Quella eseguita l’altro ieri dalla Guardia di Finanza di Cosenza, presentata, giustamente, dagli organi di stampa come una “brillante operazione”, è destinata a restare negli annali del corpo. Un’azione di grande respiro investigativo, che conferma ancora una volta la capacità delle nostre forze di polizia di fronteggiare le nuove minacce globali: adolescenti con un canale YouTube. Alcuni esaltanti titoli ci restituiscono il senso dell’operazione: “Tiktoker nasconde al fisco 200.000 euro, scoperto dai finanzieri”; “Maxi evasione online, 200mila euro truffati al fisco, interviene la GdF”; “Evasione fiscale nel mondo dei social: la GdF scopre Youtuber con oltre 200mila euro nascosti”. “Mecojoni” direbbero a Roma!
Per l’intelligence della Finanza, che ha lavorato intensamente sul caso impiegando uomini, mezzi e risorse economiche — ma soprattutto investigative — si è trattato di un’operazione “complessa e delicata”. Ci sono voluti anni di indagini serrate, pedinamenti telematici e incroci di dati sofisticatissimi per giungere al brillante risultato: beccare finalmente il pericoloso latitante evasore fiscale che da anni aveva trovato rifugio a Dubai…
I finanzieri erano sulle sue tracce almeno dal 2020, quando l’evasore totale aveva appena sedici anni. E già allora impazzava sui social con i suoi pericolosissimi video: di quelli che guardano i ragazzini, dove spiega come funzionano i giochi sul PC, con un seguito niente male — oltre un milione di follower. A un certo punto dell’indagine, dopo mesi di analisi incrociate e operazioni sotto copertura, l’intelligence della Finanza fa la scoperta decisiva: dietro il sofisticato sistema di elusione non c’erano società offshore, conti cifrati o paradisi fiscali, ma una madre. Una donna insospettabile, un’imprenditrice, sul cui conto — secondo gli inquirenti — finivano i guadagni generati dai video del figlio. Una rete complessa, certo, ma che alla fine gli investigatori sono riusciti a decifrare.
In due anni il ragazzino avrebbe incassato la cifra mostruosa di 200.000 euro. Tutti, naturalmente, “in nero”. Il colpo di genio investigativo ha permesso di smascherare un sistema criminale che per anni ha eluso i controlli, danneggiando le fondamenta stesse dello Stato: la sanità, la scuola, i servizi, il sociale. Un fatto gravissimo, un reato tra i più odiosi in Italia: un Paese dove puoi permetterti di commettere qualsiasi crimine — omicidi, stragi, bancarotte, spaccio, corruzione — e spesso farla franca. Ma non se sei un evasore. Quello, no. Quello in Italia non te lo perdona nessuno. Dovessero venirti a prendere anche fino a Dubai, se serve. Così come hanno fatto gli investigatori della GdF di Cosenza, considerati tra i più esperti cacciatori di evasori fiscali al mondo, a cui, ovviamente, è stata affidata la pericolosissima inchiesta sul “ragazzino evasore”.
Come sempre, il gruppo investigativo della GdF di Cosenza non ha deluso: ha portato la palla a meta, confermando la sua fama di squadra infallibile. Un risultato che si inserisce perfettamente nel solco della tradizione locale — quella che fa di Cosenza una città dove la legalità non è un obiettivo, ma un modo di vivere. A Cosenza, infatti, i finanzieri sono il corpo più temuto dai lestofanti, dai marpioni, dagli intrallazzini. Diciamolo pure: anche polizia e carabinieri sono bravi, ma non sono al livello della Finanza, specie nelle investigazioni. Se ai carabinieri e alla polizia qualche mascalzone ogni tanto sfugge, ai finanzieri no. Infatti, a Cosenza non esistono né nero, né evasione fiscale, né riciclaggio di denaro, né truffe ai danni dello Stato. Si sa: i palazzinari pagano tutto, gli imprenditori dichiarano ogni centesimo, e ogni investimento è trasparente e lineare. Nessuno, a Cosenza, si è mai azzardato a truffare lo Stato. Ed è proprio per questo che Cosenza può vantare un primato nazionale: la città a evasione, truffe e riciclaggio zero. Un risultato ottenuto grazie al lavoro instancabile di uomini e donne che “non ne fanno passare una” e, come si dice, non guardano in faccia a nessuno.
Ritornando però all’operazione del ragazzino, i militari — dopo essersi infiltrati nei pericolosissimi canali di YouTube e TikTok — possono finalmente dire di aver fatto centro. Individuato il latitante fiscale, i finanzieri sono entrati in azione con la consueta freddezza operativa, mettendo fine a un disgustoso giro di like e visualizzazioni. Un blitz digitale in piena regola, condotto con estrema cautela: nessuna vittima, solo il sogno infranto di un ragazzino. Un’operazione esemplare, che dimostra come, anche nel caos digitale, la legge sappia ancora colpire duro. E in questo la GdF di Cosenza, senza offesa per nessuno, è la migliore. Un orgoglio tutto cosentino. Un’operazione che farà scuola. Perché a Cosenza chi sta in cattedra, come la GdF, sa bene come impartire lezioni a chi, in classe, come il sedicenne, prova a fare il furbetto. E che serva da lezione a tutti gli altri.









