Robertino Occhiuto (e famiglia) story/3. L’assalto alle tv private dei poteri forti: da Rete Alfa a Ten

Dopo l’arresto di suo fratello Mario (https://www.iacchite.blog/robertino-occhiuto-e-famiglia-story-1-larresto-di-mario-il-palazzo-della-sanita-e-ten-finanziata-da-gatto/), Robertino abbandona per sempre l’ideale “cattolico” e si butta decisamente a destra, folgorato letteralmente sulla via di… Berlusconi, che proprio nell’estate del 1994 (quella dei 20 giorni di galera di Mario) annuncia la sua “scesa in campo” e il cui esempio di editore “illuminato” con le televisioni di Fininvest gli fa maturare la decisione di prendersi tutte le televisioni private di Cosenza per pianificare la sua scalata politica. E così, dopo aver fatto il consigliere della quinta circoscrizione e il consigliere comunale, è tempo di pensare al passaggio in Forza Italia e quindi alla Regione.

La chiave per entrare nel fantastico mondo dell’editoria si chiama Rete Alfa ed è una delle prime televisioni private di Cosenza. Non la prima, però, perché il “primato” spetta tra la metà e la fine degli anni Settanta a Telecosenza e a TeleUno, due “corazzate” la cui influenza arriverà fino alla stessa Rete Alfa prima di espandersi anche agli Occhiuto.  Sarebbe impossibile spiegare cos’è stata Rete Alfa se non la si inquadrasse negli incastri delle altre tivù private, quasi tutte espressione del potere politico locale e non solo. In pratica, è giunto il momento di rievocare, sia pure per sommi capi, la storia dell’emittenza privata cosentina, che non sarà certo quella di Tele Tauro,  Telespazio Catanzaro e di Video Calabria di Crotone, ma è altrettanto importante per capire meglio le dinamiche dei cosiddetti poteri forti, che ovviamente sono sempre fondamentali quando si tratta di gestire l’informazione.

In questo dà un grande contributo Massimo Emanuelli con la sua “Storia delle tv” all’interno della quale si trovano le informazioni essenziali per ricostruire l’era di Telecosenza e TeleUno, le prime televisioni private della Città dei Bruzi. Telecosenza ha una storia tutta particolare, così come quella di TeleUno del resto e nasce due anni prima.

TELECOSENZA

Telecosenza arriva nel 1975 fondata da Luciano Achito, imprenditore napoletano “specializzato” nella vendita di enciclopedie e libri scolastici, che ritroveremo molto presto nella nostra narrazione. Irradia i suoi programmi dal canale vhf 3 H1, e dai canali 22, 38 e uhf 56, con sede in via degli Stadi 68 a Cosenza. Il suo primo palinsesto propone film, telefilm, un telegiornale, spettacoli musicali, programmi per bambini, sport locale e il programma di Maurizio Seymandi Superclassifica Show, tra i primi prodotti berlusconiani disseminati per l’Italia.

Politicamente, Telecosenza è una creatura di Giacomo Mancini, che a Cosenza non ha certo bisogno di presentazioni. Leader del Psi, parlamentare in carica ininterrottamente dal 1948, più volte ministro e sottosegretario e anche segretario nazionale del partito prima dell’avvento di Craxi, nel 1976, che ha contribuito lui stesso a far eleggere. All’epoca di Telecosenza, Mancini, dunque, è ancora parlamentare e in piena attività sul proscenio nazionale e dunque molto impegnato per rivolgersi soltanto all’uditorio locale ma non fa mancare mai il suo contributo in termini di linea editoriale al telegiornale locale. Che è sostanzialmente lo spazio politico preparato dallo statista per il suo elettorato cosentino e ha naturalmente un suo importante seguito.

Ma in quegli anni Telecosenza spopola in città per una intelligente (e ruffiana) intuizione di Achito, tra il 1977 e il 1979 per la precisione, quando sui suoi schermi, in prima serata, va in onda la fortunatissima trasmissione “Il Lemonfiore”, una specie di parodia della celeberrima “Corrida” radiofonica di Corrado nella quale si cimentano talenti ma anche “schiappe” clamorose. E così se il cantante è stato bravo la gente gli può lanciare i fiori ma se ha cantato male, possono e devono partire raffiche di limoni. Il popolare cantautore cosentino Mario Gualtieri – recentemente scomparso – è il conduttore della trasmissione e naturalmente si ritaglia il suo spazio per cantare e fare lo showman, riscuotendo enorme successo. La sigla finale di quella trasmissione è la celeberrima “Zia Teresina”, un inno immarcescibile al buon vino, all’allegria e alla compagnia anche se il morale non è alto come dovrebbe. Se ci fossero stati i dati di ascolto, non c’è dubbio che “Il Lemonfiore” avrebbe polverizzato ogni record.

Con gli anni ’80 si riduce l’autoproduzione, in concomitanza con il declino politico di Giacomo Mancini, e così Telecosenza manda in onda alcuni programmi acquistati  dal circuito Grt, nel 1980 propone “I sogni nel cassetto”, programma condotto da Mike Bongiorno, prodotto e distribuito da Telemilano58 di Silvio Berlusconi, in pratica l’anticamera di Canale 5 e successivamente proporrà anche Playboy di sera, programma della Rizzoli. Telecosenza continua comunque a proporre un proprio tg e sport locale. Poi se ne va Achito e in pratica la televisione chiude i battenti. Ritornerà all’inizio degli anni Novanta ma sotto la direzione “totale” del vecchio Mancini, che la utilizzerà al meglio per vincere le elezioni comunali del 1993 che lo incoroneranno primo sindaco con elezione diretta. Quanto a Luciano Achito, come anticipato, lo ritroveremo molto presto a conferma di come siano intrecciate le vicende dei media cosentini.

TELEUNO

TeleUno nasce il 17 febbraio 1977, per iniziativa di Sandro Nicastro, imprenditore edile, fratello del magistrato poi a capo della procura della Repubblica di Cosenza, Oreste Nicastro. Quando si dice la lungimiranza.

Oreste Nicastro (terzo da sinistra)

Teleuno, decisamente molto di più di Telecosenza, è il volto del potere cosentino. La famiglia Nicastro è determinante per stabilire gli equilibri di forza alla fine degli anni Settanta quando si fa avanti la lobby di potere che ancora oggi avvolge Cosenza con i suoi tentacoli. Sandro Nicastro non è solo il patron di Teleuno ma figura tra i soci del leggendario ristorante-night-hotel “La Perla” di Cetraro, il crocevia del patto sporco tra mafia e stato deviato con il clan Muto. Ormai è storia, per quanto possa venire oscurata dai media di regime. E il rapporto con il clan Muto è “giustificato” dal fatto che a Cosenza, proprio in quegli anni e dopo l’omicidio del vecchio padrino Luigi Palerno detto ‘U Zorro, è esplosa una sanguinosa guerra di mafia tra i clan Perna-Pranno e Pino-Sena e la magistratura corrotta, con tutti i suoi scagnozzi, non può che cercare e trovare “protezione” con il potentissimo clan del “re del pesce” di Cetraro. 

TeleUno irradiava i suoi programmi dai canali uhf  26, 38 e uhf  39, la sede era in piazza Zumbini 47 a Cosenza, direttore dei programmi fu Gerardo Gambardella (giornalista catanzarese che poi passerà a Telespazio Catanzaro), cui succederà Luigi Pellegrini (pubblicista cosentino, fondatore dell’omonima casa editrice). Il capotecnico dei primi anni fu Agostino Conforti, l’alta frequenza venne impostata e seguita da Stefano Coli. il responsabile del reparto era Paolo Nicoletti, coadiuvato da Amedeo Scarpelli, Angelo Gaccione, Francesco Bevacqua e Riccardo Tucci. Il suo primo palinsesto proponeva film, telefilm, un tg locale (il famosissimo Teleunogiornale), cartoni animati, programmi per bambini, trasmissioni di folklore calabrese, la rubrica Domenica Sport a cura di Franz Balzano che dava ampio spazio alle partite di Cosenza, Morrone e Rende e anche qui il programma di Maurizio Seymandi Superclassifica Show.

Il Teleunogiornale è stato la prima alternativa al duopolio della temutissima Cronaca di Cosenza della Gazzetta del Sud, affidata al professore Raffaele Nigro e della Rai calabrese. Ma non era certo un’alternativa “libera”, poiché era più che mai funzionale alla lobby di potere del patron Nicastro e dei politici della Democrazia Cristiana di suo riferimento.

Dalla redazione di TeleUno passano molti professionisti noti della città di Cosenza come Elio Fata (poi al Tg regionale Rai della Calabria), Santi Trimboli (anche lui passerà presto alla Rai Calabria), Roberto Cimadori (triestino, collaboratore de Il Piccolo), Franco Cretella, Elena Scrivano (successivamente a lungo capo ufficio stampa del Comune di Cosenza), Franco Scervini e Anita Frugiuele (oggi avvocato nel foro di Cosenza). Il volto del tg è quello di Brunella Eugeni (poi passata al Tg regionale Rai della Calabria), mentre lo sport come si accennava è curato da Franz Balzano. Nella redazione sportiva si affacciano alla professione Paolo Greco (oggi capo dell’agenzia pubblicitaria l’Arca) e Federico Bria (oggi segretario generale BCC Mediocrati),

Il TeleUnogiornale, dunque, è una palestra per almeno due generazioni di giornalisti, che come ha scritto Emanuelli, poi passeranno alla Rai o assumeranno altri incarichi importanti. In queste righe di Emanuelli c’è un pezzo di storia del giornalismo calabrese. Il triestino Roberto Cimadori era l’uomo-macchina e il confezionamento del prodotto era affidato a lui. Cimadori, professore di Conservatorio con la passione del giornalismo, diventa subito voce e volto di Teleuno. Tocca a lui scrivere e leggere gli editoriali in un momento delicatissimo, con gli anni di piombo in pieno svolgimento e con la prima guerra di mafia a Cosenza. Equilibri difficili in un sistema di potere comunque consolidato, che proprio in quel periodo designerà Cosenza come zona franca. finta isola felice e sotto la diretta protezione del clan Muto di Cetraro, “federato” con la magistratura corrotta di Cosenza rappresentata plasticamente da Oreste Nicastro, legato a doppio filo a suo fratello Sandro, patron della “baracca”.

TeleUno trasmetteva su buona parte della Calabria e fino a primi anni ’80 si riceveva anche a Crotone. All’inizio degli anni ’80 viene ridotta l’autoproduzione e vengono proposti programmi prodotti da emittenti e da casa di produzioni del nord quali “Caccia al 13” condotta da Gianni Rivera, “Portami tante rose” condotto da Enza Sampò, “Grand Prix”, condotto da Andrea De Adamich, e “Dica 34”, condotto da Paolo Mosca.

Paolo Bruno

Dopo aver fatto parte del circuito Pin e del circuito Rete Blu, nel 1984, qualche anno dopo l’ascesa di Oreste Nicastro alla guida della procura di Cosenza, l’emittente cambia editore con quelle manovre tipo scatole cinesi, che iniziano ad affermarsi anche in Calabria. Sandro Nicastro cede ad una s.r.l. nell’orbita del Psdi, amministratore prima Guglielmo De Gregori e poi Giovanni Manes, che fanno riferimento al sottosegretario cosentino Paolo Bruno, famoso in tutta Italia per essere finito appena qualche anno prima nell’elenco degli iscritti alla loggia P2 in quota Licio Gelli e Silvio Berlusconi. Ed è la prova provata di certi legami e di certi intrecci a dir poco “coperti” e “deviati”. Ma sarà solo un breve interregno.

Dal 1985 l’emittente va definitivamente in crisi, avendo ormai esaurito il suo ruolo e i suoi obiettivi, nel 1987 dopo la prematura morte di Oreste Nicastro, entra nell’orbita del circuito di emittenti calabresi Vl7 e poco dopo TeleUno si affilia a Cinquestelle, l’autoproduzione è ormai inesistente e l’emittente finirà con il suo acquisto da parte di Vl7 di Lamezia di Francesco Grandinetti. Intanto, a Cosenza ecco pronta l’alternativa sia a TeleUno sia a Telecosenza. Si chiama Rete Alfa.

RETE ALFA

L’emittente nasce a Castrolibero, alle porte di Cosenza (gli spaziosi studi sono ubicati a contrada Andreotta), il 23 marzo 1985 per iniziativa di Luciano Achito (eccolo che ritorna), l’imprenditore-editore dall’inconfondibile accento napoletano e dal ciuffo ribelle sulla fronte, specializzato in libri scolastici. L’emittente irradia i suoi programmi dai canali uhf 32 e 54. Direttore responsabile e di rete è Luigi Troccoli, responsabile della programmazione Paola Militano (oggi editrice del Corriere della Calabria), responsabile del settore tecnico Angela Barone. Il primo palinsesto proponeva un tg con quattro edizioni quotidiane, programmi sportivi (il più noto Goal su goal con tutti i servizi del girone del Cosenza Calcio) e diversi programmi culturali.

Il deus ex machina sotto il profilo giornalistico è Attilio Sabato, all’epoca 28enne, proveniente dalla “palestra” delle radio private e proiettato alla ribalta televisiva dalla lungimiranza di Achito, che gli chiede molto “equilibrio” nelle vicende politiche, visto che a lui la televisione serve per “fatturare” e non per fare “opinione”. Del resto, il programma traino della prima Rete Alfa si chiama “Il Numerone”, è condotto dallo stesso editore Achito ed è un quiz sponsorizzato generosamente da qualche cliente “influente” dell’imprenditoria ma soprattutto da centinaia di piccole imprese cosentine. A ogni domanda corrisponde un numero: una patetica imitazione dei programmi nazionali con la “differenza” che dietro ogni casella del tabellone ci sono i “soldini” dello sponsor, che ovviamente crescono in misura esponenziale grazie alla diffusione del programma. Funziona molto bene anche la trasmissione del comico emergente Pino Gigliotti, che produce sponsor importanti, così come quelle sportive, alimentate dal buon momento del Cosenza Calcio, che nel 1988 ritorna in Serie B dopo 24 anni.

All’inizio degli anni Novanta la brutta malattia che consumerà in poco tempo Luciano Achito determina inevitabilmente un cambio di proprietà. Nel 1990 Rete Alfa viene rilevata da Carmelo Colonna, titolare del Centro Ortopedico Meridionale (che successivamente rileverà anche le nascenti Teleuropa e Telestars) e dall’ingegnere Pati, che uscirà dalla proprietà pochi anni dopo cedendola ad Antonino Gatto, il re della Despar, e Vincenzo Nicastro (nipote di Sandro Nicastro, il fratello del defunto procuratore Oreste: eccolo che ritorna anche lui!), In pratica, c’è già la longa manus dei fratelli Occhiuto, ancora molto giovani, ma già particolarmente “sgamati” e rampanti per il loro irrefrenabile desiderio di arrampicarsi nella società corrotta cosentina attraverso la politica e gli affari.

Nel 1994 Rete Alfa trasferisce la propria sede a Rende ed ottiene dal Ministero delle Telecomunicazioni la concessione per operare come emittente subregionale, e così nel 1996 si perfeziona l’operazione auspicata da Robertino Occhiuto sul modello (con le dovute proporzioni) del suo nuovo idolo Silvio Berlusconi. I fratelli Occhiuto rilevano da Carmelo Colonna Rete Alfa, Teleuropa e Telestars e sono a tutti gli effetti i “padroni” dell’emittenza privata cosentina, che piegheranno alle loro esigenze politiche e affaristiche.

Mario e Roberto Occhiuto entrano direttamente nella società capofila dell’operazione, che è Ten Teleuropa Network e affiancano i faccendieri Antonino Gatto (al quale gli Occhiuto hanno fatto guadagnare parecchi soldini con la truffa miliardaria del Palazzo della Sanità) e Vincenzo Nicastro, sistemando il loro quartier generale a contrada Cutura di Rende. Il direttore “pupazzo” prescelto è Attilio Sabato, proveniente da Rete Alfa. Toccherà a lui, insieme a Ciccio Dinapoli (recentemente scomparso), che arrivava invece da un’altra emittente, Cam Teletre, di ispirazione cattolica, confezionare telegiornali e produzione giornalistica al servizio delle ambizioni del giovane bamboccio Robertino Occhiuto e di suo fratello Mario, già “azzoppato” due anni prima dalla vicenda giudiziaria degli appalti truccati all’ospedale dell’Annunziata. Ben presto, Rete Alfa e Telestars “spariscono” perché è del tutto evidente che il progetto degli Occhiuto è quello di rendere Ten la televisione di famiglia. E così sarà. 

Robertino, classe di ferro 1969, a 27 anni, nel 1996, dopo aver preso la laurea (ché un buon politico la deve avere) bivacca costantemente nei capannoni di contrada Cutura di Rende che da contenitori di frutta e ortaggi (del padre…) sono diventati “ricettacolo” di giornalisti e aspiranti tali, tutti indottrinati alla causa degli Occhiuto dapprima sotto le insegne di Rete Alfa, Ten e Telestars e poi sotto l’unico “ombrello” di Ten grazie ai soldini di Tonino Gatto, re della Despar.

Il modello ovviamente è Fininvest e di conseguenza Canale 5, Italia 1 e Rete 4, e non si può certo dire che Robertino non si butti in questa storia anima e corpo, pur con tutti i suoi limiti, per imitare il suo nuovo “idolo”. I suoi biografi scrivono che ha assunto il ruolo di “direttore generale” di questo gruppo, denominato Media Tv, ma soprattutto ha “lavorato” per creare i presupposti del suo ingresso in Forza Italia, con conseguente candidatura alla Regione. Siamo ormai nel 2000 e Robertino, superata la soglia dei 30 anni, è pronto per il grande salto a sostegno della candidatura di Giuseppe Chiaravalloti. Con 9.000 preferenze entra trionfalmente nel Consiglio regionale risultando il più giovane consigliere regionale della banda di Berlusconi. 

Un anno dopo – non si capisce come… – diventa giornalista pubblicista ma nel 2002, a seguito dell’acuirsi della faida con i fratelli Gentile, non ancora Cinghiali ma parecchio “pesanti”, naturalmente alimentata dalla televisione di famiglia usata come “clava”, è costretto a sloggiare da Forza Italia perché nel frattempo è arrivata una clamorosa richiesta di espulsione nei suoi confronti. Ma di questo scriveremo nella prossima puntata.