L’opera meritoria della Terra di Piero non si discute. Come non si discute l’impegno sincero e la buona fede che muove ogni sua azione. Una coscienza alta che guida ogni gesto a favore di chi, per qualsivoglia motivo, si trova in condizioni di povertà o di emarginazione. Un vanto per la nostra città.
A cominciare da Canaletta che, anche se rimane un po’ antipatico, resta un uomo dal cuore bianco e grande. Un ragazzo corretto. Come sinceri e corretti sono tutti gli uomini e le donne che compongono questa realtà che più di altre, senza nulla togliere a nessuno, è riuscita a concretizzare gesti di solidarietà che hanno lasciato il segno.
La loro attività non si concretizza solo con le “grandi opere” (passatemi il termine), quali il Parco Piero Romeo, ma anche con una marea di piccoli gesti di solidarietà quotidiana che sollevano da sofferenze una umanità silente che nessuno vuole vedere. Roba che se non fosse antipatico (solo un po’), a Canaletta verrebbe di abbracciarlo e baciarlo. Anche se preferisco baciare qualcun’altra degli appartenenti a questa viva e allegra realtà tutta cosentina.
Gente che non chiude gli occhi di fronte a discriminazioni e razzismo. E che si adopera ogni giorno contro ogni forma di esclusione o barriere sociali. Oltre a quelle architettoniche. La loro non è un attività limitata a “sfamare chi ha fame”, ma soprattutto a diffondere quella sana cultura dell’inclusione e della solidarietà sociale, di cui non bisogna mai essere “abbutti”. E solo per questo loro mantenere viva questa fiamma, bisognerebbe dare loro un “Oscar” all’impegno e alla costanza.
Da quando sono attivi, molti sono i progetti che hanno sviluppato e portato a compimento. Anche fuori da Cosenza. In particolare nella Repubblica Centroafricana dove nel 2012 hanno costruito un pozzo, un asilo, ed una casa famiglia. Finita l’esperienza in Centro Africa, anche per l’inasprirsi della feroce guerra civile che in quel paese è in atto, il loro sguardo volge altrove.
Conoscono, attraverso l’esperienza che da tempo lì svolge Padre Fedele, la triste realtà del Madagascar. E come capita sempre, anche questa volta di fronte alla povertà non hanno girato la testa. E così dopo un primo sopralluogo avvenuto con un viaggio in loco, da parte della Terra di Piero, nel 2014 parte il nuovo progetto: un asilo con annesso refettorio e una scuola di cucito ad Antananarivo, Madagascar, nel quartiere di Ambohitrimanjaka.
L’associazione inizia così a destinare per quasi tutto l’anno 2014 una somma pari a quasi 1000 euro mensili, denaro necessario per completare la struttura già iniziata da padre Fedele e dalla signora Nerina (ex suora) malgascia d’origine che in questa impresa è la referente locale del progetto.
I lavori vanno avanti e presto l’opera è completata. I bambini di quel quartiere hanno finalmente la loro scuola. Grande è la gioia e la soddisfazione per questa impresa. Fatiche ripagate dagli sguardi felici dei bambini. Un altro progetto iniziato e portato a compimento.
Ma c’è un’ultima cosa da fare prima di chiudere il progetto: bisogna garantire alla struttura un lungo periodo di autonomia, prima che possa iniziare a “camminare” da sola. E parte l’operazione container. Che nel marzo del 2015, insieme ai rappresentanti della Terra di Piero, arriva ad Antananarivo.
Un container pieno di ogni ben di Dio e di tutto quello che serve per mandare avanti un scuola con tanti bambini per almeno un anno. Compresi pannelli solari, frigorifero, cucina. Ora, per la Terra di Piero può dirsi concluso il progetto. Ma fanno altro, destinando anche una piccola cifra mensile che serve per pagare le maestre che si occupano dei bambini.
L’asilo parte e tutto va bene. Fino a quando non giunge una telefonata a Padre Fedele che si trovava all’aeroporto di Parigi (stavano rientrando in Italia) che lo avvisa che ad Antananarivo, alla scuola ci sono problemi. Qualcuno ha fatto sparire gran parte del contenuto del container. Tutto quello che non era entrato nei “magazzini” della scuola era stato conservato presso un convento vicino all’aeroporto, di cui si era fatta “garante” l’ex suora Nerina. Ma non c’è rimasto niente. Tutto sparito: pasta, riso, latte, medicinali, abbigliamento, cancelleria. Si è salvato solo quello che era rimasto alla scuola.
Così, appresa la triste notizia, Padre Fedele ha deciso di rivolgersi alle autorità locali raccontando l’accaduto. Gli stessi investigatori, dopo la deposizione del monaco, arrestano l’ex suora Nerina, accusandola di aver venduto al mercato nero tutto il materiale destinato alla scuola dalla Terra di Piero.
Ma la vicenda non finisce qui. L’ex suora è accusata anche di aver “venduto” la scuola. Cioè di utilizzare la struttura per altro che non è la scuola. E per questo subirà un processo già fissato dalle autorità locali giorno 25 marzo. Ovviamente questa storia ha costretto la scuola a chiudere ed i bambini oggi sono ritornati di nuovo per strada. Una triste vicenda che dimostra come tutto il mondo è paese, e di come sulle sofferenze altrui, in questo sporco mondo, c’è sempre qualcuno che ci lucra.
GdD