Il gran casino dell’Arpacal: le “avventure” del commissario Gatto e il fascicolo aperto a Salerno

L’ambiente in Calabria è un affare per la politica e la criminalità organizzata e, tanto per non farci mancare nulla, si realizza con la complicità di un gruppo di magistrati in combutta con alcuni esponenti dei servizi segreti mascherati da ufficiali della Guardia di Finanza.

In questi giorni abbiamo ripreso un’inchiesta molto particolare già condotta qualche anno fa perché, come purtroppo ci capita spesso di “scoprire”, tra gli imputati principali di questa ennesima vergogna tutta calabrese, sulla quale la procura di Salerno ha aperto un fascicolo, troviamo la procura di Catanzaro. E si tratta di uno di quei casi che a gennaio del 2019 (in fondo solo quattro anni e mezzo fa…) Il Fatto Quotidiano indicò come emblematico della corruzione della magistratura in Calabria. 

Sì, perché attraverso una serie di lungaggini dovute principalmente ad errori di notifiche ovvero ad azioni similari, un gruppo ben preciso di magistrati ha fatto in modo di portare a prescrizione le inchieste sull’Arpacal (l’agenzia regionale di protezione dell’ambiente), allungando i termini e facendo presagire che per i reati non ancora prescritti si arriverà alla stessa conclusione.

Oggi ci occupiamo della “storica” commissaria dell’Arpacal, Maria Francesca Gatto, che solo poco tempo fa è stata “destinata” – finalmente! – ad altro incarico.

Chi è l’avvocato Maria Francesca Gatto, classe 1962, tanto desiderata da Mario Oliverio alias Palla Palla al punto di portarsela (com’è già avvenuto per i vari Iacucci e Pignanelli) dalla Provincia di Cosenza alla Regione?

Certo, deve avere qualche caratteristica “speciale” se è vero, com’è vero, che le è stato attribuito un incarico di Dirigente di U.O.T. (Unita Operativa Temporanea) in materia di Turismo e Beni Culturali della Regione, incarico al quale nel mese di dicembre 2015 (dopo le dimissioni della dottoressa Santagati) si andava a sommare quello di commissario straordinario dell’Arpacal.

Per quanto se ne sa, l’avvocato Gatto fa parte di una famiglia importante: è la figlia di Salvatore Gatto, noto costruttore di Siderno ma soprattutto è la sorella di Tonino, re dei supermercati Despar e uomo notoriamente con le mani in pasta per non citare le inchieste nelle quali è stato coinvolto.

Ma se proprio non dovesse bastare, l’avvocato Gatto prestava servizio anche all’ufficio intercettazioni di Palmi dove potrebbe aver conosciuto qualcuno che le avrebbe chiesto di non calcare la mano nei confronti di chi l’ha preceduta all’Arpacal. Ma di questo ci occuperemo più avanti. Ora concentriamo la nostra attenzione sulla gestione di Maria Francesca Gatto, che non è stata certo un modello da seguire.

Nel voluminoso fascicolo sul quale la Procura di Salerno stava lavorando (non sappiamo che fine abbia fatto, magari si sarà “insabbiato” in qualche cassetto magico) troviamo una serie di reati che, questa volta, non incorrono neanche nel rischio di imminente prescrizione, vista e considerata la reiterazione del reato stesso da parte degli attuali attori.

1- L’avvocato Gatto non possedeva i titoli per poter ricoprire l’incarico di commissario straordinario Arpacal e nonostante nel decreto di nomina detta verifica venisse demandata, in modo specifico al Dipartimento Ambiente, la stessa non veniva effettuata anche  se obbligatoria.

“L’incarico di direttore generale e quello di commissario sono uguali, quindi, per poter svolgere le funzioni, sia che si tratti di commissario sia che si tratti di direttore generale, si devono comunque  possedere i requisiti richiesti per coprire l’incarico di quest’ultimo”.

Questo è quanto affermato dall’ANAC, l’Autorità Nazionale AntiCorruzione presieduta da Raffaele Cantone a conclusione della richiesta presentata dall’ex direttore scientifico Ielacqua, che ovviamente ha contestato la nomina.

Raffaele Cantone
Raffaele Cantone

Ma alla Regione Calabria, come di consueto, hanno fatto finta di niente e negavano anche l’evidenza affermando addirittura che “l’Anac aveva dichiarato legittimo l’incarico conferito alla Gatto”… A questo punto e per non essere coinvolta nel reato, la responsabile dell’Anticorruzione regionale avrebbe fatto bene ad intervenire ed a prendere le distanze. Ma non è successo. Magari era pagata anche per prendersi gli avvisi di garanzia e quindi non è intervenuta.

E c’erano ulteriori sviluppi che vanno attenzionati, in particolare il rispetto della legge 502/92, che prescrive l’esclusività del rapporto di lavoro, cosa che vale sia per il direttore generale che anche per il commissario. Purtroppo, però, in Calabria la legge è un optional specialmente se si tratta di  materia ambientale.

Sarebbe stato interessante e forse anche formativo sotto l’aspetto giuridico, poi, capire se i decreti regionali hanno efficacia con la pubblicazione sul BURC oppure, come in questo caso, con una presa d’atto deliberata dallo stesso ente che si è commissariato. Non ci crederete ma è proprio così: la delibera di commissariamento infatti è firmata proprio dallo stesso… commissario!

E ancora: il commissario Gatto avrebbe dovuto mantenere l’incarico giusto per il tempo necessario alla nomina di un nuovo direttore generale. Ma il bando per la nomina a direttore generale che fine ha fatto? Perché, dopo un travaglio durato diversi lustri (doveva essere emanato entro 30 giorni dalla delibera di giunta) non è stato portato a termine? E perché la Gatto è rimasta ancora in carica quasi fino a ieri?

Ovviamente non abbiamo ancora finito, perché dobbiamo ancora trattare lo scandalo più grosso della gestione Gatto ovvero quello della nomina della consulente Silvana Naccarato, un’altra protetta del solito Palla Palla. E anche in questo caso ci sarà da… divertirsi.

6 – (continua)