Calabria. Cosa resta dei sette anni di Gratteri a Catanzaro? (di Francesco Cirillo)

Povera patria

di Francesco Cirillo

Povera patria e… povera Calabria, ci poniamo tutti questa domanda dopo la partenza del procuratore Gratteri: cosa rimane del suo passaggio nella nostra regione? Sicuramente una trentina di suoi libri e altrettante presentazioni nelle scuole, sui vari lungomare dei comuni, nelle librerie, e qualche cittadinanza onoraria e molti pensiamo lo ricorderanno per tutto questo. Per il resto assolutamente niente, nel senso che Gratteri lascia così come trovò la Calabria, sette anni e mezzo fa, e tempo ne ha avuto.

Ogni sua operazione è valsa l’arresto di centinaia e centinaia di persone, interviste e conferenze stampa in tv, apparizioni in talk show e parallelamente però altrettante scarcerazioni, decine di assolti alla fine dei suoi processi, e comunque anche una massa enorme di non luogo a procedere, basti per tutte la famosa operazione fatta a Platì con l’impiego di mille carabinieri finita nel nulla più assoluto.

Dirà qualcuno che intanto queste operazioni hanno portato all’arresto di delinquenti, e allora vorrei mettere questi signori al posto degli assolti finiti nel tritacarne della giustizia giustizialista, sulle prime pagine dei giornali con le proprie foto, nello sconforto delle famiglie, nella vergogna avuta dai padri o dai figli. E ripeto la domanda: dopo tutto questo clamore di operazioni militari cosa è rimasto in Calabria? Niente, assolutamente niente, la ‘ndrangheta c’era e la ‘ndrangheta è rimasta. Non è stato scalfito assolutamente niente in quanto la ‘ndrangheta è forte come lo era prima per un solo motivo: il potere economico gestito dalle cosche è rimasto intatto.

La ‘ndrangheta, com’è scritto negli stessi libri di Gratteri, è una piovra che vive sull’economia tramite il riciclaggio del danaro, attraverso le banche, gli investimenti edilizi e commerciali, lo spostamento di ingenti somme di danaro all’estero. Non una sola operazione ha coinvolto le banche, i vertici del mondo politico, non una sola inchiesta ha approfondito i rapporti sulla massomafia, sulla gestione della droga a livello internazionale, sulla gestione della finanza legata ai colletti bianchi, alle grandi speculazioni edilizie che continuano ad esserci in tutta la regione.

Pochissimi sindaci sono stati scalfiti dalle sue inchieste, pochissimi funzionari di qualche ufficio pubblico, di quelli che ben sappiamo che delinquono e che tutto il popolo calabrese ben conosce perché costretto a dargli mazzette, a fornire aiuto elettorale, a essere omertoso su quanto avviene nei comuni. La ‘ndrangheta festeggia per questo, non perché se n’è andato, perché sa di essere forte e Gratteri ha dimostrato che lo è non riuscendo ad intaccarla.

Povera Calabria e poveri quei calabresi che si erano illusi che le sue operazioni avrebbero cambiato il modo di vivere ed agire e che si sarebbero liberate delle tante famiglie che più dello stato controllano il territorio. Tutto è come prima e tale resterà. Intanto la gente onesta, i calabresi, affondano per l’aumento dei prezzi, per la mancanza di politiche sanitarie, di interventi sulla descolarizzazione, sul controllo nei territori attraverso non i posti di blocco ma con una politica sociale che offra lavoro certo e retribuito e non incentivi provvisori. Una politica sulla cultura e su un turismo che debba davvero valere tutto l’anno e non quello distruttivo del mordi e fuggi estivo, mettendo in campo lavoro stabile sfruttando le tante risorse disponibili nella nostra regione come parchi marini e terrestri, strutture turistiche, agricoltura biologica. E tutto questo la nostra classe politica, destra o sinistra è uguale, non è in condizioni culturali di poterlo realizzare in quanto legata ai soliti interessi e in molti casi alla stessa ‘ndrangheta. Ciao Gratteri. grazie e come si dice da noi…ti salut’ ped’ i ficu!