“Abbiamo detto no a Ferrero”. La nocciola calabrese punta sulla qualità e a creare posti di lavoro

Hanno detto no alla Ferrero, ora i produttori della nocciola tonda calabrese vogliono realizzare in proprio un impianto per la trasformazione del loro prodotto. Si tratta dei proprietari di 350 ettari su cui sono impiantati gli alberi da cui si ricavano circa 3.000 quintali di nocciole fra Cardinale e Torre Ruggiero, nel basso Ionio catanzarese.

Nel comprensorio si dedicano alla coricoltura 40 persone che realizzano il 90% della produzione calabrese. Ma negli anni 70-80 si produceva molto di più: 16.000 quintali di nocciole l’anno. Adesso si lavora al fine di incrementare l’attività per portarla almeno ai livelli del passato. L’attività coricola, in quest’area, vanta una lunga tradizione: la coltivazione delle nocciole risale al 1700.

Ma perchè i produttori hanno detto no a un gigante come la Ferrero, che aveva proposto loro un contratto per l’acquisto del prodotto? «Il nostro – dice all’AGI Giuseppe Rotiroti, presidente del Consorzio per la valorizzazione e tutela della nocciola di Calabria – è un prodotto di nicchia. Ferrero acquista prevalentemente nocciole provenienti dalla Turchia, circa il 70% di quelle che utilizza. Noi non vogliamo mettere la Tonda calabrese nella massa. Vogliamo, invece, valorizzarne l’identità e vogliamo che i consumatori vengano qui per comprare il prodotto. Il nostro obiettivo – sottolinea – è lavorare le nocciole in Calabria per creare posti di lavoro. Per ora, riforniamo piccoli artigiani, in particolare laboratori di pasticceria e gelateria. Ferrero ci aveva proposto contratti ventennali per comprare le nostre nocciole con contratti a prezzi di mercato».

La trasformazione sul posto della nocciola costituirà l’ulteriore passaggio di un processo virtuoso per la Tonda calabrese avviato con la costituzione, nel 2008, del Consorzio di Valorizzazione e Tutela Nocciola di Calabria e proseguito con l’accelerazione impressa, in tempi più recenti dall’Ats (Associazione dei produttori Tonda di Calabria bio). Il progetto c’è già. L’impianto di trasformazione costerà 500.000 euro che impegnerà almeno 10 operai. I fondi necessari verrano dal Psr.

«Ancora – spiega il presidente del consorzio – non abbiamo la possibilità di chiudere la filiera con la trasformazione. Mandavamo le nocciole nel Centro-Nord e ci rimandano il semilavorato. Tutto questo vogliamo farlo qui, fra Cardinale e Torre Ruggiero». La realizzazione dello stabilimento consentirebbe di rafforzare la filiera già esistente e di potenziarla, aumentando il valore del prodotto abbassando i costi di produzione per affacciarsi a nuovi mercati. «Si avrebbero ricadute positive – dice Rotiroti – sul profilo occupazionale e sarebbe consolidata la sinergia tra le imprese del territorio».

Tra Cardinale e Torre di Ruggiero si punta, dunque, all’ultimo tassello della filiera con la trasformazione delle nocciole in semilavorato, cioè granella, farina, nocciola tostata e pasta di nocciola. «Diversi imprenditori e operatori del settore dolciario – aggiunge Rotiroti – hanno manifestato interesse per la trasformazione della nocciola in loco e i produttori sono fortemente motivati a procedere in questa direzione».

Ma non è l’industria dolciaria l’unico sbocco della produzione coricola calabrese. «Nei mesi scorsi – racconta Rotiroti – una professionista, operante al Nord, appassionata della realtà corilicola locale, alla quale la legano le origini familiari, ha realizzato una linea di cosmetici a base di olio di nocciole, da noi fornite, e che contiene vitamine e antiossidanti preziosi alleati per la cura della pelle. E’ evidente – conclude – che la trasformazione aprirebbe nuovi sbocchi e a nuove fasce di mercato, non solo nel settore alimentare».