Bonifica a orologeria. Quando Pd e M5s riscoprono Crotone solo… in campagna elettorale

BONIFICA A OROLOGERIA: QUANDO PD E M5S RISCOPRONO CROTONE SOLO IN CAMPAGNA ELETTORALE

Fonte: U’Ruccularu

Dopo anni di silenzi, inerzie e promesse mancate, la bonifica del SIN di Crotone è tornata improvvisamente al centro del dibattito politico. Questa volta, con riflettori puntati sul palcoscenico nazionale: nella Sala Caduti di Nassirya del Senato, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana si sono riuniti in un’iniziativa congiunta per denunciare – a parole – lo stato di abbandono ambientale e sanitario della città. Ma dietro la mobilitazione unitaria si cela un evidente paradosso politico: a parlare oggi sono le stesse forze che, quando erano al governo, non hanno fatto nulla di concreto per cambiare il destino tossico di Crotone.

DOV’ERANO QUANDO GOVERNAVANO?
Dal 2018 al 2022, il Movimento 5 Stelle ha guidato o co-governato l’Italia in tutte le sue formule parlamentari. Ha espresso ministri chiave in settori cruciali per il caso di Crotone: Sergio Costa all’Ambiente e Roberto Speranza alla Salute (in quota LeU, ma sostenuto dal PD). Per anni hanno avuto strumenti e responsabilità per intervenire su aspetti fondamentali: gestione del SIN, ruolo di ENI Rewind, tracciabilità dei rifiuti tossici, monitoraggio sanitario. Eppure, nulla è accaduto.
Nessun piano d’emergenza attivato. Nessuna rete epidemiologica locale. Nessuna reale pressione su ENI per ottenere trasparenza, tempi certi o soluzioni definitive. La bonifica è rimasta una parola vuota, sepolta nelle melme di una burocrazia complice, tra piani rimandati e conferenze dei servizi inconcludenti. Nel frattempo, governi troppo impegnati a sopravvivere politicamente hanno voltato le spalle a una delle città più martoriate del Sud.

LE STESSE FACCE, LO STESSO SILENZIO
Ora, quegli stessi attori si presentano a Roma con toni da tribuni del popolo: Nicola Irto (PD) denuncia “mancanza di chiarezza sulla sorte delle 310mila tonnellate di rifiuti”, Anna Laura Orrico (M5S) punta il dito contro “l’assenza di dati epidemiologici”, e Vittoria Baldino (M5S) condanna “l’industrializzazione selvaggia”. Tutto vero. Ma sono parole arrivate con anni di ritardo, e che suonano fin troppo costruite per accendere i riflettori su un solo obiettivo: le elezioni amministrative del 2026.
La domanda sorge spontanea: perché dovremmo credere oggi a chi ieri ha ignorato?

OLIVERIO, L’ALTRA FACCIA DELLA DIMENTICANZA
A livello regionale, la credibilità del Partito Democratico non è meno compromessa. Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria dal 2014 al 2020, non ha lasciato nessuna eredità significativa sul fronte della bonifica. Le conferenze dei servizi sotto la sua giunta sono rimaste atti meramente procedurali; le relazioni ISPRA mai tradotte in piani operativi; il confronto con ENI blando e inconsistente. Nessuna opposizione reale allo smaltimento “in situ”, nessuna visione strategica per una rigenerazione ambientale e sociale del territorio. Anzi, oggi Oliverio usa ad uso e consumo il tema bonifica per spostare l’attenzione dalle proprie implicazioni giudiziarie. Addirittura rilasciando dichiarazioni spontanee in commissione ecomafia pur di cercare di mescolare le carte nel dibattito pubblico della bonifica. Insomma parole più che azioni concrete che non servono a nulla per la città di Crotone.
E oggi, dopo tanto silenzio, si pretende di offrire “un’alternativa credibile”? Con quale faccia?

IL TABÙ ENI E I FINANZIAMENTI OCCULTI
Il paradosso più grave, però, resta un altro: nessun partito ha mai denunciato ENI per omessa bonifica. Nemmeno una volta. Mai.
ENI Rewind, società incaricata della messa in sicurezza e del risanamento ambientale, ha portato avanti per anni un progetto lacunoso, opaco e del tutto insufficiente per rispondere alle necessità sanitarie e ambientali del territorio crotonese. Eppure, né il PD né il Movimento 5 Stelle – né a livello comunale, né regionale, né nazionale – hanno mai intrapreso un’azione politica o giudiziaria concreta contro la multinazionale.
Perché tanto silenzio? Una risposta plausibile è nei soldi. ENI, come altre grandi aziende, foraggia da anni le campagne elettorali dei principali partiti italiani, in forme legali o attraverso fondazioni, think tank, consulenze o sponsorizzazioni. Nessuna prova diretta collega ENI a finanziamenti per il PD o il M5S, ma il sospetto è legittimo, e più che sufficiente a spiegare l’imbarazzante prudenza con cui si affronta l’argomento.
D’altronde, nessuno sputa nel piatto in cui mangia.

LE CONFERENZE STAMPA DELLA PROPAGANDA
Chi conosce la storia recente della bonifica sa che il teatrino politico è vecchio quanto l’inquinamento stesso. Cambiano i governi, cambiano gli slogan, ma le tonnellate di rifiuti restano. E così, mentre PD e M5S organizzano conferenze stampa in ambienti istituzionali, denunciano “l’invivibilità della città” o “l’arroganza di ENI”… nessuno presenta esposti, nessuno si rivolge alla magistratura, nessuno si assume il rischio politico di denunciare realmente un colosso economico.
Quelle conferenze stampa non sono azioni proattive, ma atti teatrali. Servono a rilanciare l’immagine pubblica dei partiti, a ricompattare le alleanze in vista delle elezioni comunali del 2026 e a scaricare sul centrodestra la responsabilità di un fallimento che invece è condiviso da tutti.

SILENZIO BEN PAGATO
È in questo silenzio ben pagato che si consuma l’ipocrisia più grande. Perché la verità è che nessun partito vuole realmente scontrarsi con ENI. Non a Roma. Non a Catanzaro. E nemmeno a Crotone. Perché da ENI si ricevono sostegni, incarichi, legittimazioni e visibilità, spesso anche opportunità politiche o professionali per tecnici e dirigenti di partito.
Denunciare ENI per omessa bonifica significherebbe rompere un equilibrio di potere consolidato. E nessuno, né nel centrosinistra né nel centrodestra, ha il coraggio di farlo.

LA BONIFICA NEGATA DA CHI SI PROFESSA ALTERNATIVA
Questa è la grande truffa politica che i cittadini crotonesi devono imparare a riconoscere. La bonifica non è mai stata una priorità reale nell’agenda politica romana, se non come strumento di propaganda elettorale.
E chi oggi grida al disastro ambientale è lo stesso che ieri lo ha coperto di silenzio.
Non servono bandiere. Serve coerenza.
E se PD e M5S vogliono davvero parlare di “giustizia ambientale”, comincino da un gesto semplice ma rivoluzionario: denuncino l’omessa bonifica, portino in Procura ENI, pretendano giustizia per i malati, per le morti premature, per le generazioni sacrificate sull’altare del profitto.
Fino ad allora, saranno solo parole. Parole ben pagate.