“Vogliamo il lavoro e la nostra dignità”: da Luzzi parte una petizione on line

I calabresi sono davvero stanchi, la nostra regione sta lentamente collassando: la disoccupazione tocca punte altissime e i giovani sono sempre più demoralizzati nell’intravedere una prospettiva futura di lavoro.

Attualmente la situazione è nera: la mobilità non viene retribuita da anni, Garanzia giovani e tirocini (nati proprio per risollevare le sorti dei più giovani) si sono rivelati un flop…e via dicendo.

I cittadini non riescono a stare più fermi, nonostante le continue richieste e sollecitazioni all’assessore Roccisano e al presidente Oliverio; la situazione resta immutata.

Proprio per questo si sono uniti per dare avvio ad una grande protesta, il cui primo passo parte da una petizione online lanciata su change.org da un cittadino di Luzzi, che ha raggiunto quasi 400 firme.

Nella petizione, indirizzata al governatore Mario Oliverio, all’assessore regionale al Lavoro Federica Roccisano, al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro del Lavoro Poletti, i disoccupati chiedono: VOGLIAMO IL LAVORO, VOGLIAMO LA NOSTRA DIGNITA’, NON SIAMO NE’ VAGABONDI NE’ PARASSITI!

“SIAMO STANCHI DI ESSERE TRATTATI DA PARASSITI, DA VAGABONDI.

VOGLIAMO TORNARE A LAVORARE, VOGLIAMO ESSER PAGATI PUNTUALMENTE PER LAVORARE, NON PER RESTARE A CASA A MORIRE DI DEPRESSIONE.

BASTA SUICIDI!lavoro

VOGLIAMO LA NOSTRA DIGNITA’, VOGLIAMO IL LAVORO DIGNITOSO!

BASTA CRISI!

VOGLIAMO POLITICHE ATTIVE SERIE, VOGLIAMO INVESTIMENTI CHE CREINO SUBITO POSTI DI LAVORO VERI.

DICIAMO NO AL LAVORO NERO LEGALIZZATO.

NON SIAMO VAGABONDI, SIAMO PERSONE UMANE, SIAMO PADRI E MADRI DI FAMIGLIA, CHE PRIMA DI DIVENTARE DISOCCUPATI, SIAMO STATI GRANDI LAVORATORI: VOGLIAMO TORNARE AD ESSERLO!”

Ci uniamo all’appello, ricordando a chi ci governa ciò che recita la nostra Costituzione:

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (Art.1)

“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (Art.36)

V.M.