Cosenza, gli anni più neri per l’Avvocatura penale: infangata la memoria di Fausto e Luigi Gullo

Lo scrivevamo già all’indomani dell’esito dell’incidente probatorio a Salerno per le “mazzette” degli avvocati Marcello Manna e Luigi Gullo consegnate al giudice Petrini per far assolvere il boss Patitucci condannato a 30 anni in primo grado per omicidio volontario. Siamo ai giorni più neri per l’Avvocatura penale cosentina.

Le notizie che arrivavano dalla procura di Salerno, peraltro ampiamente anticipate da “puntuali” fughe di notizie, che certificavano senza pietà la squallida vicenda di un processo “aggiustato” a suon di euro da due esponenti di spicco del foro di Cosenza, erano e sono come macigni per tutta una categoria. Per Manna prima è stata disposta la gravissima misura dell’interdizione per un anno dalla professione forense, che è il “marchio” perfetto per un delinquente della sua portata. E successivamente è arrivata anche la condanna in primo grado a 2 anni e 8 mesi, che di fatto lo ha estromesso dalla carica di sindaco di Rende.

Luigi Gullo invece se l’è cavata a buon mercato ma non per questo è meno responsabile del suo compare e proprio in queste ore viene accusato pesantemente dal pentito Roberto Porcaro, che già nei suoi primi verbali dichiara di aver consegnato proprio a lui i 30 mila euro che servivano per “aggiustare” il processo di Patitucci (Porcaro inchioda Manna e Gullo).

Luigi Gullo è il nipote e porta addirittura lo stesso nome di colui che universalmente viene ritenuto ancora oggi come il punto di riferimento più significativo per l’Avvocatura penale cosentina.

Marcello Manna è stato un allievo di Luigi Gullo senior e ha rappresentato e rappresenta la punta dell’iceberg del degrado morale del gotha dell’attuale classe forense dall’inizio degli anni Ottanta e dall’omicidio di Silvio Sesti per passare alla delegittimazione del processo Garden fino alla corruzione mafiosa di oggi per far assolvere uno dei peggiori boss della malavita cosentina. Il punto più basso di una storia gloriosa, adesso indecentemente infangata da un gruppo, da un grumo di potere deviato che dev’essere assolutamente debellato.

La fortissima lobby degli avvocati cosentini (parliamo degli studi legali che vanno per la maggiore, quelli che macinano soldi, non certo dei giovani o di quelli che non sono mai entrati nei “circuiti di potere”) affonda le sue radici praticamente nella notte dei tempi quando il foro di Cosenza era davvero una culla di civiltà e sapere. Ma nei bei tempi andati c’erano avvocati di enorme spessore, non certo quelli che ci sono adesso.

“… Col Risorgimento e l’Unità d’Italia – scrive lo storico Luca Addante – la classe borghese celebrerà il suo trionfo e vale la pena evidenziare il protagonismo secolare, nel ceto borghese cittadino, dei cultori del diritto. Analizzando la rappresentanza municipale cittadina dall’unità al fascismo, contiamo una percentuale di avvocati superiore al 50% tra i sindaci: si pensi ad Alfonso Salfi o Francesco Martire ma anche a un giurista del calibro di Bernardino Alimena…”.

Bernardino Alimena

Il ceto forense legittimerà la sua rappresentatività anche sul piano parlamentare con Francesco Martire prima e con il leader radicale Luigi Fera successivamente. Ma erano avvocati di spessore anche Pietro Mancini e lo stesso Fausto Gullo. A metà degli anni Settanta, per come scrive Arcangelo Badolati nel suo “Mamma ‘Ndrangheta” i maggiori avvocati che operavano nel foro di Cosenza erano

“…il grande Luigi Gullo, Silvio Sesti, Orlando Mazzotta, Ernesto d’Ippolito, Carlo Vaccaro. Cominciano brillanti carriere pure Sergio Calabrese, Ninì Feraco, Riccardo Adamo, Giuseppe Mazzotta, Enzo Aprile, Tommaso Sorrentino, Massimo Picciotto e Franco Sammarco… “.

Il grande Luigi Gullo, nato a Cosenza nel 1917, è proprio il figlio di Fausto, deputato e dirigente del PCI meglio noto come il Ministro dei contadini, modello di cultura e di onestà, del quale ha portato avanti l’esempio. In estrema sintesi, giusto per una migliore comprensione dei fatti, riprendiamo il profilo di Luigi Gullo per come lo tratteggiò pochi anni fa in occasione del centenario della sua nascita, la Camera penale di Cosenza non a caso intitolata proprio a Fausto Gullo. 

Per le esperienze cui ha dato luogo, gli insegnamenti utilizzabili dall’Avvocatura cosentina e calabrese, per gli oggettivi insegnamenti fin quì lucrati, Luigi Gullo rimane il punto di riferimento più significativo per l’Avvocatura penale.
Una prima considerazione, di indiscutibile verità, attiene ad una particolare concomitanza.
Se è impossibile rinvenire uomo di cultura, Avvocato (uomo politico, da Consigliere Comunale, Provinciale, Senatore, giornalista, docente, scrittore) impegnato su così diversi fronti, è del pari difficile trovare soggetto cui i numerosi impegni abbiano potuto distrarre, meno di Lui.
E sì che, quale giornalista, Fondatore e Direttore di “Chiarezza”, cercò ed ottenne contributi e collaborazioni da Concetto Marchesi a Jean Paul Sartre, Arturo Labriola, Francesco Valentini, Tommaso Fiore, Renato Guttuso, per i cui apporti il mensile divenne tra i più autorevoli d’Europa.
Dunque, insieme, a latere a significative presenze, come libero Docente di diritto penale presso l’Università La Sapienza di Roma, Senato della Repubblica, Presidente dell’Accademia Cosentina, Avvocato ed Avvocato di altissimo valore, teorico ed interprete della “prova penale”, con una introspezione dell’indizio nel processo penale, esaminato e valutato attraverso i limiti culturali ed etici, propri della materia.

Sì, non c’è dubbio che siamo davanti ai giorni più neri per l’Avvocatura penale cosentina. L’erede diretto di Fausto e Luigi Gullo è stato beccato insieme al suo “capo” mentre versava mazzette per tirare fuori dalla galera un pezzo di malacarne come Francesco Patitucci, condannato a 30 anni in primo grado per l’omicidio di Luca Bruni e magicamente assolto dal giudice Marco Petrini della Corte d’Appello di Catanzaro. Un’operazione di uno squallore infinito, che infanga senza dignità la memoria di Fausto e Luigi Gullo.

La pubblica accusa ha sostenuto – sulla base delle stesse ammissioni fatte dal giudice Petrini che è stato assistito dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro – che il 30 maggio 2019 negli uffici della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro, l’avvocato Manna consegnò personalmente al magistrato una busta contenente 2500 euro quale “acconto” relativo alla manipolazione del processo a Patitucci.

Nell’ottobre successivo, Petrini avrebbe invece ricevuto dall’avvocato Gullo nella cancelleria della Corte di assise di Catanzaro un’altra busta con all’interno 5000 euro, come seconda rata della prevista tangente. Infine, il 4 dicembre del 2019, dopo la sentenza assolutoria pronunciata nei confronti di Francesco Patitucci, sempre Gullo d’intesa con il collega Manna avrebbe consegnato altri 5000 euro in contanti – sempre nei locali della cancelleria catanzarese – al magistrato corrotto.

Che Petrini parli di un patto corruttivo con Manna per liberare Patitucci si evince anche da un altro passaggio delle dichiarazioni rese dal giudice, da cui emerge che anche un altro componente del collegio difensivo di Patitucci, l’avvocato Luigi Gullo, sarebbe stato al corrente dell’accordo. A Gullo, Petrini avrebbe chiesto il versamento di una somma di denaro anche per il giudice a latere Fabrizio Cosentino, il quale, riferisce Petrini in un primo tempo, era consapevole dell’accordo corruttivo per mandare assolto Patitucci. Circostanza che sarà poi ritrattata ma solo in ordine al coinvolgimento di Cosentino e non certo per Gullo e Manna. Dunque, sono due gli avvocati di Patitucci che trattano con Petrini e sono Marcello Manna e Luigi Gullo.

Il nipote del grande Luigi Gullo ha “festeggiato” da poco i suoi 50 anni, è nato a Roma ma vive e opera a Cosenza (difende anche il boss Franco Muto). Pensate un po’: discendente da questa onorabile e indimenticabile famiglia e invischiato in una vicenda nella quale si infanga il buon nome e la reputazione di due “giganti” di Cosenza e della professione forense. Una deriva indecorosa. Era stato proprio Luigi Gullo senior a tenere a battesimo il giovane Manna all’inizio della sua carriera: non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così, o forse aveva capito anche lui che razza di soggetto aveva allevato.

Ma Luigi Gullo non è certo nuovo a vicende imbarazzanti. Nell’ambito delle indagini sul carrozzone di Calabria Etica, quelli di Robin Hood, che rubavano ai poveri per dare ai ricchi, la Finanza di Vibo ha sequestrato all’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno 237mila euro. Esattamente la cifra che ha elargito ai suoi collaboratori di un sedicente Comitato di Gestione.

Per Salerno – oltre all’arresto – era già stato disposto un sequestro di beni per 200 mila euro. Il nuovo illecito contestato a Salerno riguarda la nomina di un “Comitato di gestione” per l’istruttoria delle domande degli aspiranti al beneficio del “Credito Sociale”, che avrebbero potuto essere gestite, senza costi aggiuntivi, secondo l’accusa, dallo stesso personale della Regione.
Nel Comitato erano stati nominati e contrattualizzati a suo tempo cinque professionisti che hanno percepito un compenso pari al nuovo sequestro di beni a carico di Salerno. E tra questi c’era anche Luigi Gullo, discendente diretto di una dinastia che ha sempre lottato per gli ultimi e le classi più deboli.

Tornando invece all’indagine sulle mazzette a Petrini, le indagini stanno facendo piena luce sui pagamenti nell’ufficio del giudice corrotto. Petrini chiarisce di essere stato “retribuito successivamente alla adozione della decisione. La somma di denaro mi venne consegnata qualche giorno prima della dazione che si riferiva al processo Patitucci. Preciso, circa una ventina di giorni prima”, dice il giudice, confermando quindi di aver ricevuto un compenso per assolvere il boss della ‘ndrangheta cosentina.

Finora c’era ancora qualche incertezza su chi avesse materialmente consegnato i soldi a Petrini ma oggi sappiamo che sia Marcello Manna sia Luigi Gullo l’hanno fatto.

“Il pentito Porcaro – si legge nei verbali – sostiene di avere consegnato egli stesso trentamila euro per corrompere il giudice Marco Petrini che doveva giudicare Francesco Patitucci per l’omicidio di Luca Bruni. Il pentito indica luoghi e circostanze tirando in ballo l’avvocato Marcello Manna e l’avvocato Luigi Gullo, al quale avrebbe consegnato il denaro.

“Io stesso ho consegnato la somma di 30.000 euro a casa di Rosanna Garofalo (moglie di Patitucci n.d.r.) nelle mani dell’avvocato Luigi Gullo. Successivamente – afferma Porcaro – sono stato presso lo studio dell’avvocato Manna, il quale mi ha portato in una stanza a parte e allorché io stavo per accennare alla vicenda della consegna del denaro all’avvocato Gullo, lo stesso Manna mi ha detto che sapeva già tutto, invitandomi a parlare di altro e dicendo la frase: “Che con il dottore Petrini ci abbiamo fatto una fortuna”. Già in precedenza l’avvocato Gullo mi aveva detto che l’avvocato Manna era al corrente di tutto”.

E sono i giorni più neri per l’Avvocatura penale cosentina ed è fin troppo facile prevedere che non sia finita qui.