Calabria. Cesareo cade come un pollo nel “trappolone” di Giletti, Morra e Polimeni

Nella sua continua e a dirla tutta sempre più stucchevole ricerca di “fenomeni calabresi”, il pollaio di Giletti ha trovato ieri sera un altro personaggio ideale: il dottore Vincenzo Cesareo da Cetraro, ex direttore sanitario dell’ospedale Iannelli. Cesareo è salito alla ribalta delle cronache per il famigerato caso dei tamponi agli amici degli amici, anzi pure ai… gatti, come da grottesca intercettazione telefonica, che gli è costato l’interdizione per un anno dai pubblici uffici con le pesanti accuse di peculato e corruzione e quindi la pensione “anticipata”, vista l’età…

Giletti gli ha teso un’imboscata tanto perfetta quanto prevedibile, facendogli trovare come in una sorta di plotone d’esecuzione Nicola Morra col fucile spianato, Pierpaolo Sileri che gli reggeva il gioco e Lino Polimeni, presunto “amico”, che alla fine gli ha calato il pacco delle accuse più gravi e l’ha messo definitivamente kappaò. Un cappotto talmente pesante che non si capisce davvero perché Cesareo abbia deciso di recitare la parte della vittima sacrificale. Cosa si aspettava? Che gli stendessero i tappeti rossi? O che gli permettessero di parlare di quello che voleva lui ovvero delle sue denunce contro la procura-porto delle nebbie di Cosenza? Se lo pensava veramente, beh non c’è dubbio che gli sia andata malissimo.

Che Giletti gli avesse preparato il “trappolone” per catturare spettatori per il suo teatrino-pollaio, è stato chiaro fin dall’inizio e precisamente da quando il pessimo Morra ha fatto la parte dell’irriducibile “paladino” della legalità (per i caggi) elencando i trascorsi politici “ballerini” e decisamente impresentabili di Cesareo ma soprattutto esaltando la sua vicinanza al clan Muto, che era ovviamente l’obiettivo principale della trappola.

Non solo la contiguità al clan Muto con allusioni, a dire il vero un po’ patetiche, a comparaggi “battesimali” ma anche il carico delle intercettazioni a casa del boss Pelle a Locri con tanto di citazione testuale del “Cesareo pensiero” ovvero “… Mi sento uno della famiglia…” (Pelle ovviamente). E così, il malcapitato Cesareo ha provato a cercare rifugio in Sileri e anche nel candidato governatore De Magistris ma si è trovato davanti da una parte il faccione (di bronzo) del medico toscano, che pontificava – non si capisce da quale pulpito – sulla connivenza tra malapolitica e malasanità, come se lui non fosse dove si trova per gli stessi motivi di Cesareo… e dall’altra un De Magistris che, per quanto non abbia voluto infierire, non ha potuto fare a meno di sottolineare quanto Cesareo sia “borderline” nelle sue manifestazioni.

Il colpo di grazia invece gliel’ha dato, come da scontatissimo copione, quello che in origine doveva essere il suo “alleato” ovvero Lino Polimeni. Ccuri cazzi… Il conduttore di Articolo 21 infatti si è quasi giustificato per essersi fatto fare da “cicerone” da Cesareo in una delle sue patetiche incursioni all’ospedale di Cetraro e gli ha assestato la mazzata finale: la sorella sposata col braccio destro del re del pesce!!! Messo alla berlina o se preferite ridotto a “punching ball” (il sacco che usano i pugili per allenarsi), Cesareo è stato liquidato col fatidico “torni la prossima settimana” e se n’è andato con la coda tra le gambe rinunciando persino alla più logica delle difese. Già, perché in Calabria finanche i fratelli Occhiuto si sono concessi il lusso di sputtanare Morra ricordandogli le frequentazioni paramafiose (proprio con lo stesso clan Muto) del suo rampollo ma Cesareo neanche quello è riuscito a rinfacciargli…

L’altro mistero del teatrino di ieri sera – come del resto di quasi tutti quelli già andati in scena – resta la presenza di De Magistris. Caro Luigi, ma sei proprio sicuro che ti convenga frequentare il pollaio di Giletti?