A Cosenza anche da morto ti tocca fare la fila!

dal profilo FB di Rocco Giuseppe Greco

A COSENZA ANCHE DA MORTO TI TOCCA FARE LA FILA!

Il modello Cosenza, modello che guarda caso, qualcuno voleva estendere a tutta la regione, è un modello che ha come filosofia di fondo il “darsi tempo”.
Avere le cose entro tempi ragionevoli e normali non è contemplato nella città dei Bruzi.
Per questo il cosentino non si stupisce se per attraversare la città in macchina impiega ore tra cordoli inutili e deviazioni senza senso, non si stupisce se la spazzatura è lasciata in strada e sui marciapiedi in attesa di marcire, né si meraviglia più di tanto se Viale Parco è stato chiuso da più di un anno e non si vede quando verrà riaperto.
Il cosentino medio e quelli che si collocano al di sotto della media sanno bene che nella loro vita devono portare pazienza. Quindi i cosentini medi e quelli al di sotto della media, non certo i massoni, i traffichini, i criminali e i benestanti, hanno imparato ad essere “pazienti” e sono rassegnati a tutto. Essere pazienti è diventato il loro sistema di vita.

Nessuno però aveva mai pensato che il sistema li avrebbe toccati anche da morti. La pazienza dei pazienti cosentini, in altri termini, deve essere praticata anche da morti.
Vedere per credere. Fate una visita al cimitero e chiedete agli addetti quanti morti aspettano di essere sepolti. Vi portano in locali pieni di bare in attesa di un loculo e vi fanno sapere che il costo per averlo (il loculo) è pari a 2250 euro. Se chiedete: “Ma quanto tempo ci vuole per essere sepolti?”, la risposta è: “Ci vuole pazienza, possono passare diversi mesi”.

Qualcuno ben informato però non ti fa mancare un consiglio: “Vuoi non aspettare? Con un migliaio di euro in più ti rivolgi alla curia arcivescovile e il loculo lo trovano subito”.
Avete capito bene. A Cosenza nella “mortuaria” è come nella sanitaria. Se ti rivolgi al servizio pubblico, ti rimandano alle calende greche; se ricorri al privato e paghi il servizio e presto assicurato.
Insomma, non è vero neanche da morti che “gli ultimi saranno i primi”. Gli ultimi sono sempre ultimi, da vivi e da morti. E lo sanno bene anche vescovi e preti.
Riflessione finale: a Cosenza forse è meglio non viverci, sicuramente è bene non morirci.