Calabria 2021: Il Pd pensa solo ai soldi. Lo dice anche Ciconte

Per il Pd le elezioni regionali, ma anche le amministrative, sono solo una formalità da espletare per piazzare (all’opposizione o in maggioranza per loro non fa differenza) i propri cavalli di razza nei palazzi del potere con un solo scopo: intrallazzare. Perché nella terra dove il partito trasversale è maggioranza, gli affari loschi si fanno tra amici e amici degli amici: chi siede in consiglio regionale, indipendentemente dall’appartenenza partitica, che in questo “quadro” è solo uno specchietto per le allodole,  prima ancora che giurare fedeltà alla stato, al popolo e alla Costituzione, deve promettere fedeltà alla paranza politica trasversale, rispettando  l’unica regola che tutti i “fratelli” sono chiamati ad onorare: sempre e comunque, nell’amministrazione delle risorse pubbliche,  prima di ogni altro, bisogna far felici gli amici degli amici, e se qualcosa  rimane… qualche briciola si può pure destinare al popolo bue.

Ed è proprio questo il presupposto utilizzato dal personaggio Domenico Bevacqua da Longobucco, detto “Chiò Chiò”, che gli ha permesso di stringere un accordo sottobanco con il suo caro amico Roberto Occhiuto, per fermare l’avanzata di De Magistris e garantire a tutti i parassiti politici come lui, di continuare a lucrare e a saccheggiare le risorse pubbliche dei calabresi. Roberto Occhiuto e Domenico Bevacqua si frequentano, sottobanco, da tempo. Sono due amiconi da sempre con molti interessi personali, nella cosa pubblica, da difendere, e non solo (per chi vuole approfondire il rapporto tra i due http://www.iacchite.blog/calabria-2019-aietaorsomarso-occhiutobevacqua-ferromadame-fifi-quando-il-potere-si-toglie-la-maschera/). E per chi vuole approfondire la conoscenza di questo strano personaggio http://www.iacchite.blog/lettere-iacchite-vi-racconto-lirresistibile-ascesa-mimmo-bevacqua/ .

Chiò Chiò (che tradotto significa: “cosa insignificante”) e gli altri compari del Pd, oltre a dover fare i cani da guardia agli interessi loschi dei capibastone del Pd, devono anche recuperare l’investimento economico fatto nella scorsa tornata elettorale che gli ha consentito di sedersi per un anno e poco più sugli scranni del consiglio regionale. Un lasso di tempo non sufficiente per “rientrare” delle spese sostenute nella  scorsa campagna elettorale clientelare. Già, perché quella di Chiò Chiò, come tutte le altre, è una campagna elettorale mirata solo ai suoi clienti, ai quali garantisce ‘mmasciate, corsie preferenziali, cura delle pratiche per finanziamenti vari, prebende e denaro da distribuire a parenti e amici per garantirsi i soliti 6/7mila voti che gli permettono di poter entrare in consiglio regionale. La spesa minima di una campagna elettorale clientelare si aggira sui 150.000 euro. Manifesti, staff, spazi pubblicitari a pagamento, cene, festini, regalie, bustarelle, bollette e mance varie. Una grossa spesa che vale la pena di fare che garantisce per 5 lunghi anni al consigliere, non solo di incassare  quasi 20.000 euro al mese (tutto compreso), ma soprattutto di incassare la percentuale che tutti i consiglieri applicano ai loro amici per portare a buon fine una pratica di finanziamento. La “politica” (che per Chiò Chiò resta una parola grossa) del Pd e di tutti gli altri partiti, è tutta qui. Non sanno fare altro.

A dire questo (noi lo diciamo da secoli) per fortuna non siamo più i soli. A parlare e a sputtanare il PD calabrese ci ha pensato anche il prof Enzo Ciconte (noto esponente del Pd) che in una nota ha raccontato la “genesi” della sua candidatura, e quali sono i veri progetti di Conte e  Letta.

Dice Ciconte: “Il potere in Calabria è una commistione tra politica, settori dell’economia, pezzi di massoneria e di ‘ndrangheta, che sta condizionando da anni la vita e il futuro di questa regione. Ci sono anche pezzi importanti di società civile legati all’intervento pubblico, quindi alla politica. Penso ad ingegneri, architetti, avvocati, medici, legati al potere politico in modo non trasparente”.

Sulla sua mancata candidatura dice: “Ho sempre detto che se un profilo come il mio poteva unificare forze divise, essere percepito come una candidatura non di partito, o, peggio, di una corrente, sarei stato disponibile. Ma solo a queste condizioni. Poi il no alla mia candidatura è arrivato da Giuseppe Conte, Enrico Letta, e settori dei gruppi dirigenti del Pd calabrese. Diciamo che è stato un no congiunto, unitario”.

L’affondo finale al Pd, dice Ciconte: “Loro giocano a perdere e a spartirsi i dodici posti che toccano alla minoranza, io avrei giocato per vincere. L’annuncio della mia candidatura aveva già smosso le acque e rimotivato fette di elettorato democratico che non votano, oppure che guardano con interesse alle liste di de Magistris. Insomma, si combatte per vincere, non per conquistare qualche consigliere di opposizione e fare inciuci con chi governa. Lo schema Irto era lo stesso: perdiamo, ma onorevolmente. La candidatura di oggi ripete lo schema Callipo (l’industriale del tonno candidato alle scorse regionali, ndr): andiamo a perdere e basta. Non hanno in mente l’obiettivo ambizioso di scardinare un sistema di potere che è il vero cancro della Calabria. Letta e Conte avevano l’occasione per farlo. Non lo hanno voluto fare. Punto. Il Pd in Calabria è fatto di feudi che si combattono tra di loro, è questa l’immagine che hanno offerto in questi anni. Sentite gli iscritti e vi racconteranno cose strabilianti”.

Insomma, lo hanno capito tutti che la scelta della signora Ventura è frutto di uno squallido accordo di potere massomafioso funzionale al mantenimento dello status quo. In Calabria nulla deve cambiare, e De Magistris rappresenta l’unica vera “minaccia” ai loro loschi interessi, e per questo va fermato. E tutti devono fare la loro parte, costi quel che costi. Più che una “tornata elettorale” dove eleggere i propri rappresentanti nel “parlamento” regionale, l’imminente “esercizio democratico” somiglia molto di più ad un referedum dove i calabresi sono chiamati a scegliere tra il bene e il male. E non è per niente una esagerazione.

La conclusione, alla luce di tutto ciò, non può che essere questa: per questa gentaglia, la politica è solo una questione di soldi.  Tutto il resto sono solo chiacchiere.