Lettera aperta al Gattopardo capo: “Perché non dice niente su quella foto?” (di Adriano D’Amico)

Buongiorno e buona Pasqua a tutti. Questa lettera aperta risale a più di due anni fa, al 20 febbraio del 2020. In essa, un avvocato onesto e con la testa sulle spalle chiede con grande umiltà al procuratore Gattopardo capo di Cosenza cosa ne pensa del fatto che uno dei “suoi” pm “se la fa” con uno dei suoi indagati. Il procuratore Gattopardo capo per due anni e oltre s’è chiuso in un silenzio più che mai omertoso, visti i soggetti di cui si parla. Ma ormai non è lontano il momento nel quale dovrà dare giustificazioni davanti al Csm. Nel frattempo, gli ricordiamo cosa è accaduto, cos’ magari la sua delicata prostata ne trarrà giovamento. O no? 

Ill.mo Sig. Procuratore,

la fotografia pubblicata dalla nota testata giornalistica cosentina on line Iacchitè, che ritrae insieme il dott. Cozzolino, sostituto procuratore della Repubblica a Cosenza, il Sig. Pierluigi Caputo, presidente del consiglio comunale di Cosenza (adesso anche consigliere regionale, ndr) ed il Sig. Carmine Potestio, indagato dal primo che ho citato per ipotesi di reato molto gravi, chiacchierare intorno ad un tavolo, che può essere quello di un bar o di una pizzeria o non so cos’altro, mi ha indignato e continua ad indignarmi molto.

Mi sono laureato in legge e faccio l’avvocato ormai da 26 anni, nonostante sia trascorso tanto tempo, ho freschi nella mente i principi cardine del diritto e la foto citata, li infrange inesorabilmente tutti: di cosa parleranno mai un magistrato inquirente, un indagato ed un esponente del potere politico cittadino; se un magistrato dovesse seguire l’etica che dovrebbe contraddistinguere il suo agire, a quel tavolo non ci poteva nemmeno stare, perché oltre a non dover avere nulla di cui discutere con un indagato, non potrebbe nemmeno avere la possibilità di farlo.

La fotografia ha avuto un seguito virtuale enorme, migliaia di cosiddetti click, ma pochi risultati reali; ma non bastano i click se poi quel magistrato continua a svolgere tranquillamente le sue funzioni e, soprattutto, se Lei, Sig. Procuratore, non ha fatto nulla in merito. A cosa mi riferisco? Al fatto che non ha inteso smentire la testata giornalistica, dicendo, magari, che la fotografia è frutto di un fotomontaggio, denunciando il direttore responsabile per la gravità assoluta del gesto, per la violazione della legge; o, al contrario, redarguendo il magistrato per quanto posto in essere. Rimanendo silente, Sig. Procuratore, lascia inerme me e migliaia di cittadini onesti che abitano a Cosenza.

Io non voglio entrare nel merito delle inchieste che porta avanti il giornale citato a Cosenza e provincia, tuttavia, Sig. Procuratore, il fatto di rimanere silente rispetto ad una situazione di tal clamore, mi lascia inorridito e mi fa guardare con una luce nuova le continue accuse che vengono mosse a Lei ed a moltissimi magistrati che svolgono le loro funzioni a Cosenza.

Come posso, ad esempio, immaginare che un sindaco nulla possa sapere rispetto a quello che fanno i suoi massimi dirigenti? E’ ovvio che mi sento offeso quando vedo che questi ultimi vengono interdetti dai pubblici uffici ed il primo non è nemmeno indagato; come posso immaginare che venga indagato un falso docente e non anche la scuola che gli ha consentito di essere falso? Come faccio a non pensare all’affidamento diretto per la gestione delle residenze artistiche ad una nota associazione nonostante le plurime pronunce negative del TAR? Come faccio a non pensare al nuovo incarico che si da ad una nota ditta di luminarie, nonostante l’avviso di garanzia?

Veda Sig. Procuratore, la foto di cui parlavo sopra è soltanto la punta dell’iceberg e fa il paio con queste altre due cosette che ho scritto; e sono in tanti a saperlo; tutti, o quasi, tacciono; mi duole saper che a tacere sono soprattutto quelli che, nel bene o nel male, operano all’interno del palazzo di giustizia, anche molti miei coiscritti.

Quando ho scritto questa mia breve nota, ho pensato anche ai suoi destinatari: uno, è ovvio, non può che essere Lei, il Procuratore della Repubblica, perché da avvocato, figlio di avvocato d’altri tempi, che in quei tempi eroici svolse, con rettitudine morale eccelsa, le funzioni di Pretore onorario, credo che la giustizia alla fine trionfi e debba trionfare; l’altro, non me ne voglia, complice anche un po’ il mio disincanto, il CSM, perché se poi la giustizia non dovesse trionfare, forse è il caso che sia informato di quanto accade al palazzo anche l’organismo superiore.

Con ossequio.

Avv. Adriano D’Amico

(militante di Rifondazione Comunista)