“La morte del paziente è da imputare alla condotta dei medici della casa di cura, sia durante la fase operatoria che in quella successiva”. Questo quanto ha stabilito la sentenza della prima sezione civile del Tribunale di Paola, emessa dal giudice Matteo Torretta, in merito al decesso di un uomo avvenuto il 22 ottobre 2015, presso la casa di cura Cascini Srl di Belvedere Marittimo.
Ai familiari dell’uomo, assistiti dall’avvocato Giuseppe Fortunato, spetta un risarcimento di 300 mila euro. Da quanto si apprende dalla sentenza, dopo un intervento alla prostata, considerato a basso rischio, il paziente venne colpito da una emorragia prolungatasi anche nei giorni a seguire. I periti hanno rilevato che durante l’operazione non fu eseguita la sutura della loggia prostatica che, sempre secondo gli esperti, avrebbe impedito o quanto meno arginato l’emorragia.
Sempre da quanto riportato nella sentenza, nei giorni successivi è stata comunque notata una riduzione del volume circolante del sangue e di tutti i parametri ematici, ma non è stata presa alcuna iniziativa per accertare le cause. La continua perdita di sangue ha posto il paziente in una condizione di anemia medio-grave, con abbassamento dei valori di emoglobina. Inutile anche la trasfusione effettuata dai sanitari visto che il quadro generale dell’uomo era ormai compromesso.
Il calvario dell’uomo è durato tre settimane. Questi i fatti riportati in sentenza, logicamente le parti condannate, nei tempi previsti, potranno presentare ricorso.