S. Maria del Cedro: l’incendio doloso del disco pub che sa di vendetta mafiosa

Gli inquirenti non hanno dubbi: le fiamme che hanno devastato il disco pub della Riviera dei Cedri a Santa Maria del Cedro sono state appiccate di proposito da uno o più malviventi nel cuore della scorsa notte. 

Quando nessuno poteva vedere, quando le saracinesche erano abbassate. Come solo i vigliacchi sanno fare.

Ma chi e perché ha voluto rendere inagibile uno dei locali più rinomati della costa tirrenica?

Le forze dell’ordine non si sono ancora pronunciate lasciando aperte, di fatto, tutte le piste investigative, ma la tesi della vendetta personale regge poco.

I fratelli che gestiscono il locale da anni sono persone incensurate e benvolute dall’intera comunità, tanto che viene difficile ipotizzare dissidi di carattere privato sfociare in fuoco e fiamme. Inoltre, chi frequenta quel locale, di giorno bar e di notte capitale del divertimento sulla costa, sa bene che all’interno sono posizionate diverse telecamere, le cui immagini sono già al vaglio degli inquirenti.

Pertanto, al momento, l’ipotesi meno azzardata potrebbe essere quella della vendetta perpetrata da quel che rimane della cosca Muto di Cetraro, parzialmente sgominata nel luglio scorso con l’operazione della DDA in cui l’anziano boss Franco e l’erede Luigi sono stati arrestati con l’accusa di associazione mafiosa a delinquere e sono attualmente detenuti in regime di 41 bis.

Ma perché colpire proprio quell’attività commerciale? I documenti parlano chiaro: le indagini dell’inchiesta Frontiera, come sottolineato più volte da una stampa forse un po’ troppo avventata, sono state possibili grazie anche alle denunce e alle testimonianze dei gestori del pub, i quali, nel corso degli anni, hanno subito spesso l’arroganza e la prepotenza dei picciotti del boss Muto all’interno del proprio locale. Una situazione divenuta a un certo punto insostenibile, tanto da costringere le vittime a mettere da parte paura e timori per denunciare tutto alla magistratura.

Così come altri due gestori commerciali della zona, le cui attività, però, essendo strettamente legate al turismo estivo, sono già state dismesse.

Il locale incendiato, invece, dopo un breve periodo di inattività dovuto alle ferie, avrebbe dovuto riaprire sabato 8 ottobre, ma i malviventi si sono introdotti al suo interno verso le 3,30 di stanotte e gli hanno dato fuoco, distruggendo gran parte dell’arredo.

Se gli inquirenti dovessero accertare la fondatezza della pista mafiosa, si tratterebbe d un’esecuzione in piena regola. Uno schiaffo al lavoro dei magistrati. Un modo come un altro per dire che non sono morti e che non hanno metabolizzato la cattura del boss. Ma anche un chiaro segnale di debolezza e di nervosismo in un contesto dove gli animi sono esagitati più del solito, tanto che i picciotti si starebbero preoccupando più di spaventare gli innocui gestori di un locale che riappropriarsi della piazza del narcotraffico, di cui, in questo preciso momento storico, i “cugini” camorristi hanno preso il pieno controllo, grazie anche alla rara qualità di cocaina purissima che starebbe arrivando in dosi massicce dalla Campania.

Motivo in più per credere nell’operato delle forze dell’ordine e attendere la seconda parte di un filone d’inchiesta su cui, per forza di cose, non può essere stata scritta la parola fine.

tratto da La Spia 

di Paolo Borrometi