Calabria 2020, il tramonto del M5s: Morra è un fake

I dati ufficiali che arrivano da Lamezia Terme, dove ieri si è votato per il rinnovo del consiglio Comunale dopo il commissariamento per infiltrazioni ‘ndranghetiste, annunciano quello che da tempo scriviamo: la parabola dei 5Stelle, in Italia, ma in particolare in Calabria, è giunta alla sua misera fine. Un patrimonio di voti disperso in poco meno di due anni da un “gruppo dirigente” incapace, inadeguato, pavido, e a volte intrallazzato, che ha preferito barattare principi e valori per qualche mese in più sulla poltrona da ministro, deputato, senatore.

Andranno al ballottaggio per la poltrona da sindaco l’ex primo cittadino Paolo Mascaro, che ha ottenuto il 38% dei voti grazie all’appoggio di due liste civiche, e il promoter Ruggero Pegna 24%, che è sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Udc.

Tutto il resto è noia, direbbe Califano. Il Movimento 5 Stelle ottiene un misero 4,27 %, “superato” dal suo stesso candidato a sindaco, Silvio Zizza che raggiunge il 4,64%. Il Pd conferma la tendenza a perdere ogni “tornata” elettorale. Infatti il candidato Eugenio Guarascio non va oltre il 18,96% e il Pd arriva a stento al 13%. Una Caporetto per il governo giallorosso. Un primo avviso di sfratto per questo governo, in attesa dell’arrivo dello tsunami delle regionali.

Sono questi i risultati che gli eletti dei 5 Stelle in Calabria sono riusciti ad ottenere dopo quasi due anni di Governo: il dimezzamento dei voti del Movimento. E questo è solo l’inizio della discesa agli inferi. La loro totale estraneità ai territori, la loro pavidità, il loro predicare bene e razzolare male, non è passato inosservato agli elettori calabresi che alla loro finta “diversità” preferiscono, oggi, quella più truculenta di Salvini. Che li ha completamente defraudati, con il consenso di tanti pezzotti dei 5Stelle, del “titolo” di unica forza “antisistema”. È la Lega oggi il partito antisistema, di “protesta” e per il popolo. E questo solo grazie a statisti del calibro di Di Maio, Tavella, Bonafede, Morra e compari che a lasciare la poltrona proprio non ce la fanno. L’idea di dover tornare ad una “vita normale”, dopo aver assaggiato il dolce miele del potere, proprio non gli garba. E poco importa se l’indecoroso balletto del salto della quaglia a cui abbiamo assistito in questi mesi, prima con la Lega, poi con il Pd, ha prodotto danni irreparabili, l’obiettivo per questi assurdi personaggi è arrivare a fine mandato. Ovvero: restare col culo sulla poltrona il più a lungo possibile. E se questo significa perdere oltre la metà dell’elettorato, chi se ne frega. Meglio un uovo oggi che una probabile gallina domani.

Ed è proprio la paura di tornare alla vita di tutti i giorni che ha indotto personaggi come Morra a gestire il movimento in Calabria, dopo essersene appropriato con metodi malandrini, in maniera ambigua. Morra ha sempre cercato il quieto vivere a “casa sua”. Infatti da quando è presidente della Commissione antimafia, non fa altro che parlare della mafia e della ‘ndrangheta presente in ogni regione italiana tranne che in Calabria e in particolare a Cosenza. I patti stretti da Morra con i poteri occulti di Cosenza sono chiari: non si parla degli amici degli amici di Cosenza, e della corruzione presente in ogni pubblico ufficio cittadino, pena lo sputtanamento dei tanti guai che coinvolgono il figlio di Morra in affari pochi chiari.

Ma soprattutto non disturbare il “conducente”. E non a caso, e tal proposito, Morra è il maggior sostenitore della “tesi” che in Calabria non bisogna presentare liste. Da un lato lo fa per non intralciare il candidato del centrodestra che lo tiene per le palle con la storia delle inchieste sul figlio, e dall’altro perché sa bene che il risultato elettorale per i 5Stelle è scontato: una sonora sconfitta. E questo per Morra, il cui unico scopo è quello di tirare a campare il più possibile come senatore e presidente dell’antimafia, è un grosso problema. Dovrebbe poi spiegare il perché di questo vigoroso calo di consensi, il che lo porrebbe al centro di una furiosa polemica politica che è la cosa che più di tutte fa paura a Morra. Qualcuno potrebbe prendere coraggio e raccontare le tante angherie poste in essere da Morra in questi anni, ma anche gli intrallazzi di cui si è reso protagonista, come la candidatura di un massone alla carica di sindaco di Cosenza. Un altro modo per non dare fastidio al conducente. Senza parlare, poi, dei suoi strani rapporti con certa magistratura.

Ecco, tutto questo i cosentini e i calabresi lo hanno capito. Hanno capito di aver affidato le loro speranze a chi non ha il coraggio di andare oltre, a chi non ha avuto la forza di mantenere le tante promesse fatte in campagna elettorale, a chi non ci ha pensato su due volte a barattare i valori con la poltrona, e allora, di fronte a questo, il calabrese si è chiesto: perché scegliere un fake, tipo Morra, quando si può avere l’originale, tipo Salvini?