Barzan, 47 milioni di chiacchiere

Franco e Davide Barzan

Davide Barzan è di nuovo nella bufera. Stamattina i giornali di regime lo hanno preso di mira in maniera congiunta, sparando il suo nome a caratteri cubitali nelle locandine e nei loro fogli al servizio delle lobby di potere.

Barzan, intendiamoci, non è uno stinco di santo ed è pure recidivo.

Nonostante sia relativamente giovane (classe 1987), ormai ne ha viste di tutti i colori.

Di chiara origine veneta, sia lui che il papà, Franco, hanno sempre vissuto a Cosenza. Il padre ha lavorato per una vita alla Cassa di Risparmio e lui, il giovane Barzan, gli è sempre stato al fianco. Soprattutto quando si trattava di seguire il Cosenza Calcio, la passione di famiglia.

Ed è proprio per il sogno (mai realizzato) di comprare il Cosenza che Davide Barzan ha avuto il suo vero quarto d’ora di popolarità.

In realtà, Barzan era diventato riconoscibile in città qualche mese prima di cercare di rilevare il Cosenza. Si era candidato nelle file de La Destra, a sostegno della candidatura a sindaco di Mario Occhiuto, ma non era riuscito ad entrare in Consiglio. E non aveva accettato di recitare il ruolo di comparsa dietro al designato occhiutiano per il Cosenza Calcio, il patron di Ecologia Oggi Eugenio Guarascio.

Il suo primo tentativo, così, era fallito prima ancora di nascere e non venne neanche spalleggiato dalla tifoseria, nonostante i primi mesi di Guarascio non fossero stati per niente positivi.

A novembre del 2011, poi, qualcuno gli aveva anche incendiato la macchina.

In città, comunque, su di lui giravano anche un sacco di voci. E la principale riguardava la celeberrima vincita ultramilionaria al Superenalotto di 47 milioni. Diciamo pure che il giovane Barzan non faceva nulla per “allontanare” quelle dicerie e in un certo senso le avallava.

A ottobre 2012, poi, proprio facendo presa su questa storiella dei 47 milioni, aveva messo su una specie di teatrino facendo arrestare per estorsione quattro cosentini che non c’entravano niente accusandoli in maniera assurda. Per una storia che riguardava un albergo di Baronissi, in provincia di Salerno.

Barzan millantava grande disponibilità economica ma i suoi assegni erano puntualmente “scoperti”. E una, e due, e tre…

A questo punto, finanche le persone che gli stavano più vicino, e parliamo di un professionista cosentino trapiantato a Firenze, dopo avergli dato spazio e corda affiancandolo in non meglio specificati business a Miami e negli Emirati Arabi, a un certo punto, lo hanno mollato.

A Barzan (e lo abbiamo scritto nelle settimane scorse) si era avvicinato di nuovo persino il sindaco Occhiuto, che lo aveva individuato come finanziatore per “riprendersi” il Palazzo Salfi pignorato da una banca.

Ma il giovane Barzan aveva subordinato il finanziamento alla sua grande passione, il Cosenza Calcio. E infatti la sua trattativa con Guarascio era rimbalzata anche sui media.

Occhiuto, tuttavia, non era riuscito a convincere Guarascio e così Barzan si era tirato indietro dopo essere addirittura entrato nelle visure camerali dello studio mOa ovvero Mario Occhiuto Architettura.

Siamo tra primavera ed estate del 2014.

Da allora si erano perse un po’ le tracce del giovane Barzan, fino allo scorso mese di febbraio.

Allora, la stampa ci informava che avrebbe raggirato una banca, presentandosi (come al solito) come imprenditore giovane, ricco e baciato dalla fortuna. E’ così che anche quegli incapaci della procura di Cosenza lo hanno incriminato per truffa, costringendolo a difendersi in un processo che ha avuto inizio proprio a febbraio.

Si era presentato nella filiale della Bcc di Rende per versare un assegno da quasi due milioni di euro. Altri milioni, addirittura diciannove, Barzan sosteneva di averli su un altro conto, ma quei due voleva versarli proprio alla Banca di credito cooperativo. L’affare andò in porto, con il direttore dell’istituto che gli consegnò subito un libretto d’assegni, il bancomat e le carte di credito.

È il prologo all’ inchiesta, perché quell’assegno, secondo il pubblico ministero della Procura cosentina, Antonio Bruno Tridico, recava una firma «illeggibile/falsa» e risultava «privo di fondi».

Insomma, una vita all’insegna del pericolo… E di 47 milioni di chiacchiere. 

Certo è che, mentre faccendieri come Barzan vengono messi, anche giustamente al pubblico ludibrio, altri, ben più importanti di lui, sono serviti e riveriti.

Misteri (?!?) dell’informazione e della giustizia cosentina.