‘Ndrangheta e Juventus, l’ex broker Raso: “I Bravi Ragazzi mi consegnavano gratis i biglietti, che poi rivendevo”

di Ludovica Lopetti

Fonte: Corriere Torino 

«Avevo preso una fetta dello stadio». Parola di Vittorio Raso, ex broker della droga legato alla ‘ndrangheta, oggi diventato collaboratore di giustizia. Ieri Raso è stato ascoltato in collegamento video nel processo a carico di tre presunti complici, accusati di aver contribuito a vario titolo all’import di hashish e marijuana dalla Spagna. Ripreso di schiena, cappellino da baseball calcato sulla testa, ha parlato dei legami risalenti con la curva bianconera. Proprio grazie al business dei biglietti avrebbe conosciuto uno degli imputati (difeso dall’avvocato Mirco Consorte), oggi accusato di aver messo a disposizione un capannone a Borgaro per custodire parte di un carico di hashish. «Lo conobbi intorno al 2012. All’epoca i Bravi Ragazzi (gruppo di ultrà bianconeri, ndr ) mi consegnavano gratuitamente dei biglietti, che poi rivendevo», ha raccontato, incalzato dalle domande del pm Valerio Longi della Dda.

«Si impossessavano degli omaggi»

Del coinvolgimento di uomini legati alle ‘ndrine nel bagarinaggio dei biglietti (un business da 20 mila euro a partita) aveva già parlato un altro pentito, Domenico Agresta «classe ‘88», facendo risalire il giro illecito a prima del 2008. «Già prima del mio arresto si occupava anche dei biglietti della Juve — aveva dichiarato nel 2021 ricostruendo il pedigree criminale di Raso, allora latitante — Mio cugino, Domenico, faceva affari con i biglietti della Juve, so che li vendevano, lui, Macrì e Raso. Venivano dalla Juve, li dava una persona, ma non so chi: erano quelli omaggio alle tifoserie, ma se li prendevano loro. Se ne impossessavano e li rivendevano. Avevano a che fare con i capi ultrà».

Le divisioni

La spartizione dei tagliandi da rivendere avrebbe generato divisioni anche all’interno della consorteria. Secondo Agresta «non solo il “locale” di Volpiano, ma anche i Crea (Adolfo e Cosimo, già ristretti al 41 bis e considerati i capi dell’ala violenta della ‘ndrangheta a Torino, ndr) avevano contatti con altri tifosi che non andavano d’accordo con quelli che conosceva mio cugino. Ma erano sempre della Juve». E «Raso ha sparato alle gambe nell’ambito della tifoseria ultrà». Ora anche la testimonianza dell’ex narcos sembra riscontrare questo racconto.

L’inchiesta del 2016

Nel 2016 gli arresti dell’inchiesta Alto Piemonte svelarono per la prima volta gli intrecci tra la tifoseria organizzata e le cosche. Il processo illuminò il ruolo di Rocco Dominello, rampollo delle famiglie Pesce-Bellocco di Rosarno, il cui ingresso negli affari della curva rappresenta una sorta di spartiacque nella gestione del «lucroso business della gestione dei tagliandi». Grazie ai buoni uffici dell’ex capo ultrà Fabio Germani (imputato e assolto dall’accusa di concorso esterno), Dominello riuscì a incontrare i vertici del club e a inserirsi nell’affare dei biglietti, per poi — secondo i giudici — esautorare gli stessi capi della tifoseria organizzata. Nessun dipendente della società è stato mai indagato e la Juventus si è sempre detta «vittima inconsapevole del comportamento di alcuni personaggi».