Lo so che il rischio che abbiamo corso, e che per qualcuno ancora corriamo, è quello di fare la fine del pastore burlone protagonista della favola “al lupo al lupo”, attribuita ad Esopo. Come qualcuno ci dice.
Ma in questa metafora, chi pensa a noi come il pastorello, non tiene conto del finale della favola. Se è vero che per quasi tutta la favola il pastore si burla dei cittadini, lanciando falsi allarmi dell’arrivo dei lupi per spezzare la noia, è pur vero che alla fine il lupo arriva davvero.
Sono mesi che parliamo di inchieste: DDA, mafiosi, politici corrotti, avvisi di garanzia, indagini, intercettazioni, pedinamenti, verbali, processi e canterini. Ma niente mai accade. Come il lupo che non c’è. Ma, a differenza del pastorello, che ha come obbiettivo la burla come passatempo, noi non abbiamo questo scopo.
Noi abbiamo raccolto carte, indizi, parole, azioni, e li abbiamo analizzati dal basso della nostra conoscenza, o come si dice oggi del nostro know-how, deducendone conclusioni che a noi paiono logiche. Aristoteliche. Non siamo andati alla frivola ricerca, per fare un esempio di “logica”, del colore in quanto tale. Che so il verde o il bianco. Perché sappiamo che non possiamo vedere il colore nella sua essenza, semmai vediamo qualcosa, un oggetto, colorato di bianco o di verde. Non possiamo vedere solo il verde. Che esiste solo come qualità di un elemento. E’ come per i numeri: nessuno vede un 4, piuttosto vede 4 cose. Così abbiamo ragionato, abbiamo cercato di tirare fuori la qualità e la quantità dagli elementi a nostra disposizione, non fermandoci alla mera apparizione, o apparenza. Giusto per fare un po’ di filosofia.
Vediamoli questi elementi e perché ci inducono a pensare che non c’è via d’uscita da quello che diciamo noi. E’ ovvio che quello che noi paventiamo si avvera solo se stiamo in uno stato di onesti e democratico, con una magistratura al servizio della repubblica e del popolo. Se poi la magistratura intrallazza, e si vende le inchieste al potere politico corrotto, allora non c’è logica che tenga. E lì ci fermiamo. Nessuno può prevedere nulla perché non esiste nessun filo logico nell’infamia, nel tradimento e nella mistificazione. Tutto può succedere. E qui decliniamo ogni responsabilità Ma se stiamo sul piano logico allora non temiamo rivali né smentite. Seguiamo il ragionamento al netto delle nostre fonti.

Che esiste una inchiesta sulle cosche cosentine, da parte della DDA è più che certificato. Vedi le ultime retate, nonché i processi in corso. Che dentro queste inchieste ci sono dei pentiti, anche questo è assodato. Almeno quelli ufficiali. Su tutti Foggetti.
Foggetti ha rilasciato delle dichiarazioni, sia sui tanti reati commessi da lui e dai suoi sodali, sia sui rapporti tra la cosca e il potere politico locale. Anche qui non si scappa: esistono i verbali che noi abbiamo pubblicato, insieme ad altre testate.
Ora, se è vero che la legge è uguale per tutti, e che quelle dichiarazioni sono delle vere e proprie notizie di reati, è logico considerare che, quantomeno, chi è chiamato in causa possa essere avvisato di una indagine sulla sua persona. In Italia esiste l’obbligo dell’azione penale. Il principio dell’obbligatorietà impone che il Pubblico Ministero valuti la fondatezza di ciascuna notizia di reato e che compia le indagini necessarie per decidere se occorre formulare l’imputazione o chiedere l’archiviazione.
Una delle due cose deve necessariamente avvenire: o decide le imputazioni, o archivia. Sulla scorta delle dichiarazioni di Foggetti, ad esempio, il pm Bruni, ha inteso già avvisare Orlandino Greco. Potrebbe succedere lo stesso per tutti gli altri: Occhiuto, Manna, Paolini, Principe. Perché a confrontare le dichiarazioni di Foggetti, che parla di incontri e descrive circostanze che sul piano “probatorio” paiono tutte dello stesso tenore, per tutti i chiamati in causa.
Non c’è chi è messo meglio o chi è messo peggio. Allora perché Orlandino si e gli altri no? Capite che se la DDA è come il tribunale di Cosenza, tutto questo non vale, ma se si muove con correttezza e rispetto delle regole uguale per tutti, allor non può che essere così.
Oltre ad Orlandino anche gli altri dovranno spiegare ai giudici le loro posizioni. Che non vuol dire essere colpevoli. Perché resta sempre la presunzione di innocenza, e il diritto alla difesa.
Vorrà dire che faranno anche loro come fanno tanti cittadini: si difenderanno nei luoghi deputati. Ma tutto ciò, come le persone perbene sanno, cozza con qualsiasi incarico pubblico. Non ci si candida se prima non si chiariscono i propri problemi con la giustizia. Gli onesti non coinvolgono i cittadini nei fatti propri. Ed è quello che ci si aspetta da chi è coinvolto in questa storia. Un passo indietro.

A questo aggiungiamo l’aspetto più pericoloso e grave. Nelle dichiarazioni Foggetti e tutti gli altri pentiti, parlano soprattutto di gravi reati commessi dalle cosche: omicidi, e tentati omicidi, spaccio internazionale, tangenti, armi, usura, attentati, e tanto altro ancora. Si può capire lo scetticismo che esiste a Cosenza quando si parla di politici che devono essere arrestati, ma come la mettiamo con queste cose? Che fa la DDA, lascia correre? Fa finta che non è successo niente. Lasciando liberi di girare per la città pericolosi criminali?
Non penso proprio, le dichiarazioni di Foggetti sul piano criminale hanno già avuto ampio riscontro, verificato dai magistrati che le hanno valutate. Allora viene da chiedersi: se Foggetti è attendibile per i reati commessi dai malandrini, è attendibile pure quando si canta i politici?
Una domanda alla quale, se seguiamo la logica, tutti possiamo rispondere. Tanto basta a farci dire che a breve tutto sarà chiaro. E che, stando alla logica, due più due fa sempre quattro: anni di carcere, in questo caso. Perché non esiste il 4 in quanto tale.
GdD