3° Megalotto: la 106 sui terreni aggrovigliati come serpenti (di Fabio Menin)

di FABIO MENIN  

già presidente WWF CALABRIA

Tracciato della strada statale 106: il tratto da Rocca Imperiale a Sibari è uno di quelli più complicati: perché tutta la collina e la pre montagna pollinica ad est è fatta di terreni leggeri assestati come un flysch: immaginate un groviglio di serpenti in cui ci sono dieci serpenti uno sopra l’altro: ecco il flysch è un’accozzaglia caotica di argille, sabbie, marne e conglomerati (permettete la battuta dei serpenti) insieme in modo caotico: ci sono punti dove il terreno è  inclinato a 80 ° e a dieci  centimetri si inclina a 0°.

Questo significa che sono messi insieme aree montane sottoposte a violenti sollevamenti sottosopra con aree di mare profondo. Le argille vengono dal mare profondo, mentre altri terreni vengono dalla montagna sollevata  dai terremoti e dalle spinte tettoniche. Naturalmente i terreni, dati i millenni sui quali ha agito la forza di gravità, si sono  consolidati, ma il problema è un altro: sono terreni che si sbriciolano facilmente. Se le acque non sono ben controllate i versanti franano  che è una bellezza!

Pensate che sul lato est del Pollino secondo i sondaggi  ci sono perdite di gas, ma soprattutto rocce che hanno un’acidità con un discreto tasso di corrosione del cemento armato. Infatti  solo una pianta assai rustica, una rarità, per la Calabria, si è adattata: il pino d’Aleppo (Pinus Halepensis), albero raro, unico caso in Calabria.

Noto che nella valutazione d’impatto ambientale il pino d’Aleppo non è stato considerato se non con una rinaturalizzazione con un filare di pini dove c’è la galleria, ridicolo. Il pino d’Aleppo a lato della strada deve essere piantato a bosco non a filare a mo’ di cimitero come ho visto in certe foto dell’Anas!

Allora ripieghiamo sul raddoppio in pianura. Giusto e logico. Sì, ma c’è un piccolo problema: le acque scorrono in modo caotico, la sabbia sulla spiaggia è poca, ci sono solo pietre, a parte la finissima sabbia del Crati, ma è sommersa dai ciottoli. Ci sono quattro conoidi alluvionali, cioè  depositi alluvionali a forma di cono dove finiscono le alluvioni delle fiumare.  Se tu davanti ad un’alluvione di ciottoli e massi ci metti una sbarra succede un disastro. Ce ne sono già due di sbarramenti che il PAI, piano di assetto idrogeologico, segnala: e sono ferrovia e 106. Ci aggiungiamo un’altra diga? Con le altre due corsie dell’autostrada o superstrada? Se ci sono case vicine il rischio diventa da R3 solo con danni gravi e feriti a R4 con morti, credo.

Non lo so se esiste una soluzione tecnica, se no durante le alluvioni si creano disastri brutti. Mettere l’altra corsia troppo vicino al mare significa interferire coi paesi. Ecco i motivi che spingono l’Anas ad un tracciato nuovo, la speculazione potrà anche esserci, ma i problemi ambientali nella zona ci sono. Certamente costruire una strada parzialmente in galleria, costa molto di più, ma se farla giù è pericolosa, anche se in un evento disastroso dopo vari decenni, allora bisogna pensarci bene. Se invece la tecnica crea delle soluzioni giuste, allora bene. Ripensiamo il tracciato, saremmo al fotofinish, ma qualche variante in corso d’opera si può fare. Al punto in cui siamo solo un intervento del governo per riaprire la Vas e la Valutazione di impatto ambientale e proporre una soluzione nuova è possibile. In quanti anni? Questo è il problema, ce ne sono voluti 20 per il progetto completo, altri dieci anni? Allora, non per questo bisogna scegliere la soluzione peggiore per il territorio: l’Anas, magari col supporto  di qualche università seria, ci deve dire semplicemente se raddoppiando il tracciato esistente c’è un modo per evitare i rischi gravi in caso di alluvione. Se c’è, allora il governo deve pretendere questo: chi firma il progetto per l’Anas, chi dirige il ministero dell’Ambiente, chi dirige la o le ditte interessate hanno tot di tempo: due anni, tre al massimo. Dopodiché chi ritarda paga di tasca sua! Applichiamo la legge della responsabilità di chi firma!

Ma secondo me c’è un segreto semplice. Allora, se spostiamo la 106 vicino alla costa, l’investimento strategico sta nella regimazione idraulica e idrogeologica: lì sta il segreto della 106 e dei paesi tra Rocca Imperiale e Sibari! Non nella strada, ma nelle fiumare e nei versanti delle colline. Ma voi sapete cosa vuol dire un letto largo mezzo chilometro in un piccolo torrentello come il torrente Ferro a sud di Roseto (dove c’è una faglia importante) ? Significa che quando cade l’acqua su terreni che si sbriciolano, sotto l’acqua non penetra perché ci sono argille o marne (che è pure  poco permeabile) e l’acqua tira giù tutto come una valanga!  Significa che dove c’è il letto del fiume largo oltre 500 metri c’erano colline intere divorate dall’acqua nei secoli!

Allora, cari amici dell’Alto Jonio, voi siete seduti quasi su un “vulcano” (ci sono anche terreni semi vulcanici): è come se Dio avesse unito il centro della terra con il mare a 1000 metri di profondità, capite cosa vuol dire anche flysch, caos, per chi crede in Dio accoppiamento del diavolo e dell’acqua santa. Quindi, le valutazioni ambientali sono una cosa. gli slogan ambientali, generici, un’altra…

Chi conosce bene come si comportano le fiumare locali, solo quello – se è un anziano -dovete ascoltare: il consumo di suolo in una galleria c’è eccome, ma diventa demagogia se si considera solo un tipo di danno ambientale. La mano destra non può ignorare la sinistra.  Chiamate i più anziani che ricordano le peggiori alluvioni, ecco quelli sono i popolani da ascoltare. A Roseto sul mare, per esempio, non conoscono neppure il nome del torrente che ci sta a fianco: questo significa che almeno una o due generazioni non hanno avuto alluvioni catastrofiche, ma questo non significa nulla. Il rimboschimento è stato fatto, ma  sulle fiumare lì non si scherza! E ricordate che i geografi chiamano la vostra zona con un nome strano “ penisoletta calabrese” : significa che la montagna scende fino al mare, accanto alla pianura, pochi km più in là. Ma quella discesa è di terreni che si sbriciolano.Quindi, invito le popolazioni e i tecnici, da ex presidente del WWF, ad attenersi alla prudenza. Io dico che lì, purtroppo, la montagna è assai vicina al mare. Però, il tratto più brutto l’Anas l’ha già fatto, e dobbiamo ringraziarla. Ho visto che ci sono alcune strutture  agrituristiche e alcune aree semi boschive i cui proprietari si oppongono. Se il raddoppio si può fare in sicurezza vicino al mare niente da dire. Ma se un amministratore di una lunga esperienza amministrativa familiare, quindi tanto di cappello, perché ha i terreni suoi deve bloccare 100 mila persone, no, questo lo facevano i feudatari!

Il valore di un terreno non si misura dal proprietario: se il suo terreno ha colture preziose quanto il bergamotto o lo zafferano, che si potessero fare solo lì, allora si può deviare una superstrada!  Ma non mi sembra che su quei terreni piuttosto aciduli e sbriciolati ci siano colture di eccezionale  pregio, ci saranno  buoni oliveti e qualche buon vigneto, non so. Qui il colore politico non ci importa, per carità. Ho visto prese di posizione anche di nuovi gruppi politici, che mi sono molto simpatici e che condivido in moltissime cose. Benissimo, però le carte prima leggiamole e poi parliamo a ragion veduta.

Anche a me, come all’amico Morra di Cosenza, è capitato più volte di andare a parlare fuori da casa mia, ma non con slogan, o anche idee generiche, giuste: per dire, se un tracciato è sostenibile o meglio ancora ecosostenibile come ho visto in certi cartelli bisogna conoscere i problemi a fondo. Ma scusate, se il 95 % dei locali ignora di avere un albero rarissimo che cresce in Calabria, il pinus halepensis (pino d’Aleppo) solo lì, unico a superare i terreni acidi e a resistere a i venti di salinità  marina di quel posto, è quello il valore naturalistico e paesaggistico più alto, oltre al particolare valore paesaggistico dei terreni mescolati come Arlecchino. E quindi anche gli intellettuali concorderanno che la saggezza degli anziani che conoscono le fiumare vale più di cento slogan, anche se noi ambientalisti siamo quasi sempre bollati, e invece tirati in ballo a scopo strumentale da chi vuole difendere interessi personali.Io stesso che ho diretto un’importante associazione ambientalista come il WWF in Calabria penso questo: ai lati est del Pollino o lasciamo stare tutto così che il tempo si fermi,  dicendo che nell’area pre parco non si fa nulla per non toccare la montagna, oppure se la gente ci vive la strada dobbiamo dargliela. Il ragionamento di tenere fuori la montagna dagli sventramenti è giustissimo, ma se a valle ci sono rischi di disastri allora il discorso cambia. E ci sono anche molte frane.

Ma c’è un altro punto da tenere presente: la discussione non può frazionarsi a pochi km: la 106 ha senso come strada di tutto lo Jonio, quindi una volta superate le difficoltà tecniche e rispettata la storia e l’archeologia, il percorso deve essere funzionale all’insieme dell’arteria, funzionale significa di larghezza giusta, con la velocità quasi autostradale e ben collegato coi paesi, almeno quelli principali e le città.

Un unico dubbio: data la fragilità dei terreni, le gallerie devono essere sicure e prevedere i movimenti delle faglie e quindi dei terreni nelle gallerie. Occorrerebbe un supplemento di indagine e di valutazione d’impatto ambientale sulla costa, ma anche uno studio di fattibilità perché ci sono sia paesi che insediamenti. Quindi la mia idea è: statale 106 dove si può ed è più sicuro, meglio se si risparmia cioè in pianura ma  prima sicurezza al 101% sulle fiumare e sui versanti (ovviamente sicurezza al 101% è una battuta perché il rischio c’è sempre, voglio dire facciamo il massimo e più del massimo per mettere in sicurezza il territorio). Poi le soluzioni per evitare gli sbarramenti in caso di alluvioni spettano ai tecnici.