๐ง๐ฅ๐ ๐๐จ๐ข๐๐ข ๐ ๐๐๐ค๐จ๐… ๐ฆ๐๐๐ฉ๐ ๐ฃ๐๐ฅ ๐จ๐ก ๐ฆ๐ข๐๐๐๐ข?
No Ponte Calabria
In questi giorni di attesa della rassicurante โestate settembrinaโ โ come รจ stata ribattezzata dai media โ molto meno rassicurante รจ stata lโattesa del โCiclone Danielโ che avanzava nel Mediterraneo. Per fortuna il Sud Italia รจ stato solo sfiorato da questo titanico fenomeno atmosferico che, stante alle ultime notizie, ha provocato almeno 10 morti tra Grecia, Turchia e Bulgaria, regioni che ๐ป๐ฒ๐ถ ๐บ๐ฒ๐๐ถ ๐๐ฐ๐ผ๐ฟ๐๐ถ, ๐ฝ๐ฟ๐ผ๐ฝ๐ฟ๐ถ๐ผ ๐ฐ๐ผ๐บ๐ฒ ๐น๐ฎ ๐ฆ๐ถ๐ฐ๐ถ๐น๐ถ๐ฎ ๐ฒ ๐น๐ฎ ๐๐ฎ๐น๐ฎ๐ฏ๐ฟ๐ถ๐ฎ, ๐๐ผ๐ป๐ผ ๐๐๐ฎ๐๐ฒ ๐ฑ๐ฒ๐๐ฎ๐๐๐ฎ๐๐ฒ ๐ฑ๐ฎ ๐ถ๐ป๐ฐ๐ฒ๐ป๐ฑ๐ถ ๐ฎ๐ป๐ฐ๐ต’๐ฒ๐๐๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐ฝ๐ฟ๐ผ๐ฝ๐ผ๐ฟ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ถ ๐ฒ๐ป๐ผ๐ฟ๐บ๐ถ. Giusto per sciorinare qualche dato, i meteorologi comunicano che in alcune aree della Grecia sono caduti in 24 ore oltre 800mm dโacqua; nel 2009, che purtroppo ricordiamo per lโalluvione, a Giampilieri ne sono caduti 250mm in 5 ore (con 37 vite spezzate).
Sarebbe bastato qualche vento un poโ piรน sostenuto e le piogge torrenziali che si sono scaricate sul versante orientale del Mediterraneo sarebbero arrivate anche qua: sรฌ, รจ del tutto logico pensare che ci siamo salvati per un soffio!
โฆalmeno per ora.
Giriamo per le strade, ci guardiamo intorno e quello che vediamo รจโฆ ๐ก๐๐ฅ๐ข: ๐ฐ๐ผ๐น๐น๐ถ๐ป๐ฒ, ๐ฝ๐ฟ๐ฎ๐๐ถ, ๐ฝ๐ฒ๐๐๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐ฐ๐ถ๐๐๐ฎฬ ๐๐ผ๐๐ฎ๐น๐บ๐ฒ๐ป๐๐ฒ ๐ฏ๐ฟ๐๐ฐ๐ถ๐ฎ๐๐ถ. E il ricordo di quei giorni in cui molti di noi hanno visto calare la notte alle cinque di pomeriggio o si sono trovati con le fiamme che sorpassavano in altezza i palazzi minacciando (e, in alcuni casi, avvolgendo) le abitazioni si mescola al timore di quello che potrebbe succedere ๐พ๐๐ฎ๐ป๐ฑ๐ผ ๐ฎ๐ฟ๐ฟ๐ถ๐๐ฒ๐ฟ๐ฎ๐ป๐ป๐ผ ๐น๐ฒ ๐ฐ๐ผ๐๐ถ๐ฑ๐ฑ๐ฒ๐๐๐ฒ ๐ฏ๐ผ๐บ๐ฏ๐ฒ ๐ฑ’๐ฎ๐ฐ๐พ๐๐ฎ.
โฆma, al momento, sembra che i pensieri di governi e amministrazioni siano rivolti da tuttโaltra parte.
ร superfluo in questa sede ribadire il ruolo della vegetazione e degli alberi nellโ๐ฎ๐ฟ๐ด๐ถ๐ป๐ฎ๐ฟ๐ฒ ๐ณ๐ผ๐ฟ๐๐ฒ๐บ๐ฒ๐ป๐๐ฒ ๐ถ๐น ๐ฟ๐ถ๐๐ฐ๐ต๐ถ๐ผ ๐ฑ๐ถ ๐ฑ๐ถ๐๐๐ฒ๐๐๐ผ ๐ถ๐ฑ๐ฟ๐ผ๐ด๐ฒ๐ผ๐น๐ผ๐ด๐ถ๐ฐ๐ผ โ ce lo hanno insegnato alle scuole elementari; o quanto, di contro, la ๐ฑ๐ฒ๐ณ๐ผ๐ฟ๐ฒ๐๐๐ฎ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐ฒ ๐ฐ๐ฒ๐บ๐ฒ๐ป๐๐ถ๐ณ๐ถ๐ฐ๐ฎ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐๐ฒ๐น๐๐ฎ๐ด๐ด๐ถ๐ฎ aumenti la possibilitร di frane โ lo abbiamo visto di recente in Emilia Romagna o in Valsusa; come รจ superfluo ribadire la “๐๐ฟ๐ผ๐ฝ๐ถ๐ฐ๐ฎ๐น๐ถ๐๐๐ฎ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ” ๐ฑ๐ฒ๐น๐น’๐ฎ๐ฟ๐ฒ๐ฎ ๐บ๐ฒ๐ฑ๐ถ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ฎ๐ป๐ฒ๐ฎ ๐ฑ๐ผ๐๐๐๐ฎ ๐ฎ๐ถ ๐ฐ๐ฎ๐บ๐ฏ๐ถ๐ฎ๐บ๐ฒ๐ป๐๐ถ ๐ฐ๐น๐ถ๐บ๐ฎ๐๐ถ๐ฐ๐ถ โ ormai tutti sappiamo che cosโรจ un โmedicaneโ.
La necessitร di ampliare la copertura arborea (soprattutto in una regione come la Sicilia, a rischio desertificazione per il 70% del territorio) รจ conclamata e non piรน procrastinabile come mitigazione dei danni dei cambiamenti climatici. Invece avviene esattamente il contrario: ๐ผ๐ด๐ป๐ถ ๐ฎ๐ป๐ป๐ผ ๐ฒ๐๐๐ฎ๐ฟ๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐ฏ๐ผ๐๐ฐ๐ผ ๐ฒ ๐ฑ๐ถ ๐บ๐ฎ๐ฐ๐ฐ๐ต๐ถ๐ฎ ๐บ๐ฒ๐ฑ๐ถ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ฎ๐ป๐ฒ๐ฎ ๐๐ฒ๐ป๐ด๐ผ๐ป๐ผ ๐ฏ๐ฟ๐๐ฐ๐ถ๐ฎ๐๐ถ da incendi dolosi, e divampano poi in maniera inarrestabile a causa di una tardiva e contraddittoria gestione del territorio, di una pessima organizzazione delle opere di prevenzione, della maldestra politica della captazione e conservazione dell’acqua, della inefficace registrazione dei terreni attraversati dal fuoco in un catasto che tutti i comuni dovrebbero avere per impedire l’utilizzo dei luoghi bruciati per almeno 5 anni.
La soluzione, per le istituzioni, non รจ una riflessione sistemica e unโazione preventiva, ma la caccia al piromane (per forza di cose, a disastro avvenuto). Sebbene sia sicuro che dietro la maggior parte degli incendi ci sia la mano dellโuomo, meno certi sono i motivi per cui queste mani agiscono: sicuri di poter affibbiare la responsabilitร sempre a pastori, forestali e piloti di canadair in malafede? Perchรฉ eliminare dalle possibilitร procacciatori di terreni per nuove colate di cemento e nuovi parchi di energie rinnovabili?
Perchรฉ la vecchia โ ma, purtroppo, a quanto pare, ancora efficace โ narrazione del piromane (magari pazzo, forse mafioso, sicuramente di estrazione sociale bassa e che agisce per mero tornaconto individuale) ๐ฝ๐ฒ๐ฟ๐บ๐ฒ๐๐๐ฒ ๐ฎ๐น๐น๐ฒ ๐ถ๐๐๐ถ๐๐๐๐ถ๐ผ๐ป๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐น๐ฎ๐๐ฎ๐ฟ๐๐ถ ๐๐ผ๐๐ฎ๐น๐บ๐ฒ๐ป๐๐ฒ ๐น๐ฒ ๐บ๐ฎ๐ป๐ถ ๐ฑ๐ฎ ๐ผ๐ด๐ป๐ถ ๐ฟ๐ฒ๐๐ฝ๐ผ๐ป๐๐ฎ๐ฏ๐ถ๐น๐ถ๐๐ฎฬ e gettare, ancora una volta, ogni colpa sul singolo-retrogrado-del-Sud, ostacolando la presa di coscienza di un problema sistemico e la presa in considerazione di ๐ป๐๐ผ๐๐ฒ ๐ฟ๐ผ๐๐๐ฒ ๐ฑ๐ฎ ๐ฝ๐ฒ๐ฟ๐ฐ๐ผ๐ฟ๐ฟ๐ฒ๐ฟ๐ฒ ๐ฝ๐ฒ๐ฟ ๐๐๐๐ฒ๐น๐ฎ๐ฟ๐ฒ ๐ป๐ผ๐ถ ๐๐๐ฒ๐๐๐ถ ๐ฒ ๐น๐ฎ ๐ป๐ผ๐๐๐ฟ๐ฎ ๐ง๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ฎ.
Per tornare a ciรฒ che successe a Messina nel 2009, molti ricorderanno che il discorso pubblico sulle cause (e quindi sulle responsabilitร ) della tragedia sia stato fortemente virato verso un altro grande spauracchio del Sud, lโabusivismo edilizio, gettando nellโombra gli allarmanti precedenti e la mancanza di prevenzione a favore di una prassi dellโemergenza che porta sempre tanti soldi e tanti voti (come dimenticare le shoccanti risa di giubilo di alcuni a poche ore dal terremoto de LโAquila?).
In questo genere di contesti, possiamo vedere unโaltra faccia del sistema delle grandi opere, in cui il ponte sullo Stretto occupa un posto dโonore: oltre che ๐๐๐๐๐๐ง๐ ๐ฒ๐ฐ๐ผ๐ป๐ผ๐บ๐ถ๐ฐ๐ผ-๐ฝ๐ผ๐น๐ถ๐๐ถ๐ฐ๐ผ, รจ anche un grande ๐๐ฝ๐ฒ๐ฐ๐ฐ๐ต๐ถ๐ผ ๐ฝ๐ฒ๐ฟ ๐น๐ฒ ๐ฎ๐น๐น๐ผ๐ฑ๐ผ๐น๐ฒ. Non solo la propaganda (dai toni sempre piรน accesi e piรน eticamente e contenutisticamente bassi) e il tentativo di arginarla fagocitano completamente il discorso e le energie impedendo di fatto di pensare a problemi piรน urgenti; ma, ancora di piรน, i fautori del Mostro sostengono, da un lato, che sarร il volano per tutti gli altri interventi e, dallโaltro, che se ci fosse il ponte tutti questi problemi sarebbero giร risolti.
Tuttโaltro che โbenaltrismoโ, una delle domande centrali di tutta la questione sorge proprio da โriflessioniโ simili: ๐ถ๐น ๐ป๐ผ๐๐๐ฟ๐ผ ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ถ๐๐ผ๐ฟ๐ถ๐ผ ๐ฒ ๐ฐ๐ต๐ถ ๐น๐ผ ๐ฎ๐ฏ๐ถ๐๐ฎ ๐ฐ๐ผ๐ป๐๐ฎ ๐ฑ๐ฎ๐๐๐ฒ๐ฟ๐ผ ๐ฐ๐ผ๐๐ถฬ ๐ฝ๐ผ๐ฐ๐ผ ๐ฐ๐ต๐ฒ ๐น๐ฎ ๐ฝ๐ฟ๐ฒ๐๐ฒ๐ป๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐ฑ๐ฒ๐ถ ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ฒ๐บ๐ผ๐๐ถ, ๐ฑ๐ฒ๐ด๐น๐ถ ๐ถ๐ป๐ฐ๐ฒ๐ป๐ฑ๐ถ, ๐ฑ๐ฒ๐น ๐ฑ๐ถ๐๐๐ฒ๐๐๐ผ ๐ถ๐ฑ๐ฟ๐ผ๐ด๐ฒ๐ผ๐น๐ผ๐ด๐ถ๐ฐ๐ผ โ ๐ถ๐ป๐๐ผ๐บ๐บ๐ฎ, ๐น๐ฎ ๐ฐ๐๐ฟ๐ฎ ๐บ๐ถ๐ป๐ถ๐บ๐ฎ ๐ฑ๐ฒ๐น ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ถ๐๐ผ๐ฟ๐ถ๐ผ โ ๐ฝ๐ผ๐๐๐ถ๐ฎ๐บ๐ผ ๐ฎ๐๐ฒ๐ฟ๐น๐ถ ๐๐ผ๐น๐ผ ๐๐ฒ ๐ณ๐๐ป๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฎ๐น๐ถ ๐ฎ ๐บ๐ฒ๐ด๐ฎ๐ฐ๐ผ๐๐๐ฟ๐๐๐ถ๐ผ๐ป๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐ถ๐ป๐๐ฒ๐ฟ๐ฒ๐๐๐ถ ๐บ๐ถ๐น๐ถ๐ฎ๐ฟ๐ฑ๐ฎ๐ฟ๐ถ?
Potremmo rispondere tornando ancora al 2009, ricordando chi, tra gli abitanti dei comuni alluvionati, ha sostenuto che il problema fosse lโabbandono, perchรฉ ยซse un posto non produce viene abbandonatoยป… almeno fino a quando qualcuno non intravede una nuova possibilitร di mettere quello โspazioโ a profitto.
La nostra lotta passa certamente dallโopposizione al ponte, ma passa anche attraverso la cura dei territori e dei suoi abitanti, passa attraverso un ๐ฐ๐ฎ๐ฝ๐ผ๐๐ผ๐น๐ด๐ถ๐บ๐ฒ๐ป๐๐ผ ๐ฟ๐ฎ๐ฑ๐ถ๐ฐ๐ฎ๐น๐ฒ ๐ฑ๐ถ ๐ฝ๐ฟ๐ผ๐๐ฝ๐ฒ๐๐๐ถ๐๐ฎ: vogliamo quello che serve a noi per vivere nei nostri territori, non quello che serve alle merci per transitare da un territorio allโaltro; e lo vogliamo perchรฉ serve a noi, non perchรฉ serve alla circolazione di capitali, sempre tra le stesse mani.
Da decenni l’unica logica di intervento per i territori marginali, apparentemente periferici rispetto ai luoghi centrali per il capitale, รจ fatta di interventi straordinari e di una gestione attuata prevalentemente attraverso legislazioni speciali.
Nel frattempo lโerosione del territorio รจ un disastro quotidianamente esperito a cui si sceglie di non dare alcuna risposta sistemica.
๐ฉ๐ผ๐ด๐น๐ถ๐ฎ๐บ๐ผ ๐น๐ฎ ๐ฐ๐๐ฟ๐ฎ ๐ฑ๐ฒ๐น ๐๐ฒ๐ฟ๐ฟ๐ถ๐๐ผ๐ฟ๐ถ๐ผ ๐ฒ ๐น๐ฎ ๐๐๐ฎ ๐บ๐ฒ๐๐๐ฎ ๐ถ๐ป ๐๐ถ๐ฐ๐๐ฟ๐ฒ๐๐๐ฎ, ๐พ๐๐ฒ๐๐๐ฎ ๐ฒฬ ๐น๐ฎ ๐ด๐ฟ๐ฎ๐ป๐ฑ๐ฒ ๐ผ๐ฝ๐ฒ๐ฟ๐ฎ ๐ฝ๐๐ฏ๐ฏ๐น๐ถ๐ฐ๐ฎ ๐ฑ๐ถ ๐ฐ๐๐ถ ๐ฎ๐ฏ๐ฏ๐ถ๐ฎ๐บ๐ผ ๐ฏ๐ถ๐๐ผ๐ด๐ป๐ผ.
Questa estate e lโinverno che verrร ci ricordano, tra fuoco e acqua, che ๐ถ๐น ๐ฝ๐ผ๐ป๐๐ฒ ๐ป๐ผ๐ป ๐ฒฬ ๐๐ป๐ฎ ๐พ๐๐ฒ๐๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐ถ๐๐ผ๐น๐ฎ๐๐ฎ: quello che rifiutiamo รจ un modello calato dall’alto, che pensa allo Stretto come uno dei tanti punti su una carta geografica da sfruttare e devastare; che pensa al Mediterraneo come a una zona strategica per giocare alla guerra; che pensa alle popolazioni come forza lavoro, forza elettorale o (quando queste vengono a mancare) come ostacolo da superare.
La fase storica in cui ci muoviamo ci insegna che non dobbiamo giocare al ribasso. Che non รจ il tempo della moderazione. Che รจ il momento di connettere le lotte e le rivendicazioni. Siamo chiamati a essere radicali. Radicali nei contenuti di quello che diciamo e radicali nelle pratiche che metteremo in campo.
Perchรฉ ๐ป๐ผ๐ป ๐ฝ๐ผ๐๐๐ถ๐ฎ๐บ๐ผ ๐ฎ๐๐ฝ๐ฒ๐๐๐ฎ๐ฟ๐ฒ ๐ถ๐น ๐ฝ๐ฟ๐ผ๐๐๐ถ๐บ๐ผ ๐ฑ๐ถ๐๐ฎ๐๐๐ฟ๐ผ ๐ฝ๐ฒ๐ฟ ๐ณ๐ฎ๐ฟ๐ฒ ๐พ๐๐ฎ๐น๐ฐ๐ผ๐๐ฎ; e, se chi dice di occuparsi di noi non lo fa, dobbiamo occuparcene da soli.