Che fine ha fatto il Gattopardo? Che non è il remake del celebre “thriller psicologico” del 1962 diretto da Robert Aldrich, tra l’altro già magistralmente reinterpretato in chiave comica dal grande Totò. No, molto più prosaicamente si tratta di una semplice domanda che nasce dall’esigenza di capire se in qualche modo la sua “sparizione” dal suo ufficio al quarto piano della procura di Cosenza sia legata, o meno, alla pubblicazione delle intercettazioni, sul nostro sito, che lo riguardano in prima persona.
Già, perché è proprio da quando abbiamo pubblicato le intercettazioni di Ferdinando Aiello che si vanta di tenere per “le palle” il procuratore capo di Cosenza, che del Gattopardo si sono perse le tracce (Aiello al Gattopardo: hai rotto le scatole tu e Occhiuto). Intercettazioni dove l’ex deputato del Pd tratta a pesci in faccia il Gattopardo la cui sudditanza e sottomissione ai suoi voleri appare chiara. Le parole pronunciate dall’Aiello nei confronti del procuratore capo Gattopardo non lasciano spazio ad altre interpretazioni (checchè ne pensino i corrotti giudici di Salerno) e restituiscono al “lettore” il quadro reale della situazione in procura a Cosenza: la quasi totalità dell’ufficio del Gattopardo utilizza il proprio ruolo istituzionale per fornire alla “paranza massomafiosa” informazioni utili e coperture giudiziarie per portare a buon fine ogni genere di intrallazzo. A dire questo è Ferdinando Aiello, che nelle confessione, a sua insaputa, svela i retroscena di come funziona la Giustizia a Cosenza.
Aiello non solo tratta come l’ultimo dei garzoni da bottega il procuratore capo Gattopardo, ricordandogli “alla bisogna” che su quella poltrona “ce l’ha messo lui”, ma arriva addirittura a pretendere che imbastisca finte inchieste sui nemici della paranza (azione congeniale al Gattopardo che non si è mai sottratto a richieste di questo genere). Di più: chiede al Gattopardo di informarsi, utilizzando il personale di polizia giudiziaria a loro fedeli, sullo “stato di salute” di diverse inchieste condotte dalla Dda di Catanzaro, e di adoperarsi, inoltre, a trovare la “chiave” giusta per aggiustare i processi a Salerno (dove sono coinvolti Luberto, Gattopardo, Aiello). Il tutto chiesto con tono perentorio, che non lascia spazio ad altre interpretazioni se non a quella dell’evidente rapporto di subalternità del Gattopardo all’Aiello. Roba, insomma, che se fosse successa in un’altra città del mondo, come minimo, il procuratore capo sarebbe stato allontanato dal suo ufficio, quantomeno in via “cautelare”, in attesa di chiarimenti: non si può lasciare la guida di una “istituzione” così importante come la procura a chi è pesantemente coinvolto in un giro di corruzione così come dice Aiello. Ma siamo a Cosenza, e qui non si scandalizza nessuno, neanche di fronte a tanta evidenza. I cosentini sanno che la Giustizia a Cosenza è corrotta, ma accettano supinamente il dato. La paura di scontrarsi con personaggi di questo calibro, capaci di tutto, attanaglia l’intera città.
Ora, caro Gattopardo, sparito da oltre 25 giorni dal suo ufficio (si parla di ferie), veniamo a te con questa nostra per dirti che se sei sparito perché preoccupato di una qualche azione giudiziaria nei tuoi confronti, non stare in pensiero che non succede niente. Stai sereno (che non è detto “alla Renzi”) che non ti tocca nessuno. Del resto lo sai bene che è già tutto apparato. A Salerno è “apparata”, a Catanzaro è “apparata”, a Gratteri e a Lupacchini gli hai dimostrato chi comanda a Cosenza, Petrini oramai è un pazzo per tutti, e i tanti pentiti che ti chiamano in correità dichiarati inattendibili. Sei in una botte di ferro (che non è quella di Marco Attilio Regolo). Ritorna, non hai nulla da temere, a te non “ti ammazza nessuno (professionalmente parlando)”. Ritorna che c’è tanto da fare. C’è da imbastire ancora un po’ di inchieste su di noi e suoi tuoi nemici. Se poi non è questo il motivo delle tue forzate ferie, e magari ti sei nascosto per la vergogna, beh, allora restaci che è l’unica cosa (dignitosa) che puoi fare.