Egregio presidente del Tribunale di Cosenza, mi scusi se glielo dico ma a tutto c’è un limite. Lei non può lasciare che ignobili magistrati che prestano servizio nel Tribunale da Lei presieduto, infanghino quotidianamente la Giustizia.
Quello che avviene nelle sue aule, oramai dette dell’Ingiustizia, non è più tollerabile per una società civile, evoluta e democratica.
L’uso arbitrario dei poteri attribuiti dalla Costituzione ai magistrati, “esercizio” praticato sistematicamente negli uffici dei Pm e dei Gip, non è più accettabile. Lei ha il dovere di intervenire, di fermare l’ignobile mercimonio che alcuni magistrati fanno della Giustizia.
Una pratica (è il caso di dirlo) che ogni giorno si consuma nel suo Tribunale nell’indifferenza e nell’omertà totale. Provocando danni immensi sia all’immagine del Tribunale, sia ai cittadini che da anni attendono invano Giustizia. Infatti basta vivere la città per capire che il cosentino oramai non si fida più di questo Tribunale, ma per fortuna crede ancora nel Diritto, e nell’onestà degli uomini.
La mia non è una accusa generica ma supportata dai fatti. Sono anni che oramai il lavoro di questo Tribunale, come sanno tutti i cosentini, si basa solo ed esclusivamente nell’ imbastire inchieste e processi farlocchi ai nemici della cupola politica/massonica/mafiosa che da oltre un trentennio tiene in ostaggio e nel terrore una intera città. Cupola di cui fanno parte anche magistrati che lavorano nel Tribunale da lei presieduto.
Ogni giorno vengono distolti dal loro lavoro diversi Pm per accontentare le richieste di politici e massoni corrotti che pretendono di colpire i loro nemici con l’uso distorto della Giustizia. Trovando sempre disponibilità e celerità.
Questo modus operandi è più che provato: processo Padre Fedele, No Global, Fabio Gallo, Sandro Daniele, Roberta Lanzino, solo per citare alcuni processi, tra quelli che più di altri hanno fatto rumore, dove i Pm erano al servizio della cupola o di esponenti della stessa.
Neanche lei, che dovrà difendere la sua casta “d’ufficio”, in cuor suo può negare questo. E se a questi aggiungiamo le inchieste mai arrivate a processo, fatte solo per minacciare o spaventare i nemici della cupola e pure tutte le archiviazioni fatte agli amici degli amici, il quadro è più che allarmante.
Lo sanno tutti a Cosenza che il Tribunale funziona così. Dovrebbe saperlo anche Lei, visto che ci lavora in Tribunale, indipendentemente se da un giorno o da un secolo. Le sue responsabilità di fronte alla comunità non cambiano. Ed è suo dovere spiegare al cittadino il perché sistematicamente tutte le inchieste che riguardano la corruzione, gli appalti truccati, i politici corrotti, i magistrati collusi, nel suo Tribunale vengono sistematicamente insabbiate.
Qualche esempio: l’inchiesta condotta dalla Finanza su piazza Fera/Bilotti, dov’è finita? L’inchiesta sulla corruzione in Comune, dov’è finita? Le varie inchieste aperte a carico di Occhiuto, dopo la presentazione di esposti e denunce, dove sono finite? L’inchiesta sul voto di scambio, dov’è finita?
Come lei ben sa queste inchieste non sono frutto della mia fantasia. E qualcosa, su tutto questo schifo, prima o poi ai cittadini dovrà dirla.
Ma non voglio parlare del passato che già basterebbe per spiegare il livello di corruzione che c’è nei suoi uffici, voglio restare nel presente per ribadirle che ancora oggi nelle sue aule si amministra solo ingiustizia.
La condanna del nostro direttore, ad otto mesi di detenzione, è l’esempio lampante della corruzione del Tribunale. Nonostante siano stati ascoltati durante il dibattimento 7 onesti carabinieri che hanno testimoniato con tanto di documentazione ufficiale, nonchè registrazioni, che la talpa del clan Lanzino è il colonnello Ferace, il giudice, tale De Vuono, non li ha presi proprio in considerazione.

Di più: sempre i carabinieri hanno dichiarato e documentato al giudice che il colonnello, nell’indagine per catturare il latitante (all’epoca) Lanzino, agiva in maniera “parallela” alle disposizioni dell’autorità giudiziaria, senza notiziare la stessa delle sue azioni, fattore confermato dalla DDA di Catanzaro nella persona del dottor Bruni, che nulla sapeva del gruppo parallelo che la talpa Ferace aveva costituito, sempre per catturare Lanzino, in contrapposizione a quello regolarmente autorizzato dal Pm.
E’ chiaro, come è stato ampiamente documentato (atti ufficiali della procura e relazioni di servizio), che la talpa Ferace aveva incaricato un gruppo di suoi fedeli di tenere sotto controllo l’indagine ufficiale di Bruni, per paura che uscisse il suo nome o quello di un suo sottoposto, ma nonostante questo, sempre quella scienziata di giudice (la De Vuono) venduta alla cupola, ha ritenuto questi elementi nulli. Un processo farsa.
Condotto da chi preventivamente si è messa d’accordo con gli amici degli amici. Del resto assolvere il direttore non si poteva: l’assoluzione del direttore sarebbe stata la conferma che la talpa del clan Lanzino è il colonnello. Come ampiamente e senza ombra di dubbio è stato dimostrato. E questo, gli amici degli amici non lo potevano permettere.
Dunque, nel suo Tribunale, anche se sei documentalmente innocente, ma se il tuo “antagonista” è uomo della cupola, non hai scampo: devi essere condannato per forza. Questa secondo Lei è Giustizia? Non le chiedo certo di commentare una sentenza, lo so che non lo farebbe mai.
Ma Le chiedo: per difenderci nelle sue aule dell’Ingiustizia, noi, che abbiamo raccontato una verità grande quanto il sole, che dobbiamo fare? Chi dobbiamo portare in aula a testimoniare? Gesù Cristo, i marziani, i Santi?
E’ chiaro che per noi in questo porto delle nebbie non c’è imparzialità. E su questo Lei ha il dovere di intervenire. E se non può commentare la sentenza, né interrogare i giudici corrotti Le chiedo almeno, su tutto quello che Le ho scritto di interrogare la sua coscienza. Grazie
GdD