Calabria, le nuove direttive europee rendono obsoleto il Piano regionale dei rifiuti (di Matteo Olivieri)

RIFIUTI | Dal 2020 l’Europa imporrà il raggiungimento di obiettivi più restrittivi nella raccolta differenziata ed una riduzione dell’invio in discarica dei rifiuti indifferenziati. Tutto ciò richiederà importanti cambiamenti nella gestione del sistema dei rifiuti e agevolerà ulteriori progressi nella raccolta differenziata e nel riciclaggio dei rifiuti, evitando che i materiali riciclabili vengano considerati come rifiuti. In questo modo, il recente Piano Regionale dei Rifiuti della Regione Calabria è di fatto già obsoleto.

di Matteo Olivieri

Il prossimo 26 ottobre si terrà nella Cittadella regionale la riunione dei rappresentanti dell’Ambito Territoriale Ottimale di Cosenza (ATO1) per illustrare le  nuove tariffe di conferimento dei rifiuti nonché per la individuazione di un sito idoneo alla realizzazione dell’”eco-distretto”, cioè della piattaforma per la selezione e il trattamento dei rifiuti urbani, asservita alla raccolta differenziata negli impianti di smaltimento regionali. Di tale incontro si è venuti a conoscenza pochi giorni fa, quando è trapelata in ritardo la notizia di un incontro convocato dal Sindaco di Rende, in qualità di Presidente dell’ATO Cosenza, per discutere coi rappresentanti della comunità d’ambito del percorso di realizzazione del sistema regionale dei rifiuti nel settore “Cosenza Nord”, già deliberato col Piano Regionale dei Rifiuti del 2016.

La richiesta di trattamento dei rifiuti è ben superiore alla capacità dell’impiantistica regionale disponibile, poiché  è in aumento il numero di Comuni che ha iniziato ad attivare il servizio di raccolta differenziata spinto.

Nel nuovo impianto da localizzare nell’ATO di Cosenza verranno recuperate le frazioni riciclabili derivanti dai rifiuti indifferenziati; “valorizzazione” degli imballaggi cellulosici in convenzione con il Consorzio Comieco e quelli del legno in convenzione con il Consorzio Rilegno; la gestione del multimateriale derivante da raccolta differenziata (tra cui la piattaforma di gestione del vetro) e, soprattutto, la linea di trattamento anaerobico della frazione organica dei rifiuti solidi urbani FORSU e del verde pubblico con produzione di biogas (biometano immesso in rete), e produzione di terriccio. A prima vista, quindi, il nome eco-distretto sembra rassicurante. Ed invece non lo è. Infatti, i metodi scelti per la lavorazione dei rifiuti producono percolato che andrà smaltito. Inoltre, nel Piano Regionale dei Rifiuti si legge che «tutti i 9 impianti pubblici di trattamento rifiuti di cui alla presente pianificazione, a valle delle operazioni di selezione e valorizzazione per il recupero di materia, produrranno degli scarti di lavorazione, che in parte potranno essere avviati a termovalorizzazione per recupero energetico e in parte dovranno essere smaltiti in discariche di servizio». In particolare, dalla frazione organica derivante dal trattamento dei rifiuti indifferenziati si ottiene il “combustibile da rifiuti” (CSS), da avviare a recupero di energia nel termovalorizzatore di Gioia Tauro, che ha una capacità pari a circa 150.000 t/anno, sufficiente a soddisfare il fabbisogno calabrese. La parte organica a valle del trattamento, invece, finirà in discariche di servizio in giro per la Calabria, di cui nella zona di Cosenza nord si sta cercando appunto un sito idoneo.

Gli smaltimenti che andranno in discarica riguarderanno quindi solo le frazioni non riciclabili, a valle dei trattamenti di recupero e riciclo dei rifiuti urbani, ma si tratta comunque di quantitativi rilevanti. In particolare, apprendiamo che «la nuova pianificazione regionale dovrà garantire una disponibilità di discariche su base annua, destinata esclusivamente agli scarti non riciclabili e alle scorie del termovalorizzatore di Gioia Tauro, non minore di 100.000/150.000 tonnellate/anno» mentre il sito da individuare per l’ATO di Cosenza Nord deve avere una capienza decennale stimata in 350.000 metri cubi. Tale valore va considerato però in via prudenziale perché – continua il documento – «in relazione alle esigenze di organizzazione del servizio, le Comunità d’Ambito potranno pianificare e progettare volumetrie di discariche con previsioni temporali anche maggiori di quella decennale sopraindicata.» Quali siti nella zona di Cosenza Nord sono in grado di garantire una capacità di almeno 350.000 metri cubi, visto che le attuali normative impongono il principio “discariche zero” e, anzi, vietano l’apertura di nuove discariche? Evidentemente non potrà che trattarsi di vecchi siti di discariche, da utilizzare a completamento. Gli unici siti “utili”, nella zona di Cosenza Nord, si trovano ubicati a Rende e Castrolibero (nel cuore dell’area urbana di Cosenza-Rende), e – in parte – a Castrovillari ma tutti sono già da tempo attenzionati dalle autorità competenti per i numerosi fenomeni di inquinamento grave e diffuso mai affrontati e risolti.

Le quantità trattate dall’impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro sono destinate ad aumentare da circa 73.000 ton. di rifiuti urbani e speciali nel 2014 a circa 120.000 t/a nel 2020.

Tutti gli impianti di trattamento previsti dalla nuova impiantistica regionale entreranno in funzione “a partire dal 2020” e, secondo le pie intenzioni di chi ha realizzato il Piano, permetteranno di “fare il grande e definitivo salto verso un conferimento in discarica del 20% massimo dei rifiuti urbani” prodotti. Peccato che lo scorso 4 luglio è entrato in vigore un pacchetto di quattro nuove Direttive UE in materia di “economia circolare”, che vanno a rivedere le precedenti norme relative alla gestione di rifiuti, discariche, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ed imballaggi. In base a tali direttive, che gli Stati membri dovranno recepire entro due anni (quindi entro il 5 luglio 2020), vengono fissati nuovi ambiziosi obiettivi di riduzione dell’ammontare dei rifiuti non riciclati, tra i quali il limite del 10 per cento dei conferimenti in discarica, e l’incremento delle percentuali da raggiungere nel riciclo dei materiali. Per esempio, si dovrà garantire una percentuale minima del 55% dei rifiuti urbani domestici e commerciali, che salirà progressivamente al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. Quindi, le nuove direttive europee rendono il Piano Regionale dei rifiuti della Regione Calabria, approvato nel 2016, di fatto già obsoleto. Pertanto, la Regione Calabria, che non ha ancora completato lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per la gestione dei rifiuti, si troverà con le mani legate, dovendo terminare gli investimenti iniziati e contemporaneamente iniziare a progettare il futuro senza discariche e termovalorizzatori. Se non lo farà, sarà passibile di procedura di infrazione comunitaria. Se lo farà, manderà in soffitta l’attuale sistema in corso di realizzazione. Stiamo parlando di un impegno economico assai rilevante, se si considera che l’investimento complessivo per l’ammodernamento e il completamento dell’impiantistica regionale e delle strutture di supporto al sistema di gestione, deliberato nel Piano del 2016, ammonta a circa 532 milioni di euro. Soldi spesi invano!

Fin dal Settembre 2014, la Commissione Europea ha preannunciato la revisione della legislazione europea sui rifiuti, con la Comunicazione “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti”.

Sarebbe facile ironia ricordare che le 4 nuove direttive europee non cadono dalle nuvole ma sono il frutto di un percorso iniziato dalla Commissione europea nel 2014 e, pertanto, chi in Calabria si apprestava a mettere mano al sistema dei rifiuti, non poteva non conoscerlo. Personalmente, sto mettendo in guardia tutti fin dal momento in cui si stavano elaborando le linee guida per la redazione del Piano regionale dei Rifiuti, seppure invano. La verità è che la storia da ormai ragione a quanti – da anni – criticano l’intero impianto del Piano Regionale dei Rifiuti, perché figlio di una concezione vecchia e ormai anacronistica, che privilegia discariche e termovalorizzatori al riciclaggio ed al recupero dei rifiuti, nonché i processi di digestione anaerobica (causa di odori nauseabondi) a quella aerobica, laddove le precedenti direttive europee del 2008 – stabilendo il principio della “gerarchia dei rifiuti” – dicevano l’esatto contrario. Dello stesso avviso è così anche la recente direttiva (UE) 2018/850 quando afferma che «la progressiva riduzione del collocamento in discarica dovrebbe evitare lo sviluppo di una sovracapacità per gli impianti di trattamento dei rifiuti residui, come per esempio attraverso il recupero di energia o il trattamento meccanico-biologico di scarsa qualità dei rifiuti urbani non trattati».

Ma, si sa, si tende spesso a fare orecchie da mercante: purtroppo la Calabria è piena di presunti esperti che vendono come futuro realtà trapassate, e che vanno sostenendo dogmaticamente in giro che non vi sia alternativa credibile alle discariche e alla termovalorizzazione. Tutte queste persone, ora, sono state definitivamente sconfessate dai fatti e si auspica che verranno presto tolte dai piedi, se non si vuole continuare a far camminare questa regione col freno a mano tirato.