Calabria. Come il potere locale protetto da quello centrale spegne i sogni: la storia drammatica delle OMC

Meglio fare l’imprenditore in Calabria che l’operaio in Val Trompia

di Gioacchino Criaco 

La meccanica delle armi ha un impulso straordinario fra vicende internazionali e leggi agevolanti interne. Se si è bravi col tornio c’è da farsi un buon stipendio. Ma pure in Calabria uno potrebbe arricchirsi con la meccanica, guardate a Reggio cosa combinano con l’Hitachi. Certo loro lo fanno da giapponesi, a farlo da calabresi sarebbe diverso, anzi lo è: tutti quelli che ci hanno provato, ci provano, o sono andati a sbattere o sbatteranno contro i muri soliti, o lo stato o l’antistato.
Per fare l’esempio del fallimento, il più calzante di sicuro è l’esperimento dell’ingegner Bruzzese con le moto di Gerace e di come il potere locale, protetto da quello centrale, spenga i sogni in Calabria.

La storia drammatica delle OMC, officine meccaniche calabresi, dimostra e conferma che il sistema, di tipo feudale, che da sempre domina la Calabria, a ogni accenno di cambiamento ha costruito una diga a fermare il fiume dei sogni.
A Gerace, nel 1924, un pazzo, il solito folle calabrese, Vincenzo Bruzzese, ingegnere, costruì una fabbrica portando dal nord le maestranze. Come nelle favole, o nei film americani, l’azienda in un lampo crebbe; passò dai bulloni alle moto, ai motori d’aereo. 250 operai di cui 50 donne, case per tutti, il dopolavoro, il futuro in mano. Una corsa gloriosa, in fuga per la vittoria. E proprio quando l’ingegnere aveva distanziato gli altri; i latifondisti della Locride gli fecero spalancare dai propri sgherri, le porte del carcere: un’accusa fittizia per un ammanco bancario. Il fallimento della ditta e la chiusura.

Dieci anni durò il sogno di Vincenzo. Per dieci anni i braccianti si evitarono d’inghiottire il sale della terra e di concedere le loro donne agli gnuri.
Poi i latifondisti si ripresero gli schiavi; il sogno diventò il solito incubo nostrano, e la 175 OMC avvolse il rombo del suo motore nell’abbraccio mortale delle edere.