Catanzaro. Gli “appetiti” sui cantieri della metro: le manovre di D’Alessandro e Dattolo per ricattare un imprenditore

L’ex finanziere Ercole D’Alessandro sarebbe stato il centro nevralgico di una intricata rete che metteva insieme politici, imprenditori, dirigenti pubblici e faccendieri. In sintesi l’allora ispettore delle Fiamme Gialle, già condannato in primo grado nell’operazione Basso profilo, avrebbe fatto pesare il suo ruolo e la sua capacità di ottenere informazioni riservate per ottenere soldi e favori da imprenditori interessati a lavori pubblici. A ricostruire il grumo di interessi è stata la stessa Guardia di Finanza. L’attività investigativa nelle scorse settimane ha portato alla notifica di un avviso di conclusione delle indagini a carico di 31 persone accusate a vario titolo di corruzione, falsità ideologica, peculato, truffa, concussione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine per fatti che sarebbero avvenuti tra il 2017 e il 2020.

Tra gli appalti finiti nell’inchiesta c’è anche quello della Metropolitana di superficie di Catanzaro. In questo caso D’Alessandro avrebbe agito con l’ex assessore regionale Alfonso Dattolo. I due, nella ricostruzione degli inquirenti, avrebbero ottenuto informazioni riservate sfruttando le relazioni con Domenico Pallaria, direttore generale della Regione Calabria, ente committente. Avrebbero così ottenuto la intercessione perché una società a loro vicina ottenesse in subappalto il noleggio a freddo di veicoli. Poi D’Alessandro, sempre secondo l’accusa della Procura, avrebbe costretto i titolari di questa società a promettere indebitamente la corresponsione di una somma di euro 20.000 euro in favore di Dattolo, sotto forma di prestazione per un contratto di consulenza. Gli imprenditori sarebbero stati convinti con la minaccia di utilizzare una fotografia, di cui il finanziere sarebbe stato in possesso a scopi investigativi e che avrebbe potuto compromettere la reputazione degli imprenditori. In un dialogo con la compagna, intercettato dagli investigatori, l’ex finanziere ammetteva che solo grazie al suo intervento l’imprenditore era riuscito a ottenere il subappalto e aggiungeva che adesso bisognava formalizzare un fittizio contratto di consulenza per giustificare la movimentazione del denaro. L’imprenditore però si era mostrato restìo a firmare sostenendo di essere in difficoltà economica.

In un’altra intercettazione sempre D’Alessandro confermava che solo grazie alla sua mediazione l’imprenditore aveva ottenuto commesse per 6 milioni di euro e che adesso la richiesta di avere il 3% dell’importo era da ritenersi esigua e ragionevole. Davanti alle resistenze dell’imprenditore, l’ex finanziere sarebbe intervenuto di nuovo con i suoi contatti in Regione per bloccare l’affidamento dei lavori. Intervento che avrebbe sbloccato l’impasse. Pochi giorni dopo, infatti, gli inquirenti hanno registrato un nuovo colloquio. L’ex assessore Dattolo riferiva di essere riuscito a ottenere una bozza del contratto di consulenza. Si specificava inoltre di avere ottenuto il riconoscimento del 2% dell’appalto. In effetti nella data di questo dialogo sulla posta elettronica di D’Alessandro gli inquirenti hanno trovato un documento trasmesso dall’imprenditore a Dattolo e da questi a D’Alessandro contenente proprio una bozza di contratto. I ritardi però proseguivano nonostante, come accertato dalla Finanza, l’imprenditore avesse iniziato i lavori sul cantiere della metropolitana. A questo punto nei dialoghi captati, D’Alessandro iniziava a parlare di una fotografia che avrebbe ritratto l’imprenditore con soggetti pregiudicati. Lo stesso Dattolo parlando con l’imprenditore gli spiegava la necessità di non lesinare in queste uscite finanziarie, perché gli avrebbero garantito la tranquillità di non incappare in indagini giudiziarie.

Il ruolo di D’Alessandro veniva definito dall’ex assessore regionale come “irrinunciabile”. Ma l’ex finanziere continuava a mostrare l’intenzione di utilizzare la fotografia per dare impulso a una misura di prevenzione nei confronti dell’imprenditore che non lo aveva ancora pagato. Una parte dei soldi, ha ricostruito la Finanza, è arrivata sui conti di Dattolo. Ma l’ultima captazione riguarda proprio l’imprenditore che riteneva la commessa per la metro una fregatura perché non aveva ancora ricevuto le spettanze e la società appaltante stava anche cercando di addossargli la colpa sui ritardi nella realizzazione dell’opera. Fonte: Gazzetta del Sud