Nonostante l’emergenza, i call center restano aperti e la circostanza sta creando non poche polemiche. Specialmente nell’area urbana di Cosenza, dove ci sono molte strutture e moltissimi dipendenti. Di seguito, due testimonianze che ci sono giunte in redazione.
Buongiorno, vi scrivo questa lettera aperta per evidenziare la pericolosità della gestione covid-19 per le aziende di Call center e cosa più grave la completa indifferenza dei sindacati confederali che si sono messi totalmente dalla parte dei gestori telefonici fregandosene altamente dei loro assistiti (fanno eccezione i Cobas, ndr http://www.iacchite.blog/coronavirus-cosenza-cobas-non-vogliamo-che-i-call-center-dellarea-urbana-diventino-luoghi-di-diffusione-del-virus/).
La cosa che mi ha lasciato completamente allibito, è che rappresentanti sindacali senza nessuna vergogna si permettono di minacciare noi operatori commentando i post, pro chiusura siti, con frasi come ‘‘se chiudono i Call center voi perdete il posto”. Ora la domanda ai sindacati, nasce spontanea: se neanche una minaccia confermata di pandemia mondiale è una buona motivazione per difendere la salute dei vostri assistiti, voi che cosa esistete a fare ? Se la preoccupazione dell’ altissima diffusione del virus, se ci fosse un solo caso di contaminazione in aziende dove la peculiarità e proprio quella delle diverse provenienze provinciali dei dipendenti e quindi della conseguente rapida circolazione del contagio lascia indifferenti governo, mass media e soprattutto i sindacati, sarà difficile uscire da questa situazione. Chiedo a tutti gli operatori telefonici e non, se avete sottoscritto una tessera sindacale strappatela e alle prossime elezioni sindacali comportatevi di conseguenza.
Per favore, voi che siete uno dei pochi siti d’informazione seria e sincera che io stimo immensamente mettete in risalto questa problematica perché potrebbe portare davvero gravi conseguenze.
Lettera firmata
Salve, sono un dipendente di Abramo customer care della sede di Montalto Uffugo.
Nel caos generale dei tempi del coronavirus la nostra posizione lavorativa è sempre più controversa (soprattutto per noi dipendenti con contratto a progetto LAP) in quanto se non vai rischi di perdere il posto, se vai sei a tuo rischio e pericolo (distanze tra operatori rispettate ma secondo me insufficienti dato che il virus come dimostrano recenti studi cinesi si propaga nell’aria per circa 4 metri e mezzo).
Mi rivolgo a Voi perché nei recenti decreti (3 in 3 giorni) non viene proprio menzionata la nostra attività.
È un bene primario? (forse chi è assunto e fa assistenza tecnica sì), tra l’altro si sta cercando la via dello Smartworking ma l’azienda è molto indietro su questo tema tanto che siamo ancora chiamati a rispondere a dei questionari se siamo d’accordo o meno nell’adottare questa soluzione (vorrei sapere chi non lo è).
Ma noi che facciamo vendita, prenotazioni o aggiunte siamo così indispensabili?
L’azienda non ci costringe, anzi, però siamo un po’ tutti preoccupati di perdere il posto, ma la nostra salute vale quanto il nostro contratto?
Lettera firmata