Calabria, faida tra magistrati: Morra/Manzini e “il tempo delle querele”

Da quando è stato eletto al Senato, o meglio da quando è stato miracolato, Morra ha fatto di tutto per non dare fastidio al “conduttore”. Che nel nostro caso si chiama Occhiuto Mario. Ha contrapposto, nel 2016, alla ricandidatura di Mario Occhiuto a sindaco della città, un massone. Un modo per non intralciare il percorso verso la riconferma di Occhiuto. Nessuno si aspettava che i 5 stelle a Cosenza candidassero un conclamato “Cavaliere del Santo Sepolcro”, specie in quel periodo quando i sondaggi erano tutti a loro favore. E infatti nessuno li ha votati. Una scelta che gli stessi attivisti della prima ora gli hanno contestato, creando una forte spaccatura tra la base e gli eletti che da allora non si è più sanata. Di più: Morra, capito che qualcuno ostacolava il suo percorso, si è adoperato subito per tacitare, con metodi da prima Repubblica, tutti i contrari alle sue manovre: controllo del voto interno, riunioni segrete per colpire questo o quell’iscritto ribelle, e pettegolezzi di ogni sorta contro chi solo osava, in maniera critica, pronunciare il suo nome. Una sorta di piccolo Stalin de’ noantri.

Da allora la nostra testata ha scritto quasi tutti i giorni su Morra, raccontando la genesi politica di questo strano personaggio che tutti, oggi, hanno capito di che pasta è fatto: predica bene e razzola male. Esattamente come tutti i politici legati al sistema che lui dice di voler combattere. Un percorso, quello di Morra, che inizia con una forte vicinanza alla potente famiglia Gentile, alias i Cinghiali. E prosegue con l’ammanicamento da parte del figlio, famoso imprenditore della movida locale, con esponenti legati a noti personaggi intrallazzati del Pd.  La peculiarità che contraddistingue il lavoro del figlio di Morra dagli altri imprenditori della movida è che apre e chiude locali, in città e sulla costa tirrenica del Cosentino, alla velocità della luce. Lasciandosi dietro, spesso e volentieri, debiti e malcontento. Una situazione che ha posto più di una volta in forte imbarazzo il padre.

Erano i primi tempi di vita della nostra testata, frequentata all’epoca anche da molti attivisti del Meetup cosentino, con i quali avevamo instaurato un proficuo rapporto di “scambio di conoscenze”. Tant’è che stilammo insieme il primo famoso esposto sui famigerati cottimi fiduciari, e somme urgenze, concesse a ditte amiche di Occhiuto, in barba ad ogni regola e alla rotazione obbligatoria delle ditte. Un esposto che i ragazzi del Meetup decisero di far firmare al senatore Morra per dare, secondo loro, più valenza politica alla denuncia. Una firma che Morra “fu costretto” a mettere: non poteva mica rifiutarsi: come giustificare ai “grillini” un eventuale rifiuto? Anche perché l’esposto presenta delle verità certificate e prove inconfutabili, da lui stesso verificate. Una firma che da quel momento in poi lo costringe ad assumere una posizione pubblica di scontro nei confronti dell’amministrazione Occhiuto, ma è solo una grande finzione, e spieghiamo il perché.

La procura di Cosenza era retta all’epoca dal dottor Granieri. Un magistrato che nella sua vita professionale non ha mai brillato. Una carriera, la sua, sponsorizzata dagli amici degli amici, ai quali il procuratore capo era molto legato. Gli stessi amici degli amici che hanno a cuore le sorti di Occhiuto, messo lì, sulla poltrona da sindaco, proprio da loro, con la funzione principale, non di amministrare la città, ma lucrare sulle casse pubbliche per far fronte ai tanti debiti accumulati, con diversi amici degli amici, nella sua fallimentare esperienza lavorativa di architetto. Dice la Guardia di Finanza che ha curato l’inchiesta sulla bancarotta fraudolenta del sindaco: Occhiuto ha amministrato 18 società, tutte fallite che hanno prodotto un buco di ben 28 milioni di euro. Per lo più denaro dovuto ad istituti di credito, dove “risiedono” nei consigli di amministrazione diversi amici degli amici che hanno finanziato e sponsorizzato la candidatura di Occhiuto proprio con lo scopo di poter recuperare, attraverso il ladrocinio organizzato (Sistema Cosenza) dal sindaco del denaro pubblico, le somme prestate nei tempi belli e senza garanzie al fallito architetto. Erano i tempi di Roberto Occhiuto presidente dei deputati di Forza Italia, quando Forza Italia viaggiava al 25%, e con stretti legami al Vaticano: Cardinali e Vescovoni, spesso garanti, a parola, dei tanti prestiti bancari concessi a Occhiuto Mario.

Il mandato per Granieri era chiaro: insabbiare tutto ciò che riguarda Mario Occhiuto, lasciarlo rubare a più non posso fino ad “esaurimento debiti”. E così Granieri ha fatto. Ogni esposto, ogni denuncia, ogni notizia di reato nei confronti di Occhiuto spariva in men che non si dica nel segreto dimenticatoio della procura cosentina. E nel silenzio di Morra nonostante l’esposto a sua firma sulle “ditte amiche” di Occhiuto.

Nel mentre, la nostra campagna stampa contro la corruzione e gli intrallazzi di Occhiuto andava avanti, non senza problemi. Perquisizioni in redazione, decreto di sequestro (!!!) del sito, denunce a dire basta. E nonostante le nostre tante richieste di intervento proprio a Morra, al quale chiedevamo un interessamento serrato sul perché la procura non agiva nei confronti di Occhiuto, il silenzio regnava sovrano.

Morra ha un grande problema: conciliare il suo voler a tutti i costi il “quieto vivere” nella sua città, onde evitare “ritorsioni” per via dei suoi scheletri nell’armadio, con la sua nuova maschera di personaggio che “grida all’onestà”.

Iacchite’ è stato ede è la sua spina nel fianco. Morra non vorrebbe dire niente sugli intrallazzi di Occhiuto, ma è costretto a prendere posizione, non può far altrimenti davanti a tanta evidenza. Non sa che pesci prendere, stretto tra il nostro fuoco e quello dei suoi “vecchi amici”. E come spesso capita ai miracolati arriva in suo soccorso una notizia che gli permetterà di barcamenarsi dentro questa storia senza correre rischi di far diventare concrete le sue false denunce.

Viene nominata come aggiunto presso la procura cosentina, nel 2014, la dottoressa Marisa Manzini. Un magistrato di lunga esperienza ma anche chiacchierato.

La dottoressa Marisa Manzini ha maturato la sua esperienza professionale prima come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme (dal 1993 al 2003), poi presso il Tribunale di Catanzaro dal 2003 al 2009, quindi come Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro. Dal 2003 è stata inserita nella Dda, con competenza per i delitti di criminalità organizzata relativamente a tutto il territorio compreso nel circondario del Tribunale di Vibo Valentia, mantenendo direttamente rapporti di collaborazione e coordinamento con la Procura di Vibo Valentia. Ed è qui che “interagisce” con l’allora procuratore capo di Vibo, Mario Spagnuolo.

Le chiacchiere sulla Manzini presero il via dopo che un senatore cuneese dell’allora Pdl, Giuseppe Menardi, 55 anni, ingegnere, presenta un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia sulla Manzini, raccontando storiacce sull’operato del magistrato. In sostanza, il senatore di Cuneo accusa la Manzini di aver acquistato, per “interposta persona”, una villa da un imprenditore chiacchieratissimo. E ciò, scrive Menardi, “crea imbarazzo tra i colleghi”. Inoltre la Manzini avrebbe omesso di investigare su personaggi collusi con latitanti, avrebbe trattenuto per anni fascicoli importanti sulla scrivania, avrebbe omesso di richiedere misure alternative per alcuni personaggi simpatici come una sanguisuga nella vasca da bagno e – qui viene il bello – avrebbe soggiornato gratis alla Clinica San Raffaele di Milano anziché pagare 13mila euro e avrebbe chiesto raccomandazioni per il marito, medico chirurgo.

A difendere la Manzini l’allora onorevole Angela Napoli che attraverso un’altra interrogazione parlamentare chiarisce le qualità del magistrato e si dice sorpresa che a presentare l’interrogazione parlamentare contro il magistrato fosse stato un senatore di Cuneo che della Calabria sa ben poco. Come a dire: quello sulla Manzini, altro non è che una grossa colata di fango orchestrata da politici collusi con ‘ndrine del Vibonese, nel vano tentativo di arginare l’azione repressiva messa in atto dal magistrato contro le cosche di Vibo.

L’arrivo della Manzini alla procura di Cosenza per Morra è manna dal cielo. Con lei instaura, da subito, un intenso rapporto. Ed è a lei che Morra si rivolge ogniqualvolta Occhiuto si macchia di qualche reato. E così Morra dà il via a un periodo che sarà ricordato come il “tempo delle querele”. Morra ha trovato il gancio giusto nella Manzini, che evidentemente si è prestata, per poter dire pubblicamente peste e corna di Occhiuto, presentare denunce ed esposti presso il suo ufficio, per mantenere il personaggio che grida all’onestà, con la sicurezza che tutto resterà chiuso in un cassetto. Infatti, nonostante diversi esposti presentati da Morra contro Occhiuto, nulla si è mosso in termini giudiziari. Un modo come un altro per salvare capre e cavoli. Un favore che presto Morra restituirà alla Manzini nominandola sua consulente a Roma presso la commissione antimafia. Ed è per questo che la Manzini è oggetto, all’epoca, di una nostra campagna stampa dove le abbiamo rimproverato il suo pettinare le bambole da mattina a sera, nonostante il continuo e reiterato ladrocinio, sotto gli occhi di tutti, da parte di Occhiuto, delle casse pubbliche. E il disseto del Comune è la prova provata di quel saccheggio.

Le schermaglie tra Occhiuto e Morra dell’epoca fanno parte del “gioco delle parti”, entrambi hanno avuto garanzie che non succederà nulla. Del resto Occhiuto ha tirato fuori argomenti per far capire a Morra che se non si trova una soluzione per fermare queste sue continue denunce, istigate secondo Occhiuto da Iacchite’, lui è pronto a fare la fine di Sansone: morire insieme a tutti i Filistei.  E per essere sicuro del risultato tira fuori una storia proprio sul figlio di Morra, e dice pubblicamente (in risposta a Morra che gli rimprovera di essere amico di “ditte amiche” mafiose): “il paradosso è che, da quello che mi dicono, un suo stretto congiunto (il figlio di Morra) esercita addirittura le sue attività imprenditoriali spesso in società con soggetti in odor di mafia”. Ed è per questo che risulta indagato presso la Dda di Catanzaro. Un messaggio chiaro che non lascia spazio a dubbi. Come a dire: se tu continui ad invocare l’arrivo di Gratteri a Cosenza, nei miei confronti, sappi che da Gratteri ce n’è pure per tuo figlio. Regolati.

Ed è proprio in questo passaggio che si instaura l’amicizia tra Morra e Gratteri. Lo stesso Gratteri impegnato in un duro scontro contro Lupacchini. Se c’è mai stato un accordo tra i due, non lo sapremo mai. Il dato certo che emerge è che Gratteri non è mai intervenuto su Cosenza, nonostante le corpose e documentate indagini di Bruni prima, e Falvo dopo. Un caso? Non lo sappiamo. Gratteri, forse inaspettatamente, ha trovato in Morra un ottimo interlocutore: poter “controllare” Morra, specie in un momento in cui lui è impegnato a difendere sia Luberto che Spagnuolo dagli attacchi di Lupacchini, e il più bel miracolo che potesse ricevere. Fermare il megafono di Morra che continua a dire che a Cosenza c’è la corruzione è molto importante per la strategia di Gratteri contro Lupacchini. Se Morra fa finta di non vedere più la corruzione a Cosenza, Lupacchini non può più sostenere le accuse contro Spagnuolo. E Gratteri può stare tranquillo. Morra cede e si adegua: promette che non parlerà più del “Sistema Cosenza”, così come nessuno palerà più de tanti guai che riguardano il figlio.

Ma Morra ha un ultimo problema da risolvere. Nella foga di quel periodo, dopo la vittoria dei 5 stelle alle politiche del 4 marzo 2018, otto deputati pentastellati cosentini, seguendo tutto il nostro ragionamento, producono una interrogazione parlamentare al ministro Bonafede, dove chiedono una ispezione presso il Tribunale di Cosenza a seguito degli allarmanti articoli di stampa, e delle tante denunce che non hanno avuto seguito, che descrivono uno scenario allarmante presso la procura. Un bel guaio per Spagnuolo e compari che nascondono tutto da anni. Una richiesta che va fermata ad ogni costo. Ed è qui che ancora una volta entra in scena la politica e la magistratura corrotta. E tocca a Morra porre rimedio. E cosi si adopera…

5 – continua