Calabria, processo alla ‘ndrangheta. Il pm Sirleo sta con PresaDiretta: “Informazione corretta”

Dopo la puntata della trasmissione PresaDiretta, dedicata interamente alla maxi inchiesta “Rinascita Scott”, sulla rivista di “Magistratura democratica” il giudice Emilio Sirianni ha invitato “chiunque indaghi sulla criminalità mafiosa a non arruolarsi alla guerra che il procuratore Gratteri ha evocato in tv”. In risposta all’articolo in questione il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Paolo Sirleo ha scritto una lettera aperta che è stata diffusa nella mailing-list dell’Associazione nazionale magistrati. Ne riportiamo qualche stralcio dopo che ilfattoquotidiano.it l’ha pubblicata integralmente nel blog riservato a Speaker’s corner.

Le “assurdità” del territorio vibonese.
Dopo aver visto la trasmissione televisiva PresaDiretta, scrive Paolo Sirleo, “mi sono chiesto, ad esempio, come sia stato possibile che nel territorio vibonese un latitante fosse stato eletto sindaco. Mi sono chiesto, ad esempio, come mai un elicottero sia atterrato impunemente su una pubblica piazza con il beneplacito delle istituzioni locali. Mi sono chiesto, ad esempio, come un importante ex parlamentare della Repubblica abbia candidamente ammesso che, per acquisire un resort di lusso, si dovesse ricorrere necessariamente al boss di zona, asserendo di volersi fare egli stesso parte diligente per intercedere con lui (sono parole sue, fino a prova contraria, non quelle di un investigatore o di un pentito)”.

“Vibo Valentia come terra di nessuno”.
O ancora, continua il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro facendo riferimento all’omicidio di Matteo Vinci, “mi ha impressionato, ad esempio, la tragica virulenza manifestata per rivendicare sine titulo un fazzoletto di terra”. “E a queste banali riflessioni – evidenzia Sirleo – si è accompagnata una ulteriore domanda: quali fossero le responsabilità e le inerzie dello Stato, perché la provincia di Vibo Valentia assurgesse agli onori della cronaca quale terra di nessuno“. Arrivando poi a chiedersi “come mai di tutto questo non se ne parlasse abbastanza sui giornali“.

“È giusto che il cittadino sia messo nelle condizioni di capire”.
Entrando nel merito dell’oggetto della puntata, inoltre, il sostituto procuratore sottolinea che sono stati sentiti gli investigatori – “che si sono limitati a fornire alcune indicazioni su specifici temi di accusa, senza esprimere giudizi o trarre conclusioni” – e anche difensori e imputati, “che hanno espresso le loro considerazioni“. Per cui “l’utente si è fatto una sua idea. Come è giusto che sia. Idea che è altra cosa rispetto al giudizio, che si formulerà nell’unica sede prevista, qual è il processo”: “È giusto e doveroso – spiega Sirleo in un altro passaggio – che il cittadino sia messo nelle condizioni di capire come viene amministrato un Comune, partendo dal resoconto dei nudi fatti emersi nel corso di una indagine o di un processo in corso di celebrazione. È giusto e doveroso a prescindere dagli esiti del processo, che magari sancirà che quei fatti, pur risultando oggettivamente espressivi di una cattiva gestione della cosa pubblica, non sono reato”.

Il giornalismo d’inchiesta giudiziaria e la corretta informazione.
In fondo, per fare giornalismo d’inchiesta giudiziaria, “si deve necessariamente far riferimento inevitabilmente ai processi, se celebrati, ovvero alle indagini. E normalmente sì sentono gli investigatori e le altre persone in grado di fornire indicazioni pertinenti con il tema di cronaca ricostruito”. “Per cui – evidenzia ancora Paolo Sirleo – mi pare stupefacente che il succo della riflessione non sia l’oggetto della inchiesta giornalistica, ma l’operato degli investigatori e ‘dell’inquirente’, rei di avere fornito, con difensori e imputati, delle mere indicazioni a un giornalista per assicurare una corretta informazione. Informazione che riguardava fatti di rilievo che, come tutti i fatti di rilievo, vengono sempre raccontati a caldo e nella immediatezza. Senza aspettare la sentenza definitiva“.