Omicidio Bergamini story, 48^ udienza. Il dito medio di Dino Pippo Internò, Raoul Bova e il “pappagallo” sulla spalla (del cronista)

Il breve rinvio della sentenza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini (dalla fine di luglio al 1° ottobre con requisitoria, conclusioni e arringa a settembre) non ci impedisce affatto, anzi ci agevola nella necessaria, LUNGA e indispensabile opera di ricostruzione delle fasi salienti del processo. 

5 LUGLIO 2023 – 48^ UDIENZA

Alla fine della movimentata 48^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, i cronisti cercano di “intercettare” Dino Pippo Internò per immortalare la sua nuova immagine a 34 anni di distanza da quella che vediamo nel funerale del calciatore.

Dino Pippo Internò, classe 1967, diplomato all’Istituto Agrario, oggi è una guardia giurata dipendente della Codis, lo stesso istituto di vigilanza che ha vinto l’appalto per il Tribunale di Cosenza. Il paradosso è che il soggetto potrebbe addirittura prestare servizio nello stesso “palazzaccio” nel quale ieri ha appreso di essere indagato insieme alla cugina Isabella Internò per concorso in omicidio volontario. Ma per fortuna chi comanda l’istituto di vigilanza almeno ci ha risparmiato questa deriva e lo fa “lavorare” davanti alla Trony, su via Panebianco, dove c’è un piccolo centro commerciale.

Per tutta la giornata, dalle 9 e mezza del mattino, Dino Pippo Internò se n’è rimasto fuori dall’aula ad attendere il suo turno per testimoniare dopo il carabiniere Pappalardo, suo cugino Pietro Casciaro e sua moglie Antonella Raimondo.

Francesco Patitucci

E la giornata non era cominciata per niente bene perché Vincenzo Pappalardo, carabiniere che nel 2012-2013 condusse indagini sul caso, ha rivelato un particolare che non farà certamente piacere al “tenebroso” cugino della mantide di Surdo. In particolare, Pappalardo dichiara che è agli atti un’informativa del 2013 nella quale emerge un controllo stradale dell’auto del boss di Rende Francesco Patitucci, all’interno della quale il “mammasantissima” oggi al 41 bis, si trovava in compagnia di un suo “picciotto” Francesco Gentile ma soprattutto dei due fratelli Dino Pippo e Roberto Internò. Eh sì, se Roberto qualche mese fa aveva tagliato corto riferendo che nel corso di quel controllo i carabinieri avevano fermato la macchina con Patitucci e Gentile mentre discutevano con lui ed il fratello che nel frattempo facevano “giardinaggio”, ieri Pappalardo ha detto con estrema chiarezza che il boss Patitucci e il suo guardaspalle viaggiavano proprio insieme e nella stessa auto. Ma a Cosenza e soprattutto a Rende tutti sanno che gli Internò sono di Santa Chiara, la stessa contrada dove viveva Patitucci e i loro contatti “amichevoli” li conoscono anche le pietre, con decenza parlando.Dopo la testimonianza sconcertante di Casciaro, che a momenti non si ricorda manco come si chiama e che “maledice” quel fotografo che l’ha beccato al funerale e quei giornalisti che l’hanno riconosciuto, la signora Antonella Raimondo, che pure passa per “dritta” e finanche per furba, evidentemente nel corso degli anni non lo è stata perché le sue intercettazioni fatte ascoltare in aula danno ancora altre mazzate al “sistema” familiare degli Internò. Da una parte il clamoroso lapsus freudiano che le fa dire in una telefonata con la cognata che uno degli assassini è lo zio di Pippo ovvero Franco Internò, padre di Isabella. Una circostanza che neanche noi – tanto per dirne una – abbiamo mai azzardato nel corso di questi anni, anche perché “Mastru Franchino” è deceduto prima della riapertura delle indagini e di conseguenza non aveva molto senso “coinvolgerlo” direttamente essendo passato a miglior vita. Si è sempre parlato, invece, dei due cugini che accompagnavano la mantide – che invece sono ancora vivi se non proprio vegeti… -, ma dello zio Franco no, proprio no e questa circostanza sentita dalla “soave” voce della moglie di Dino Pippo il “tenebroso” era stata musica per le nostre orecchie ma anche una mazzata per tutta la famiglia.

Per non parlare poi del siparietto intercettato con il sottofondo dei grugniti del marito quando lei, per sfuggire – secondo ‘a capu sua – ai carabinieri che la intercettavano, si lancia nel chiedere al marito se aveva visto “Raoul Bova” alla televisione e quando si sente rispondere che ha visto Pietro (Casciaro) non esita neanche un attimo a chiamare “strunzu” e “ciuatu” il suo stesso compagno, che comunque è stato veramente un “dilettante” a farsi fotografare in prima fila al funerale del calciatore che ha comunque contribuito in qualche modo ad ammazzare insieme alla cugina.

No, non è proprio una bella giornata quella di ieri per Dino Pippo Internò, che quando – finalmente e dopo ore di attesa – prende posto sulla sedia dei testimoni, apprende anche di essere indagato per concorso in omicidio volontario in un altro procedimento collegato e quindi che deve scegliersi un avvocato di fiducia e decidere se vuole comunque testimoniare da indagato in questo processo o avvalersi della facoltà di non rispondere. Una decisione comunque difficile.

E mentre tutti questi pensieri gli affollano la mente e la presidente Lucente dichiara sciolta l’udienza, ecco che Dino Pippo si appresta ad uscire dal Tribunale. Si ferma alla “reception” dove i suoi colleghi gli riferiscono che i cronisti si sono messi già fuori per attenderlo e indugia un po’, sperando che magari si dirigano verso l’uscita di servizio in maniera tale da fregarli scappando dall’uscita principale. Ed è proprio questa la decisione finale di Dino Pippo e della moglie, che provano a buggerare i cronisti ficcanaso proprio dalla porta principale. Operazione fallita perché i cronisti hanno capito il “movimento” e lo intercettano ugualmente mentre si mette al volante della sua macchina e va via con la moglie.

Agli annali resteranno due frame dell’indomito servitore della Codis: il ghigno di sforzo mentre fa manovra ma soprattutto il dito medio che mostra a Bruno Palermo di Sky Sport quando lo vede dietro alla telecamera nell’atto di riprenderlo. Forse avrà anche pensato, un attimo prima, a fermare la macchina, a scendere e magari a dare due “pizze” a quel cronista che non si fa i cazzi suoi. Ma dietro la macchina ci sono almeno altri due cronisti che stanno aspettando solo questo e non vedono l’ora di dargliele a lui le “pizze” e allora si raccoglie la coda nelle gambe e sgomma via dal “palazzaccio” con le ossa rotte e… senza cirasi come diciamo a Cusenza.

Ma l’aspetto più pittoresco e se volete anche un po’ malinconico dell’udienza di ieri è la presenza in aula di un altro cugino della mantide di Surdo, Francesco Arcuri detto Ciccio, marito della defunta Giuliana, abbastanza “segnato” dal passare degli anni. Alla fine la sua testimonianza è saltata perché sono state acquisite le sit, ma lui – Ciccio – vuole comunque dimostrare la sua vicinanza alla famiglia, forse ricordando lo “show” del quale si era reso protagonista a Trebisacce, al processo in Pretura contro il camionista Pisano, dove la mantide aveva testimoniato. Ciccio in quell’occasione era l’accompagnatore ufficiale di zia Cettina, la mamma della Internò e aveva cercato di mostrare i denti a chi dava fastidio alla sua “cuginetta”. Ieri, dalle retrovie dello spazio riservato al pubblico, come se nessuno lo vedesse, s’è lanciato nel fare alcuni gesti alla moglie di Dino Pippo, tipo un dito alla tempia (come a dire: ragiona con la testa…) e un pollice alzato forse per darle coraggio.

Ma a dire il vero, la sua presenza alla fine s’è rivelata molto più macchiettistica che di supporto e così passerà agli annali del processo Bergamini un’immagine eloquente che ancora adesso ci regala un sorriso. Ad un certo punto dell’udienza, Arcuri quatto quatto ha “guadagnato” una posizione strategica sull’estrema destra della grande aula immediatamente dietro al giornalista al servizio della famiglia Internò, che ieri sfoggiava un vistoso paio di occhiali da sole neri… E così vedendo la testolina piccola di Ciccio Arcuri dietro alla figura del giornalista “amico” con occhiali neri in direzione proprio della spalla, è stato impossibile per chi vi scrive non ritornare al “flash” del pirata con il “pappagallo” (ammaestrato) sulla spalla. Tanto caro a chi, da ragazzino, ha letto i libri di Stevenson o visto il celeberrimo film dell’Isola del tesoro con l’annesso canto di quindici uomini sulla cassa del morto… e una bottiglia di rum.

La gamba di legno, l’uncino, le bandane, le barbe, ma soprattutto quella benda sull’occhio (ieri incredibilmente rievocata dagli occhialini neri del cronista) sono alcuni dei tratti tipici del pirata caraibico che imperversava nei mari delle Antille tra Seicento e Settecento, senza dimenticare il più importante di tutti: il pappagallo, come animale di compagnia. Personaggi come Long John Silver, nato appunto dalla penna di Robert Louis Stevenson, avevano sempre un pappagallo con se. Sulla spalla soprattutto, ma anche in gabbietta a volte. Non si trattava di una geniale invenzione letteraria: nell’età d’oro della pirateria c’erano davvero, e accompagnavano i pirati o se volete i corsari o i filibustieri nelle lunghe traversate sul mare. Da un’isola all’altra, da un veliero all’altro, le giornate passate navigando erano tante, e molto noiose. E allora, un compagno simpatico, che non chiedeva troppo cibo, che non necessitava di spazio, sgargiante e divertente era proprio il benvenuto. Il pappagallo, così, si prestava alla perfezione a questo compito.

Certo, la vita dei parenti di Isabella Internò è sempre più dura, anzi durissima ma ogni tanto riescono anche a strapparci un sorriso. Amaro certo, ma sempre un sorriso. Dedicato sempre e comunque a Denis, che da lassù non si starà perdendo un secondo di questo processo.