‘Ndrangheta ad Arcore: “Berlusconi fece i soldi grazie a noi (mafiosi)”

(di Marco Lillo e Lucio Musolino | Il Fatto Quotidiano) –

L’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, avrebbe avuto un “ruolo strategico” nella cattura di Giuseppe Graviano. È lo stesso boss di Brancaccio ad affermarlo nel lungo memoriale che dal carcere di Terni, dove è ristretto al 41 bis, ha inviato alla Corte d’Assise di Reggio Calabria.

Va subito ricordato che Giuseppe Graviano è stato condannato per le stragi del 1992 e 1993, non è un pentito e le sue parole vanno prese con le doppie pinze. Non sono riscontrate, potrebbero essere solo messaggi infiocchettati tra menzogne e minacce. Le sue affermazioni però non possono essere ignorate come fanno i grandi giornali e restano un fatto eclatante: uno dei maggiori boss di Cosa Nostra, solitamente adusi al silenzio, scrive nero su bianco ai giudici di essere creditore e vittima di Silvio Berlusconi.

La Corte di Assise di Reggio ha confermato in primo grado la richiesta di ergastolo del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nei confronti di Graviano e del calabrese Rocco Santo Filippone, entrambi accusati di essere i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo consumato il 18 gennaio 1994. E a lungo hanno tenuto banco le circa cinquanta pagine che Giuseppe Graviano ha letto, riletto, corretto a penna e inviato ai giudici reggini che potrebbero infliggergli l’ennesima condanna. Il memoriale cristallizza la scelta di parlare in aula nei mesi scorsi quando il boss ha puntato il dito contro il fondatore di Forza Italia.

L’incipit di Graviano è contro i pentiti che lo hanno accusato durante il processo. Poi Graviano sostiene di non conoscere Marcello Dell’Utri e nella parte finale si dedica a “la vera natura del rapporto con Berlusconi”.

Sullo sfondo ci sono sempre i 20 miliardi che il nonno materno di Giuseppe Graviano (a dire del boss) avrebbe dato – insieme ad altri imprenditori di Palermo – a Berlusconi negli anni 60 e 70.

Quando Graviano al processo ’Ndrangheta stragista tirò fuori la storia, l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, replicò che le sue affermazioni “sono platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie”. Per Ghedini, Graviano stava “inventando incontri, cifre ed episodi inverosimili e inveritieri”.

“Mi rendo solo ora conto però – insiste Graviano nel memoriale – che a fine ’93 qualcosa cambia intorno al sottoscritto, e questo momento corrisponde, a mio avviso e a mente lucida, con l’ultimo incontro che ho avuto con Berlusconi a Milano (in precedenza lo avevo incontrato altre due volte). In quell’incontro si parlò di mettere, dopo tanti anni (più di 20), nero su bianco quello che era stato pattuito con mio nonno, Quartararo e gli altri investitori palermitani. Negli anni i rapporti con Berlusconi, come ho già riferito, erano stati curati da mio cugino Salvo anche perché io ero sempre latitante. Dopo più di venti anni però, gli investitori, che non avevano ricevuto alcuna somma rispetto all’investimento iniziale, intendevano ottenere i propri utili e formalizzare l’accordo davanti ad un notaio”.

Stando alla ricostruzione di Graviano, l’appuntamento a Milano presso lo studio di un notaio era stato fissato nella prima settimana del febbraio 1994. Ma quell’incontro tra Berlusconi, Giuseppe Graviano e il cugino Salvo non si fece mai. Il boss è stato catturato il 27 gennaio con il fratello Filippo a Milano. Stessa sorte è toccata al cugino che “il 2 febbraio 94 era stato arrestato con l’accusa infamante di aver commesso un omicidio”, da cui poi è stato assolto. Graviano sorvola sul perché nessun altro della sua famiglia abbia rivendicato quell’antico credito in tutti questi anni, ma si concentra sul suo arresto avvenuto a Milano, il giorno dopo la discesa in campo di Berlusconi.

“Qualcuno o più di qualcuno aveva interesse a toglierci di mezzo”. Il j’accuse di Graviano è esplicito: “L’arresto di Milano è stato veramente singolare e inaspettato. Sono certo che un ruolo, oltre chiaramente alle forze dell’ordine, sia da attribuire a Contorno e a Berlusconi”. Cosa c’entra il boss pentito, Salvatore Contorno, con il leader di Forza Italia?

Stando alla versione un po’ cervellotica del boss, sarebbe stato il “gruppo Contorno” a fare “scattare l’attività investigativa conducendo gli inquirenti a Milano. Vi è però un’altra persona che ha avuto un ruolo strategico in tutto ciò: Berlusconi”. Per Graviano Berlusconi avrebbe “avuto sempre un rapporto stretto e privilegiato con il gruppo Contorno, Bontate e soci” peccato che Contorno non abbia mai parlato di rapporti con Berlusconi.

A dire del boss, che si professa innocente per le stragi, la sua carcerazione sarebbe stata utile per non restituire i proventi degli antichi investimenti dei siciliani sul Berlusconi. Per Graviano “queste manovre messe in atto da “qualcuno” o più di “qualcuno”, hanno fatto guadagnare al signor Berlusconi, alla fine degli anni 60, la cifra di ben 20 miliardi di lire, che si dovevano tradurre nel 20 per cento degli investimenti fatti negli anni dallo stesso. Quello che è accaduto in tutti questi anni, compresa la volontà di tenermi ristretto al 41 bis e in area riservata, è la dimostrazione di quello che ho appena descritto”. Alla fine, al di là dei passaggi poco credibili, resta il messaggio: il boss Graviano chiede soldi a Berlusconi. E con le due condanne all’ergastolo, in sede di motivazioni, ha trovato conferma la pista dei soldi al Berlusca inclusa quella calabrese che ha identificato il canale Piromalli e quello dei De Stefano.