Il pm Viscomi a nome della procura di Cosenza meglio nota come porto delle nebbie, ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro indagati nel processo scaturito dalle denunce per le missioni del sindaco di Cosenza meglio conosciuto in città come il caso Occhiuto-Cirò. Il pm ha chiesto pertanto che si vada a processo nei confronti di Mario Occhiuto, del suo ex segretario Giuseppe Cirò e di due responsabili dell’Economato di Palazzo dei Bruzi, Bruno Palermo e Ada Federico. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 10 dicembre.
Era il 22 giugno scorso, poco meno di 4 mesi fa, quando i media di regime ci facevano sapere che il Gattopardo del porto delle nebbie e la sua badante che pettina le bambole, dopo “soli” quattro anni, hanno – bontà loro – chiuso le indagini per il caso di Mario Occhiuto e Giuseppe Cirò, che si sono denunciati a vicenda per una squallida storia di soldi rubati dall’Economato del Comune di Cosenza.
Il caso Giuseppe Cirò era ritornato alla ribalta delle cronache dapprima a gennaio 2019, per le trasmissioni di Lino Polimeni su Calabria TV (“Articolo 21”) prima che facesse (di nuovo) pace con il cazzaro: ma solo qualche mese prima (27 ottobre 2018), la procura di Cosenza, attraverso una velina pubblicata da un quotidiano di regime, aveva chiarito che nella vicenda è impelagato fino al collo anche il sindaco Mario Occhiuto, al quale era stato notificato un avviso di garanzia con le ipotesi di reato di truffa, falso e peculato.
Poi, in primavera, Occhiuto e i suoi scagnozzi avevano provato a buttarla in caciara “rivelando” che era stato nientemeno che il senatore Morra ad “organizzare” l’interrogatorio di Cirò per la Manzini a casa sua ma senza ottenere nessun risultato. Solo qualche mese fa, in attesa che da Cosenza qualcuno si decida (e sarebbe anche ora) a chiarire cos’è avvenuto, il sindaco aveva continuato a ribadire che lui è intervenuto perché “il suo segretario rubava…”. E allora, quale occasione migliore per riepilogare il tutto e per capire che il cazzaro, appunto perché tale, racconta solo fesserie?
Giuseppe Cirò, ex capo della segreteria del sindaco per oltre 6 anni, e prima ancora segretario dell’onorevole Roberto Occhiuto, è accusato da Mario Occhiuto di aver rubato più di 50mila euro dall’economato comunale. Il sindaco Occhiuto si è recato in procura, nel marzo 2017, dove ha sporto formale denuncia nei confronti del suo ex delfino accusandolo di aver falsificato documenti relativi ad immaginari viaggi e missioni del sindaco mai avvenuti, intascando i rimborsi fittizi.
L’inchiesta, dopo la denuncia di Occhiuto, è stata affidata al procuratore aggiunto Marisa Manzini. Ed infatti nell’interrogatorio sostenuto da Cirò davanti a lei o a Morra e al maresciallo della Finanza (tanto fa lo stesso), l’ex segretario si lasciava andare e raccontava tutto. Cirò ha spiegato, per filo e per segno, come sono andate realmente le cose: ha confessato di essere lui colui il quale si recava materialmente all’economato per “ritirare” le somme di denaro che non finivano però in tasca sua, ma in quella di Occhiuto.
Cirò confessava e forniva prove evidenti della destinazione del denaro rubato. Ribadiva che lui non avrebbe mai potuto firmare documenti o richieste di rimborsi proprio perché il suo era un incarico fiduciario che non prevedeva responsabilità amministrative, e il prelievo truffaldino avveniva con la complicità dell’economato che per anni non ha mai chiesto le pezze giustificative e la documentazione necessaria dei presunti viaggi del sindaco. Si andava avanti a “fiducia” e con la speranza che mai nessuno avrebbe ficcato il naso in questo losco affare.
Ma il precipitare degli eventi ha costretto il sindaco a correre ai ripari scaricando, così come ha fatto con Potestio, Cucunato e Pecoraro, le responsabilità dell’ammanco su Cirò, che resta complice del furto ma non il mandante.
Cirò dettagliava il percorso di ogni “prelievo” indicando a riscontro i numerosi viaggi “ufficiosi” effettuati dal sindaco, specie nei fine settimana, a Roma. Raccontava che il sindaco, non avendo disponibilità economica e non potendo usare carte di credito, si riforniva all’economato di somme in contanti che variavano dai 2000 ai 3000 euro, proprio per affrontare questi suoi segreti viaggi a Roma. Indicava date e forniva documenti di viaggio che attestavano quanto da lui sostenuto.
Non si mostrava reticente Cirò con chi l’ha interrogato. Anzi collaborava che era una meraviglia. Per interrogarlo era servito più di un anno ma finalmente qualcosa era uscito fuori. Non sappiamo veramente cosa serva di più per far sì che qualche magistrato onesto intervenga per fermare questa spirale di corruzione che asfissia l’economia della città. Sperare in un intervento della politica è solo tempo perso. Non resta altra da fare che votarsi a qualche santo nella speranza di un miracolo. Perché senza un miracolo da questa situazione non ne veniamo fuori. Voi ci credete ai miracoli? Noi per niente ma prendiamo atto che almeno oggi ci viene detto che dopo la chiusura delle indagini di giugno, a distanza di 4 mesi è stato chiesto il rinvio a giudizio di Occhiuto. Chissà che qualche cosentino si metta la mano sulla coscienza e nel segreto delle urne possa dare la lezione che si merita a questa gentaglia che ancora pretende di rubare i soldi dei cittadini.