Calabria, una legge speciale per ripulire le istituzioni “malate” (di Fabio Menin)

di Fabio Menin

A scorrere i 413 nomi tra arrestati e indagati dell’Inchiesta “Rinascita-Scott” c’è da impallidire: sindaci che concedono favori alle cosche mafiose, onorevoli o ex onorevoli massoni che avvertono i mafiosi delle indagini a loro carico, avvocati, professionisti, politici, un comandante di vigili urbani, un capitano dei carabinieri anche questo che forniva notizie ad elementi legati alla malavita), insomma se per la provincia di Vibo sono state colpite quasi cinquecento persone tra mafiosi e colletti bianchi, se il procuratore Gratteri dovesse indagare anche Crotone, Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza quanti personaggi dovrebbero finire in galera?

Il quadro che ne emerge non saprei dire se è sconsolante o devastante: siamo a un mese dalle elezioni regionali, a chi dobbiamo credere? Se ha ragione il procuratore Gratteri, e non abbiamo elementi per dubitarne perché la sua inchiesta dura da tre anni, la conseguenza logica sarebbe che andare a votare è inutile in Calabria. Vi sono coinvolti infatti uomini legati sia alla destra che alla sinistra, che uomini più di centro, quindi una pima conclusione potrebbe essere che dei politici attuali calabresi non ci si può fidare. Ma non basta: il problema è che le istituzioni della repubblica in Calabria sono malate, se vengono mandati in galera anche gli uomini che dirigono le forze dell’ordine, o alcune forze dell’ordine, dirigenti degli uffici comunali, che cosa possiamo pensare?

Una volta un amico grillino che si affacciava da poco in politica disse: “Ho saputo che in Calabria l’80% dei dirigenti pubblici delle istituzioni( asl, regione, comuni, province, inps etc.) sono controllati da ndrangheta, massoneria e politica clientelare“. Io gli risposi: “Adesso te ne sei accorto?” Il male secondo me viene da lontano: in un rapporto malato che si è creato tra la politica in Calabria e lo stato centrale. Da almeno quattro decenni la politica calabrese ha chiesto allo stato di Roma solo favori e posti da sistemare per amici e parenti. In questa maniera le istituzioni sono state occupate da uomini che non sono fedeli alla Repubblica, o perlomeno rispondono anche ad altri personaggi pubblici, politici , massoni o anche talvolta ndranghetisti.

Per questo motivo credo che per cambiare davvero le cose in questa terra sia necessaria prima di tutto una rivoluzione culturale: lo stato non può essere concepito come un elemosiniere di favori, ma lo stato siamo noi e allora chi governa la cosa pubblica deve cominciare a reclamare i diritti di questa terra non come favori o concessioni per i propri clienti elettorali, ma perché siamo cittadini della Repubblica italiana come gli altri.

Oggi gli elettori votano questi personaggi perché chi è rimasto in Calabria per avere un pezzo di pane con un lavoro è costretto a rivolgersi a queste persone oppure deve fare le valigie ed andarsene come hanno fatto circa 400 mila persone negli ultimi anni. Purtroppo sono arrivato ad una conclusione drastica. Per rimettere le cose a posto o perlomeno per incamminare la nostra terra verso un futuro diverso non credo che basti votare qualche personaggio nuovo che si affaccia con propositi di debole riforma, ma ci vuole qualcosa di drastico: una legge speciale per pensionare tutti i dirigenti degli uffici pubblici calabresi che negli ultimi venticinque anni sono stati messi dalla politica e non solo. Motivazioni? Per gli uffici regionali, scarso rendimento e non aver adempiuto ai propri obblighi e qualcosa di analogo anche per molti altri enti pubblici. Capisco che in democrazia le colpe sono personali e una legge del genere sarebbe facilmente accusata di incostituzionalità, ma sinceramente allo stato in cui siamo arrivati penso che chiunque salga al potere si trova davanti un apparati amministrativo che risponde poco alla costituzione della Repubblica italiana.