Abbiamo iniziato da un mese e mezzo il nostro viaggio, sempre contromano, nel circuito della sanità calabrese e l’abbiamo fatto nella consapevolezza che ormai il tempo sia scaduto se all’orizzonte si manifestano nuovi soggetti, più che conosciuti alle cronache, che aggiunti ai nostri “criminali” faranno del “diritto alla salute” dei calabresi l’ultimo totem da esibire quando anche la pelle sarà diventata un tamburo. E sinceramente non pensavamo che la magistratura si svegliasse improvvisamente, anche se tutti hanno capito da che parte arrivano gli “ordini”.
Il movimento rivoluzionario annunciato in Calabria e partorito per affitto dell’utero dalla “rivoluzione dei gelsomini”, quel fenomeno nato un decennio addietro in alcuni paesi nostri dirimpettai nel Mediterraneo, è rimasto un aborto emozionale e comunicativo nella mente del parassita o al massimo fannullone Occhiuto, se alla guida di questo fenomeno quasi biblico c’era una sanguisuga riconosciuta che rispondeva al nome di Giuseppe Profiti. E la sua improvvisa dipartita di circa due anni fa (più o meno come il risveglio della magistratura) dev’essere stato un segnale… divino!
La rivoluzione, quella annunciata da “la Calabria che non ti aspetti”, si candida così a diventare quasi certamente come una controrivoluzione, quella dei mandarini di Calabria, pronti a fare la classica “scarpetta” nel piatto della sanità regionale. Ma quando si esagera si fa la stessa fine di quelli che salgono troppo in alto.
Per capire meglio come sempre bisogna partire dalla verità, senza dare sempre per scontato il requisito dell’onestà e della moralità. Così come non possiamo mai prendere per buono il presupposto della capacità, se poi, come sempre avviene, si abdica sull’altare del “sistema”, delle complicità e delle connivenze, il concetto di libertà che è un costo prima morale e dopo sociale, rispetto al quale serve a poco usare i vecchi arnesi della politica e l’artiglieria pesante della propaganda e della bugia.
L’abbiamo detto e lo ripetiamo: la sanità in Calabria in mano ad Occhiuto è destinata alla bancarotta pilotata, se il sistema continua ad attirare a se, come improbabili Messia, scarti di lavorazione ed incapaci solo perché indicati e suggeriti dalla “cupola”. Quelli da sempre abituati a sguazzare nella palude della mazzetta, il bonus sottobanco della sanità regionale, che fanno corporazione a quei fenomeni tellurici buoni, che in fondo nemmeno la politica degli annunci vuole come strumento di cambiamento.
Il cuore del problema della sanità in Calabria, fatti salvi i soliti manigoldi protetti, esterni ed infiltrati resta la funzionalità e la capacità gestionale delle strutture di comando: il Dipartimento regionale alla Salute e la struttura del commissario ad acta. Non sfuggono al problema le direzioni delle diverse Asp territoriali e quelle delle Aziende ospedaliere, dove girano come “piranha” (i pesci più temuti e imprevedibili) i soliti incapaci solo perché protetti dalla politica regionale di ogni variazione di colore e dalle ‘ndrine locali.
In questo contesto il governatore bugiardo Occhiuto usa il suo alfabeto tossico e complice e completa il suo palmares di annunci bucati e di speranze “rivoluzionarie” (ma dove mai gli avranno parlato di rivoluzione? Nelle chiese che frequentano gli anziani genitori o nei festini di Roma?) già sepolte prima di apparire.
Con la nomina, subito ottenuta, di commissario ad acta della sanità calabrese, il buon Robertino si è giocato la faccia, tanto che a furia di scommettere e noi di aprire le finestre sui palazzi della sanità regionale, ora si moltiplica davvero il rischio che lui resti in braghe di tela, con il popò di fuori e la marmitta bruciata, mentre gli altri sono stati quasi costretti a utilizzare la magistratura per cacciargli il giocattolo dalle mani. Questa è la realtà odierna.
La prima bufala portava il nome del colonnello dell’Arma dei Carabinieri, Maurizio Bortoletti, nominato sub-commissario insieme ad Ernesto Esposito, proveniente da Agenas, entrambi reduci da trascorsi positivi nella gestione della sanità campana. Di Bortoletti però si sono perse le tracce e fatta salva un’apparizione non è mai pervenuto al terzo piano della Cittadella.
A dicembre 2021 il colonnello Bortoletti sceglie di passare le vacanze a Catanzaro per lavorare, gratuitamente, al fianco di Occhiuto e gli viene comunicata l’urgenza di presentare un piano di rientro all’ultimo tavolo interministeriale sui piani di rientro di metà dicembre. Il 13 dicembre siede a Roma vicino al presidente calabrese per esporre una relazione in cui elenca una serie di mancanze da parte della sanità calabrese, come il piano Covid e quelli di prevenzione, i bilanci delle cinque Aziende sanitarie e la proposta per i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il documento di fatto redatto dal colonnello, termina con una metafora che ai molti appare più come una minaccia, forse il vero motivo del suo fermo alla frontiera: “dopo dodici anni di commissariamento, il sistema sanitario calabrese è come un aereo che vola tra le nuvole senza l’assistenza della strumentazione per il volo”.
L’ufficialità della nomina di Bortoletti, nonostante il suo impegno, tarda ad arrivare, in Parlamento si affollano le interrogazioni molte di facciata, perché il “sistema” ha capito la pericolosità del colonnello, ma novità nessuna. C’è da rilevare che il decreto di nomina del colonnello Bortoletti del 23 novembre 2021 (quello del Consiglio dei Ministri del 18 novembre) sancisce che possono applicarsi due specifici istituti: quello del collocamento in “aspettativa” oppure quello del “comando”. Entrambe le ipotesi, alternative tra loro, non risolvono il problema del mancato riconoscimento di un trattamento economico pari a quello che percepiva Bortoletti nell’Arma, tanto che i ritardi non sono riconducibili all’applicazione della norma, ma ad una scelta anche politica che restava in capo al governatore Occhiuto.
D’altronde non era pensabile che le “professionalità” potessero arrivare in Calabria con l’offerta di qualche buccia di banana, mentre si continuavano a sperperare risorse per improbabili manager sfacciatamente incapaci, o peggio ancora collusi e pagati a peso d’oro per la loro testa vuota! Nei fatti l’allibratore patologico cosentino, Roberto Occhiuto sta perdendo la partita per le sue bugie, mentre la luna di miele ormai è finita da un pezzo.
Lo stallo del caso Bortoletti non era il solo che complicava la “rivoluzione” annunciata della sanità calabrese, a questo si aggiungeva e probabilmente si aggiunge ancora il malumore legittimo del dott. Ernesto Esposito, si dice anche lui vittima delle bugie di Roberto, impegnato quotidianamente in splendida solitudine a combattere non solo il malaffare diffuso, ma il vuoto cosmico di materia grigia che dilaga nel Dipartimento alla Salute chiamato a sostenere la struttura commissariale, dove ancora prima dell’allarme dell’OMS, impazza un focolaio del virus delle scimmie “femmine” ammaestrate.
Stando così le cose c’era da essere certi che il colonnello Maurizio Bortoletti non sarebbe mai sbarcato in Calabria. La nota della Ragioneria generale dello Stato che il Mef aveva inviato all’Arma dei Carabinieri sulla vicenda Bortoletti ribadendo la bontà delle soluzioni usate in precedenza ed attuabili anche in Calabria, non risolveva il problema del “gradimento” politico della cupola del sistema che, presa da incontinenza comunicativa, non aveva valutato a pieno il problema: quello che dall’altra parte c’è sempre un militare che ha giurato fedeltà alle istituzioni ed alla legge. E’ sempre l’Arma dei Carabinieri che attraverso il suo ufficio legislazione lo certificava, quando affermava sempre riferendosi a Bortoletti, che: “(…)nel caso specifico la situazione è diversa e comunque occorre garantire, la massima indipendenza dei sub commissari nell’esercizio dei propri compiti, qualora individuati tra gli appartenenti alle forze di polizia”. Fine della trasmissione. Adesso se ne occupa la Guardia di Finanza, pardon della… fratellanza!











