ispezioni da cui sono scaturite le richieste del ministro Angelino Alfano al Procuratore Generale della Corte di Cassazione VITALIANO ESPOSITO e alla Sezione Disciplinare del CSM presieduta da NICOLA MANCINO, rispettivamente di promovimento dell’azione disciplinare e di trasferimento cautelare d’urgenza, quest’ultima accolta nel giro di appena dieci giorni. Le relazioni dell’Ispettorato non risultano essere mai state comunicate ai magistrati;
  • NICOLA MANCINO, vicepresidente del CSM, il cui nominativo emergeva sia nelle indagini di De Magistris sia in quelle che la Procura di Salerno stava conducendo nei confronti dei magistrati calabresi… Mancino ha presieduto la Sezione Disciplinare nelle fasi cautelari e di merito del processo disciplinare a carico dei pm di Salerno, omettendo di astenersi e manifestando il suo pensiero prima del giudizio;
  • VINCENZO CARBONE, Primo Presidente della Corte di Cassazione, che ha rivestito tale incarico nel periodo in cui le Sezioni Unite Civili hanno confermato le decisioni cautelari disciplinari. CARBONE, ESPOSITO e MANCINO facevano parte del Comitato di Presidenza del CSM al quale il Procuratore Generale di Catanzaro Enzo Iannelli inviava i suoi esposti contro i magistrati della Procura di Salerno per le richieste di acquisizione di copia degli atti del fascicolo Why Not;
  • UGO BERGAMO, esponente dell’Udc e presidente della I commissione del CSM, che, senza alcun fondamento, avviò la pratica di trasferimento per incompatibilità ambientale nei confronti dei magistrati della Procura di Salerno pochi giorni dopo il sequestro del fascicolo Why Not… Della commissione, all’epoca dei fatti, faceva parte anche la componente laica CELESTINA TINELLI, indicata dalla stampa quale punto di riferimento del faccendiere PASQUALE LOMBARDI.

Il nome di PASQUALE LOMBARDI, indagato dalla Procura di Roma per la sua presunta appartenenza all’associazione segreta P3, affiorava già nel 2006 nell’ambito di una complessa inchiesta della Procura di Salerno, relativa all’illecito insediamento di centrali termoelettriche a Salerno e in altre località del territorio campano e nazionale.

L’attività di intercettazione telefonica disposta in tale inchiesta evidenziava il ruolo di “mediatore” del Lombardi presso giudici ed altre autorità istituzionali per conto di un gruppo di imprenditori napoletani operanti nei settori dell’energia, rifiuti, ambiente, diritti cinematografici ed altro e la cui illecita attività era “attenzionata” da varie autorità giudiziarie.

Il gruppo aveva intessuto rapporti con molti esponenti politici locali, tra cui l’esponente di Forza Italia NICOLA COSENTINO e RENATO LUSETTI (all’epoca del Pd, oggi passato all’Udc e co-firmatario della proposta di istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sullo scontro tra le Procure di Salerno e Catanzaro. Oltre al Lusetti, tra gli indagati dell’inchiesta vi era l’allora parlamentare del Pd e poi sindaco di Salerno VINCENZO DE LUCA, difeso dall’avvocato PAOLO CARBONE, suocero di RENZO LUSETTI e partente dell’ex presidente della Cassazione VINCENZO CARBONE. Dalle intercettazioni emergeva che anche l’avvocato PAOLO CARBONE si attivava in favore del gruppo.

Durante le indagini, il Lombardi, qualificandosi come “Giudice”, tentò di avvicinare uno dei pm di Salerno, con il pretesto di un invito ad un convegno sull’ambiente organizzato dal Centro Studi Giuridici da lui diretto, che avrebbe offerto ai magistrati partecipanti ospitalità e intrattenimenti di vario genere. Il Lombardi non immaginava che era intercettato e che il pm in questione stava scoprendo i suoi legami con gli indagati e di costoro con il Lusetti e l’avvocato Carbone. Ovviamente, l’invito al convegno fu rifiutato e in seguito si venne a sapere che all’evento avevano partecipato – oltre a molti magistrati – alcuni degli indagati dell’inchiesta sulle centrali e il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone.

Prima del trasferimento da Salerno, l’inchiesta era in via di definizione, in attesa di imminenti esiti di rogatorie internazionali promosse dalla Procura di Salerno che avevano consentito di individuare le occulte risorse patrimoniali e finanziarie dell’organizzazione.