(Roberta Labonia) – “Son contento di sapere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda”. Lo ha detto il leader del Partito Democratico Enrico Letta a proposito del caro energia rispondendo alla numero uno di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni durante il confronto che ha carinamente organizzato fra i due il direttore del Corsera Luciano Fontana.
I primi riscontri circa l’andazzo dell’evento parlano di clima disteso e pacato fra i due protagonisti. Insomma, più che di un confronto fra due leader di blocchi contrapposti sembra si sia trattato di un minuetto.
E, a ben pensare, non poteva che essere così. Che cosa divide politicamente il capo politico della prima forza politica di sinistra e l’urlatrice della destra italiana? Ben poco, a parte la diversità di vedute, almeno dichiarata, in materia di immigrazione e diritti civili.
La ciccia che vede i due “sulla stessa lunghezza d’onda”, per usare l’espressione del piddino, è ben più corposa ed attiene ad una visione marcatamente neoliberista che pone il mercato e le sue regole al di sopra della funzione regolatrice dello Stato, anche quando, come spesso accade, questo nuoce gravemente all’interesse della collettività. La speculazione (ingiustificata), innescata dalle multinazionali energivore che le famiglie stanno subendo in questi ultimi mesi sulle loro tasche, ne sono la prova lampante.
E ancora, il Pd e FdI sono allineati anche in politica estera. Entrambi sono acriticamente atlantisti. Ne hanno dato prova con la crisi russo-ucraina accettando supinamente, insieme a Draghi, la linea del riarmo Usa e le sanzioni, anche quando era evidente che queste avrebbero messo in ginocchio l’Italia e l’Europa intera, non certo gli americani. E si che la Meloni avrebbe dovuto svolgere un ruolo d’opposizione!.
Dovrebbe essere chiaro ad ogni elettore attento che entrambi, i leader del Pd e FdI Letta e Meloni, a parte le schermaglie di facciata sono asserviti alle élite del capitale e della finanza. Entrambi sono supini ai desiderata di Confindustria di cui da sempre sono i portatori di interesse e in nome dei quali l’ “uomo di sinistra” Letta è disposto a digerire anche le pesanti pulsioni autoritarie che animano la “Giorgia daaa Garbatella” dal passato fascista.
Non è un caso se il santo protettore delle multinazionali italiane Bonomi si spella le mani per applaudirli entrambi.
Cosa che ad esempio, non ha mai fatto quando Giuseppe Conte era a Palazzo Chigi. Fatevela una domanda.
Ed infine, non lasciatevi ingannare dalle finte battaglie sul Redditi di cittadinanza e sul salario minimo portate avanti con la sordina inserita dal Pd: se Meloni ne invoca l’abolizione tout court, Letta ne invoca la “rimodulazione” e il modello di salario minimo accroccato alla bene e meglio dal suo ministro Orlando (per non lasciare campo libero alla battaglia, quella sì autentica, portata avanti dal MoVimento 5 Stelle sul salario minimo legale), è un pannicello caldo per gonzi.
Giorgia ed Enrico sono nemici di facciata ma intimamente legati dall’obiettivo di mantenere in Italia lo status quo, in nome delle logiche capitalistico finanziarie che in 30 anni hanno fatto dell’Italia il Paese europeo con il più alto tasso di disuguaglianze sociali.
Quello a cui si è assistito non è stato un confronto fra due leader portatori di visioni politiche contrapposte, meglio definirlo prove tecniche di inciucio.