Lettera alla Calabria peggiore (di Gioacchino Criaco)

Lettera alla Calabria peggiore

di Gioacchino Criaco 

Con le elezioni regionali prossime, arrivano appelli e lettere da molte parti: affinché la Calabria cambi registro, parta una era migliore. Le missive ricalcano i richiami al cambiamento di diverse associazioni antimafia: esortano le forze sane, le persone oneste, il meglio del meglio a dare di più a dare tutto. Tutti si rivolgono solo ai giusti. E tutti, devoti e no, cominciano ad essere presi dall’afflato mistico tipico dell’avvento natalizio. In attesa con spirito santo o effluvio profano della nascita dell’Uomo. Che Lui, al mondo ci venne per rivolgersi al peggio del peggio, ai seguaci del male. Perché per Lui, che stava più in alto di tutti, era ovvio che i giusti già lo avessero il biglietto per il paradiso, e che le cose sulla terra non avrebbero potuto migliorare senza la diserzione dall’esercito avverso. E ai cattivi si scrive, ai responsabili del disastro, che senza il loro voto le nuove forze del bene non prenderanno mai la via per Catanzaro.

I giusti non sono tantissimi, sono poco organizzati e la maggior parte dei loro potenziali sostenitori sono sparsi a lavorare per il mondo, e anche se è San Valentino, i più non torneranno in Calabria il 14 febbraio per votare e ribaltare l’1 fisso del Feudo in tutte le partite locali giocate dal 70 in qua. Le elezioni, casualmente, si tengono sempre in periodi in cui la gente sia andata via dopo le ferie, invernali o estive, e chi è partito si sa che non tornerà per l’urna: troppo costoso, faticoso. E allora, o questi tornano, per avere speranze di vittoria. O, se, come sarà, non torneranno, i Giusti che si candideranno dovranno sperare nella conversione di chi sostiene il sistema distruttivo che ha regnato finora.

E allora le lettere vanno scritte a quelli che per servilismo, bisogno, paura, illusione, interesse e qualunque altra spinta egoistica, abbiano sostenuto il vecchio. Che vadano contro i propri interessi, elettori e candidati, e si immolino per i buoni, quelli che non hanno mai profittato di nulla, sacrifichino le loro prebende cedendo il turno ai figli di nessuno che hanno sempre e solo preso calci. Che loro, giusto il peggio del peggio, saltino il fosso, di nascosto, dentro l’urna e si mandino da sé lontano dal potere. Abbandonino, gli ingiusti, i privilegi e si spartiscano i beni pubblici con gli aventi diritto. Si convertano i peggiori e portino lo spirito natalizio oltre gennaio, a dopo che questo anno infernale si sarà ricacciato nell’abisso. E che loro, i messi all’indice dai buoni, la diano agli onesti la rivoluzione che il popolo non si è saputo conquistare. E che proprio loro, i cattivi, dimostrino che è dal buio che spesso arriva la luce, e che nella luce spesso si finisce solo ad imbiancare sepolcri.