Da tanto, troppo tempo, non mi divertivo così. Sono grato alla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e persone trans. Hanno portato colore, allegria e vita per le strade di una città che diede i natali a tanto pensiero eretico. Dai balconi, sull’asfalto, nelle piazze, Cosenza che balla a 42° in un pomeriggio di luglio, è un regalo del Gay pride.
Avevamo bisogno di questa ventata di gioia, dopo settimane di tensioni e piazze blindate. Ne avevano bisogno soprattutto quelli come me, che amano ballare negli eventi di massa, all’aperto, ma che mai si andrebbero a rintanare in una funerea discoteca o in un debosciato locale notturno, mai chiederebbero il permesso per divertirsi. Il nostro illustre concittadino Pasquale Rossi, autorevolissimo studioso della folla, avrebbe danzato con noi, sabato scorso. E subito dopo si sarebbe precipitato a scrivere uno dei suoi mirabili saggi. Avrebbe provato stupore per la presenza di tutte quelle divise statali che scortavano il corteo, ma presto, dando un’occhiata al web, si sarebbe reso conto di quanta potenza terroristica possa sprigionare un semplice messaggio scandito con calibrate parole ansiogene nella rete. E forse avrebbe concluso che, in fondo, per tutti quei poliziotti e finanzieri un’esperienza come il Gay pride può funzionare meglio di un corso di formazione alla tolleranza e al rispetto dei diritti umani.
C’erano molte famiglie di cosentini e cosentine, in piazza, insieme ai gay. Alla faccia di chi la “sacra famiglia”, concetto tanto religioso quanto mafioso, vorrebbe contrapporla all’amore che può nascere tra persone dello stesso sesso. È un vero peccato che non l’abbia capito il sindaco Occhiuto. Sul piano della comunicazione, questo è il primo vero clamoroso autogol da quando s’è insediato. E non perché non abbia concesso il patrocinio alla manifestazione. I patrocini sono come i battesimi rituali: atti vacui e formali che spesso si fondano sull’ipocrisia e la superficialità. Il problema è che il primo cittadino stavolta s’è fatto influenzare da qualche “fascista del terzo millennio” che s’annida nella sua corte. Così ha perso l’occasione di stringere la mano, dare un benvenuto, a persone che hanno riempito la sua città di quei colori e quell’allegria che lui, democristiano DOC, sotto sotto ama per davvero.
Grave che Palazzo dei Bruzi, in una sua nota stigmatizzante, abbia parlato di “spettacolarizzazione della preferenza sessuale spesso ostentata attraverso modalità stereotipate e conformistiche”. Non c’è nulla di spettacolare nei dati raccolti dal rapporto ILGA (The International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), pubblicato un mese fa: “In Italia il 46 per cento degli intervistati dichiara che, alla notizia di avere un figlio innamorato di una persona dello stesso sesso ne sarebbe abbastanza sconvolto, a fronte di una media europea del 31 per cento”.
Forse per questo motivo, oltre che per la voglia di ballare, abbracciarsi e divertirsi, la Cosenza che s’indigna dinanzi alle persecuzioni e ai pregiudizi, ancora una volta, s’è schierata dalla parte giusta. La Cosenza in basso ha aperto le porte e i cuori alla più gioiosa ondata umana che abbia attraversato le sue strade da quel 23 novembre 2002. Infatti le signore erano di nuovo lì, su quei balconi, mandavano baci come quella volta. Ché questa città è pacifica e tranquilla. Ma nessuno mai potrà normalizzarla.
Anche noi vogliamo prendere per buone le “fanfare” suonate durante la marcia trionfale della Dda di Catanzaro subito dopo il blitz di martedì scorso...
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