(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – “La sera andavamo da Pastation”. Il romanzo della love story tra Salvini e la famiglia Verdini potrebbe intitolarsi così: la relazione tra Matteo e Francesca è iniziata nel 2019 con gli incontri nel ristorante-pastificio aperto a Roma dal fratello Tommaso, primogenito di Denis, l’ex tuttofare berlusconiano. L’amore è lievitato tra le indagini: l’arresto di Tommaso Verdini è l’ultima macchia sull’album di famiglia, dopo la trafila giudiziaria del papà (pure lui ai domiciliari, con due condanne definitive sulle spalle).
Per il leghista non è un bel Natale, al di là delle foto sorridenti col panettone e la fidanzata. Le colpe di suoceri e cognati non ricadono su Salvini e nemmeno su Francesca, che di mestiere fa la produttrice cinematografica e con i guai dei parenti non ha a che fare. Ma tra Matteo e Denis, oltre al legame familiare acquisito, c’è un rapporto di stima e collaborazione politica lungo almeno quanto la storia d’amore con la figlia. La notizia dei domiciliari a Tommaso aumenta la tensione attorno al leghista. Anche a Palazzo Chigi infatti è scattato il campanello d’allarme per l’inchiesta e per un ipotetico coinvolgimento politico di Salvini (e non giudiziario, perché il ministro è totalmente estraneo alle indagini). Nello specifico si ricorda di quando, questo autunno, proprio Salvini aveva firmato un decreto per dare al commissario straordinario della Superstrada SS 106 Ionica, l’ex Ad di Anas Massimo Simonini, un potere di spesa di 3 miliardi in 15 anni. Simonini è indagato per corruzione insieme al cognato di Salvini, Tommaso Verdini. Una scelta che non preoccupa solo i vertici della Lega, ma anche quelli di Fratelli d’Italia: Salvini è pur sempre il vicepremier del governo Meloni. La presidente del Consiglio è cauta, ma preoccupata, dicono fonti a lei vicine. L’insistenza di Tommaso Verdini era nota sia ai leghisti sia a Palazzo Chigi, tant’è che la regola non scritta era quella di mostrarsi molto prudenti di fronte a richieste e contatti col figlio di Denis. Il timore è che nelle carte dell’inchiesta possano uscire nomi di esponenti di governo di primo piano.
Per adesso c’è soprattutto l’imbarazzo per la via crucis giudiziaria della famiglia Verdini, diventata nel tempo una costola non solo affettiva della leadership leghista. È nato tutto, dicevamo, da Pastation, il ristorante che Denis aveva aperto al figlio Tommaso a due passi da Montecitorio e Palazzo Chigi. Tra quei tavoli, secondo le cronache rosa, è scoccata la scintilla tra Matteo e Francesca. Sicuramente è stato una sorta di gabinetto politico dove si è consolidato il rapporto tra genero e suocero almeno fino all’arresto di Denis, che si è costituito a Rebibbia nei primi giorni di novembre 2020, dopo la condanna in Cassazione a 6 anni e mezzo per la bancarotta del Credito Cooperativo Fiorentino. In retrospettiva, i consigli dell’ex berlusconiano non hanno portato fortuna a Salvini: dall’estate del 2019 – quella in cui ha provocato la crisi del governo gialloverde, dopo la disastrosa richiesta di “pieni poteri” – il leghista sembra aver imboccato un declino politico difficilmente reversibile. Un declino che peraltro ha coinvolto lo stesso ristorante verdiniano, che nel frattempo ha cambiato sede, da Campo di Marzio a via Barberini, e perso un pezzo della clientela “nobile”.
Denis ha lasciato il carcere di Rebibbia dopo 80 giorni di reclusione, durante i quali una lunga processione di politici (Salvini in testa) è andata a portargli solidarietà e a raccogliere i suoi consigli nell’imminenza della crisi del Conte bis. Da gennaio 2021 Verdini padre sconta i domiciliari nella villa fiorentina di Pian dei Giullari. La sua prolifica attività sociale però non è cessata: Denis si è allontanato in diverse occasioni dalla magione familiare per tornare a Roma, grazie ai permessi medici, per farsi visitare dal dentista di fiducia, ma secondo la procura capitolina avrebbe violato i domiciliari per vedere manager e politici. Al solito Pastation del figlio Tommaso, Denis ha incontrato l’ex Anas Simonini e l’imprenditore Vito Bonsignore. Ma a quei tavoli si è seduto anche un deputato leghista, Federico Freni, sottosegretario all’Economia. A domanda del Fatto, l’ingenuo Freni a settembre rispose che non sapeva nulla delle regole dei domiciliari di Denis. Ora i frenetici incontri promossi da padre e figlio rischiano di essere la chiusura del “cerchio tragico” della famiglia allargata Verdini-Salvini.