Oggi vogliamo raccontarvi la storia di un piccolo, ma pervasivo, potere conquistato da un piccolo, ma pericoloso, personaggio di questa città.
Un piccolo potere conquistato con un iniziale e ingannevole low profile, parlando di architettura e di bellezza, citando Dickens in articoli scritti da chissà chi, ma tessendo, nell’ombra, una sempre più fitta trama di intrallazzi politico-economici con imprenditori più o meno in odor di ‘ndrangheta, lobbies, massonerie, poteri forti, pezzi di magistratura e di forze dell’ordine, monconi del PD che fingevano di essere all’opposizione e che, invece, facevano affari con lui.
Del resto aveva vinto, al ballottaggio, grazie ai voti di una parte del PD, quella di Adamo e Bruno Bossio.
L’architetto Mario Occhiuto ha instaurato un potere mediocre e modesto come la sua provenienza sociale, grigio come il suo confuso sapere, ma metastatico, che ha, subdolamente e pervicacemente, contagiato quasi tutte le cellule della città, anche quelle, apparentemente, più lontane da un punto di vista politico e culturale.
Basti pensare all’arrendevolezza dimostrata nei confronti di questo morbo occhiutesco da parte di quei sedicenti, e sempiterni, antagonisti che, alla spicciolata, sono giunti alla sua corte per un tozzo di concerto, per qualche spicciolo di rappresentazione teatrale, per un assaggio di mostra con degustazione, per l’accenno di presentazione di un libro o di un film.
Per non parlare dei cosiddetti intellettuali che, se si escludono rarissime eccezioni, non hanno detto una sola parola a proposito delle nefandezze perpetrate dal nostro incolto uomo di potere: guide turistiche contenenti errori marchiani, ma pagate profumatamente, ridicole celebrazioni e feste alariciane che saranno ricordate solo per i soldi sprecati ed il disdoro (nazionale ed internazionale) di averle realizzate, volgari luminarie in ogni dove, deturpazioni di piazze e piazzette, stagioni teatrali da strapaese, manifestazioni artistiche di infimo livello, ristrutturazioni di monumenti da denuncia penale, totale e colpevole incuria del centro storico che nel frattempo è sempre più in pezzi, progettazione di un museo (quello di Alarico) per costruire un ennesimo contenitore senza contenuti, et cetera et cetera.
Nessuno che abbia mosso neanche una critica costruttiva: tutti zitti, cari sedicenti intellettuali di sinistra che ora siete in sonno, come vi capita spesso, o siete schierati per un candidato, Formisani, e per un “rassemblement” privo di programmi credibili e, soprattutto, di futuro elettorale e politico.
Siete duri e puri, voi, ma non si è sentito nessuno di voi, ad esclusione di una o due eccezioni, criticare l’orrendo restauro e l’uso improprio del Castello Svevo; nessuno di voi che abbia detto che il progetto di Piazza Fera era inconcepibile da un punto di vista urbanistico, insostenibile da un punto di vista economico e inguardabile da un punto di vista estetico; nessun che abbia avanzato un dubbio sul gusto delle cosiddette opere d’arte di cui Occhiuto ha disseminato la città.
Nessuno di voi -schierati con il duro e puro Formisani- che, in questi anni, abbia osato dire che la stagione teatrale del Rendano era di infimo livello, affidata, com’era, ad una ex modella-velina, tale Isabel Russinova.
Nessuno di voi che abbia detto e scritto che la città, nelle mani di Occhiuto, si stava trasformando in una perenne e volgare discoteca con annesse griglierie e lounge bar per aperitivini.
Non avete detto nulla prima e non avete detto nulla neanche durante la campagna elettorale, siete stati egemonizzati dalla subcultura occhiutesca o, peggio, siete troppo pavidi per esprimere un’opinione contraria a quella dell’ex sindaco.
Occhiuto, però, non ha fatto tutto da solo, ha sgovernato senza un’opposizione politica, sociale e culturale, ha sgovernato grazie ad un consiglio comunale nel quale non c’era opposizione.
Dov’era l’opposizione, dov’è stato il PD in questi cinque, lunghi, anni? Quali decisioni, piccole o grandi che fossero, ha contrastato il maggior partito dell’opposizione a Cosenza? Per quale motivo il PD ha fatto, persino, eleggere Occhiuto Presidente della Provincia più a sinistra della Calabria? Pensano che gli elettori dimentichino che in città il PD è stato, quasi fino alla fine della consiliatura, silente e connivente di Occhiuto?
Hanno iniziato a costruire, qui a Cosenza, il Partito della Nazione con i pezzi ed i bocconi, amari, dei partiti di centrodestra e gli irriducibili ex bersaniani – Oliverio, Guccione, Adamo, Guglielmelli, Bruno Bossio – sono saltati, tutti, sul carro del vincitore Renzi e, subito, hanno aderito alla campagna del sì al Referendum sulla Costituzione senza esitazione, senza vergogna alcuna. Perché?
Occhiuto, dunque, è stato capace di costruire uno scolorito potere che ha permeato e ammorbato tutta la società cosentina, ha involgarito gli animi, ha abbassato il livello politico e culturale della città: basti vedere e, soprattutto, sentir parlare lui e i suoi accoliti, per cogliere la totale assenza di spessore culturale, umano e, persino, di art de vivre che li contraddistingue.
Un piccolo potere, pervasivo è vero, ma un potere apparentemente piccolo e grigio che Occhiuto ha esercitato conformemente alla posizione da petit bourgeois finalmente conquistata.
Come tutti i parvenus, in un primo tempo ha usato il potere con qualche timidezza, poi con sempre maggiore sicurezza, fino a farlo, negli ultimi anni, con volgare arroganza: un “Pallone gonfiato”.
In questi ultimi anni si è molto parlato, a seguito dell’attribuzione dell’Oscar a Sorrentino, della bellezza dell’Italia e, in particolar modo, della grande bellezza del nostro patrimonio storico che, però, continua a registrare, ogni giorno, una perdita, un lutto senza che il governo e la classe dirigente intervengano in maniera risolutiva e permanente.
Nessuno di coloro i quali, ai livelli più alti delle nostre Istituzioni, hanno gioito per il riconoscimento al film italiano si prende la responsabilità di costruire, non solo le strutture e le infrastrutture materiali per rendere efficiente la nazione, ma neanche la non meno gravosa responsabilità di ricostruire le strutture e le infrastrutture immateriali dell’identità, del senso di appartenenza, individuale e collettivo, all’Italia, alla storia e alla cultura del nostro Paese.
A Cosenza l’assenza di questa assunzione di responsabilità è ancora più evidente perché si è accettato, senza una vera opposizione culturale e morale, tutte le brutture sopra elencate, brutture lontanissime dall’essenza della nostra identità.
Il compito fondamentale che deve svolgere il patrimonio culturale è quello di risvegliare nell’anima degli italiani e, in questo caso, dei cosentini la capacità di riconoscere la bellezza insieme alla piena consapevolezza dell’importanza che hanno il proprio passato ed i valori simbolici ad esso collegati.
L’abitudine alla bruttezza cui ci ha costretto Occhiuto ha generato, invece, disarmonia, incuria e disordine, incapacità di distinguere il bello dal brutto, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto. La bruttezza produce assuefazione all’assenza di regole estetiche e morali, e può generare, come nel caso della grande quantità di orrori cosentini, una grande bruttezza.
Sì, l’opera ed il pensiero di Occhiuto hanno prodotto, per quasi un quinquennio, una Grande Bruttezza, fisica e morale. Ed è arrivato il momento di liberarcene. E per sempre.