Lorenzo Tosa: “Chi critica Sinner non capisce nulla di tennis”

dalla pagina FB di Lorenzo Tosa, giornalista e scrittore

A freddo. La dico diritta.
Chi oggi critica Jannik Sinner non capisce nulla di tennis e dovrebbe stare lontano migliaia di chilometri da questo sport.
Quello che ha passato lui, costretto a tre mesi di inattività forzata per una vicenda di un’ingiustizia solare, avrebbe ammazzato un toro, distrutto mentalmente e fisicamente chiunque dei suoi avversari.
Lui invece cosa fa? Rientra dopo tre mesi di stop e in meno di un mese, come se nulla fosse, fa finale a Roma e arriva a tre Championship point a Parigi, contro un fenomeno, sulla sua superficie sfavorevole.

Uno così, semplicemente, non è di questo mondo. Uno così andrebbe preso e studiato per capire di che materia è fatta la testa di un campione.
E invece c’è chi sta lì a ricordare che Sinner non ha mai vinto un match sopra le 4 ore di gioco, dimenticandosi di dire che lui, sopra le 4 ore, non ci arriva praticamente mai perché sono sempre o quasi mattanze con una rete in mezzo.

Addirittura “La Stampa” ieri, un minuto dopo la fine della partita, titolava: “Jannik Sinner PERDE il Roland Garros”. Non lo vince Carlos Alcaraz. Non – meglio ancora – “vince il tennis”. No, perde Sinner.
Come se qualcuno, dopo 5 ore e 29 minuti della finale Slam forse più bella della storia del gioco, sicuramente del Roland Garros, potesse essere associato alla parola sconfitta.
Di più, io nella “sconfitta” di ieri ci ho visto riflesse le vittorie di domani. Perché ieri Jannik ha dimostrato per la prima volta nella sua carriera di essere definitivamente competitivo per i big titles ovunque, e in qualunque condizione. E il primo ad averlo capito è Alcaraz, che sa di dover ancora alzare il livello.

Una partita memorabile si gioca in due. E Jannik per quasi tre ore l’ha giocata alla pari, anzi meglio. Poi Carlos si è messo in modalità God on e il resto l’hanno fatta una prima palla sotto il suo standard (unica pecca di una partita stellare) e una piccola sbavatura solo sul secondo dei tre famosi match point (sì, anche lui è umano).
Ma di cosa stiamo parlando?
Siamo di fronte al manifestarsi di un prodigio, di un fenomeno generazionale come se ne vede – Big three a parte – uno, massimo due ogni vent’anni e c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di criticarlo perché non ha vinto, perché non esulta, perché “non ha grinta” (sì, ho sentito anche questa idiozia), addirittura perché ha “regalato” una palla ad Alcaraz, invece di applaudirne la enorme sportività (tra l’altro ieri più volte reciproca) di questo meraviglioso essere umano, molto prima del fenomeno.

Chi ama e conosce il tennis oggi lo ringrazia per averci dato insieme a Carlos la partita del secolo, del decennio, decidete voi.
Per le parole esemplari che ha speso dopo e la sua capacità inumana e al tempo stesso umanissima di saper perdere.
A uno come Jannik oggi, nella sconfitta, soprattutto oggi, dovremmo dire GRAZIE per la partita eroica che ha giocato, per come ha perso, senza tirare in ballo il pubblico, i francesi, la sfortuna, l’avversario, i telecronisti. Anche in questo l’Italia avrebbe tanto da imparare da uno come Jannik.
Perché è facile salire sul carro quando vince.
Molto più difficile starci oggi, composti e dignitosi come lui.
I campioni sono fatti così. Sforziamoci almeno di esserne degni.