«Se davvero Loizzo parlò di collusioni, di Bernardo tiri fuori le prove»
Un massone storico replica all’ex gran maestro del Goi
di Saverio Paletta

Neanche lei è convinto della veridicità delle rivelazioni fatte da Di Bernardo ai magistrati reggini.
Le affermazioni, specie quelle così gravi, non basta farle. Occorre soprattutto provarle. Ora, Di Bernardo ha dichiarato che Ettore Loizzo gli avrebbe confidato, durante una riunione di giunta del Goi, che 28 logge calabresi su 32 fossero pesantemente inquinate dalla ’ndrangheta.
Io sono stato segretario regionale del Goi quando Loizzo era gran maestro aggiunto. Ho avuto, perciò, la possibilità di spulciare i “piè di lista” (gli elenchi degli iscritti alle logge, ndc) e posso, in tutta serenità e buonafede, affermare di non aver mai notato nominativi o conosciuto persone di cui fossero notori i legami con le ’ndrine. Né ho mai ricevuto segnalazioni di altri fratelli.
Almeno tre. Uno è “numerico”, l’altro, “istituzionale”, il terzo logico.
Le logge non erano 32 ma, almeno, 40. E c’è da dire che in quel periodo storico particolare c’era l’interesse a creare più logge possibili.
Perché all’epoca i vertici del Goi erano votati solo dai maestri venerabili (i “capi” delle singole logge, ndc). Ora, invece, basta essere maestri per avere il diritto al voto, proprio per frenare l’eccessiva proliferazione delle logge.
Sì. E mi pare il caso di passare al secondo elemento. Le riunioni, specie quelle importanti, vengono verbalizzate. Perciò se Ettore Loizzo ha fatto davvero dichiarazioni così pesanti, tali da compromettere la rispettabilità dell’intera comunità massonica calabrese, dovrebbe esserci una traccia scritta. E, aggiungo, questa traccia scritta potrebbe benissimo essere nella disponibilità della magistratura, visto che all’epoca il giudice Cordova fece sequestrare in blocco tutto l’archivio del Goi. Delle due l’una, a questo punto: o questo verbale esiste – e, allora, Di Bernardo lo deve tirare fuori – oppure Loizzo avrebbe parlato a Di Bernardo “da bocca a orecchio” (in via confidenziale, ndc). In quest’ultimo caso, i dubbi diventano logici.

Primo dubbio: come mai Di Bernardo ha tenuto per sé questa storia per quasi venticinque anni? Secondo dubbio: possibile che Loizzo, persona di grande abilità e intelligenza, si sia lasciate scappare queste dichiarazioni senza poi confermarle in altre sedi e, anzi, agendo in direzione del tutto opposta? È notorio che, dopo la scissione di Di Bernardo, Loizzo assieme a Egidio Ghinoi ha tenuto assieme il Goi in sei mesi di reggenza difficilissima (da maggio a dicembre del ’93, ndc) con sforzi enormi, di cui sono stato testimone. Mi spiego meglio: prima Loizzo diffama il Goi calabrese, poi si batte per salvarlo. Che senso ha? Inoltre, vorrei aggiungere, Loizzo non nutriva simpatie per Di Bernardo: perché avrebbe dovuto confidargli retroscena così delicati?
Certo. La prima volta che lo vidi fu alla fine della seconda gran maestranza di Armando Corona, nel ’90, quando furono indette le elezioni. Di Bernardo, in piena “campagna elettorale” venne a Cosenza. Io, che ero segretario regionale, andai a prenderlo all’aeroporto su richiesta di Loizzo, che, come ho già detto, non nutriva troppe simpatie nei suoi riguardi. Io stesso ero legato a un’altra lista elettorale.
Quella guidata dal fiorentino Marco Urbani.
Di Bernardo ha parlato del suo incontro col duca di Kent.
Dunque: lei ha lasciato il Goi in piena polemica e, tra l’altro, non nutriva eccessive simpatie per Loizzo. Come mai, allora, queste dichiarazioni tardive?