Asp Cosenza, la sanità ai tempi di Occhiuto. Fra’ Remigio Magnelli continua la sua scalata

È del 31 agosto la nomina di Remigio Magnelli (per i lettori di Iacchite’ Fra’ Remigio da Varagine, il celeberrimo frate intrallazzone de “Il nome della Rosa” di Umberto Eco) a Direttore amministrativo dell’Asp di Cosenza. Delibera n° 1882 a firma del direttore Antonio Graziano, per gli amici Antonello Strafalaria.
Dal 17 maggio 2022 ricopriva la funzione di Direttore del Dipartimento Amministrativo, prima ancora è stato per anni il capo del Dipartimento del Personale. Ora la nomina (l’ennesima promozione) lo porta in un ufficio ancora più nevralgico e ancora più importante.

Eppure, non si può certo dire che Remigio Magnelli non abbia avuto “noie” con la giustizia, tutt’altro… Ma evidentemente all’Asp di Cosenza invece che essere degli impedimenti sono delle “referenze”, altrimenti non si spiega.

Ma chi è Fra’ Remigio Magnelli? Noi lo abbiamo ribattezzato così ormai da anni in onore del personaggio squallido e beone descritto da Umberto Eco nel “Nome della Rosa”.

Fra’ Remigio da Varagineex dolciniano eretico, stava in convento a rimpinzarsi “la pancia e la verga”. Era un ignorante di potere.
Fra’ Remigio Magnelli non era un dolciniano eretico ma proveniva dalla Balena bianca ossia la Democrazia Cristiana e dalla Cisl (si dice che un tempo sia stato addirittura misasiano…), ma ben presto si è convertito al Cinghialesimo, nel senso che è diventato il factotum del Cinghiale, al secolo Tonino Gentile, il ras più importante della sanità cosentina.

Remigio Magnelli ha continuato incredibilmente a dirigere l’Ufficio Personale dell’Asp di Cosenza (un posto strategico per l’ufficio di collocamento dei politici corrotti) nonostante la condanna in primo grado inflittagli dal Tribunale di Cosenza. Un anno di reclusione per abuso di ufficio. Cosa aveva fatto Remigio? Aveva attestato falsamente che non vi erano professionalità interne al fine di favorire l’assunzione illegittima di Michele Fazzolari, altro noto colletto bianco della sanitò cosentina. La legge 39 del 2013 meglio nota cone legge Severino parla chiaro: chi è stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione deve essere retrocesso. Quindi, doveva essere il dott. Alberto Siciliano, incensurato, a ricoprire quel ruolo. Ma non c’è stato verso. Nel frattempo, per non saper né leggere e né scrivere, l’Asp gli ha riconosciuto persino i soldi del periodo nel quale non aveva fatto ricorso e lui era rimasto abusivamente al suo posto. Citiamo solo questo caso-limite perché ci sono ancora altre vicende giudiziarie che vedono protagonista Fra’ Remigio.

Nessuno, però, osava toccare Magnelli. Non lo aveva fatto Filippelli e non lo aveva fatto Mauro, che è uomo di mondo e “fratello” dei fratelli, ha capito l’aria che tirava e non voleva rischiare nulla. Anche perché l’avvocato Silvia Cumino, responsabile anticorruzione dell’Asp, che aveva segnalato il caso a Cantone, com’era suo dovere, e aveva pagato l’affronto con la rimozione dall’incarico: non si disturbano i manovratori.

Magnelli, ovviamente, oltre ad essere un fedelissimo del Cinghiale nel suo regno della sanità, non veniva cacciato a calci nel sedere per una serie di precise ragioni.
Come successe del resto per il suo predecessore, il dottore Bellusci (più volte indagato), che non si sapeva quanti cedolini mensili di pagamento avesse in nero. Era insostituibile perché aveva cablato il servizio e lui e solo lui poteva capirci. Solo quando era ormai in odor di pensione, il fido Magnelli venne affiancato al Bellusci per essere istruito nei vari malaffari orchestrati dal Cinghiale. E così è accaduto lo stesso per il Magnelli.

Poi, improvvisamente, a febbraio 2021, nella tragicomica operazione della procura gattopardesca di Cosenza denominata altrettanto tragicomicamente “Sistema Cosenza”, Magnelli viene messo per sei mesi al divieto di dimora tra le risate generali.. Eh sì, perché appena sei mesi dopo, a luglio 2021, complice la revoca della misura cautelare da parte della Cassazione, è trionfalmente tornato negli uffici di via Alimena addirittura promosso a distanza di neanche un anno (maggio 2022) a direttore del Dipartimento amministrativo cioè a capo di TUTTI gli uffici amministrativi. Occupando, quindi, nuovamente anche il suo vecchio ufficio di capo del personale (quello che lo aveva sostituito, tale Pasqualino Montilli da Rossano era stato già cacciato a calci nel sedere), non solo come se nulla fosse accaduto ma come se il “problemino” giudiziario fosse stato un ulteriore trampolino di lancio per la sua squallida carriera di faccendiere al soldo della massomafia. Un trionfo. Con tanto di aggressioni… (https://www.iacchite.blog/lettere-a-iacchite-cosenza-remigio-magnelli-mi-ha-aggredito-nei-corridoi-dellasp/). 

Oggi arriva l’apoteosi: Magnelli è arrivato addirittura al ruolo di Direttore amministrativo. E’ del tutto evidente che a Cosenza conviene delinquere. Riepiloghiamo per una migliore comprensione dei fatti: sei condannato in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione e vieni promosso direttore di unità operativa complessa! Sei rinviato a giudizio e sospeso per 6 mesi dal servizio? Vieni reintegrato e nominato capo del Dipartimento Amministrativo. Continui ad essere indagato e vieni promosso Direttore amministrativo! Praticamente dopo il direttore generale c’è lui. Per il momento… in attesa di diventare direttore generale per poter andare in pensione a 70 anni (lui è un classe ’59, quindi gli servono ancora un po’ di anni) e con più soldi.

Da ieri, dunque, Fra’ Remigio ha salito un altro gradino della sua veloce carriera. Fra due anni e qualche altra indagine verrà nominato direttore generale in maniera da arrivare trionfalmente alla pensione. Minchioni noi…

Da questa vicenda possiamo trarre almeno tre lezioni. La prima è una sonora bocciatura alle politiche di Occhiuto sulla sanità che a parte lustrini e coccarde esterne non è riuscito (o non ha voluto), intaccare la struttura vera con i suoi interessi e referenti. Le famiglie e i potentati che per anni hanno lucrato sulla sanità mantengono la loro forza grazie ai semi gettati in questi decenni, noncuranti dei cambiamenti. La seconda è che le inchieste hanno avuto risultati esigui se non addirittura nulli e d’altra parte non erano state costruite per durare.

La terza è che Cosenza e la sua Asp restano un unicum, un centro di potere che seguendo la logica di Reggio Calabria e persino di Catanzaro dovrebbe (al pari di queste) essere sciolta, ma non lo sarà. Al pari, tuttavia – e questo bisogna riconoscerlo – di quella di Vibo Valentia, che – se possibile – è ancora più infestata di massoni deviati.

In tutto questo il governo nazionale è corresponsabile poiché è di questi mesi la notizia secondo cui si potrà approvare un bilancio anche se i precedenti non lo sono. Un obbrobrio sotto tutto i punti di vista che però permetterà ad Occhiuto di avere una copertura giuridica senza dover approfondire e cambiare davvero nulla. A testimonianza del potere diretto che hanno la Calabria, i suoi referenti e i suoi interessi con Roma.