Catanzaro 2022. La restaurazione della massomafia: il ruolo di Costanzo e Baldo Esposito

La domanda che in tanti a Catanzaro stanno rivolgendo al Procuratore della Repubblica di Catanzaro Gratteri è: perché alcune inchieste già chiuse e dai provvedimenti già emessi tacciono nei cassetti degli uffici giudiziari? E in particolare; perché l’operazione “TERREMOTO” non è stata attuata? Perché l’inchiesta sui pontili del Porto di Catanzaro Lido stenta a deflagrare?

Tutto questo sembrerebbe essere l’ultimo lasciapassare, l’ultima franchigia giudiziaria concessa all’ormai defunta amministrazione comunale e al suo “capo”, l’ormai ex sindaco Sergio Abramo, che ormai si è avviato sul viale del tramonto politico. Al contempo questo tergiversare degli eventi giudiziari ha portato a far sì che il quadro politico della massomafia cittadina si sia riorganizzato e abbia ripreso quota, magari sotto le mentite spoglie di un trombato di lusso come l’ex consigliere regionale Sinibaldo Esposito, il gattopardo catanzarese, intorno al quale si è riunita tutta quella pletora di personaggi “graziati”, che adesso stanno nel codazzo del “nuovo” sindaco che altri non è che la faccia “presentabile” di questa lobby di potere.

Sinibaldo Esposito, detto Baldo trombato di lusso delle ultime elezioni regionali 2021, ha annoverato tra i suoi supporter più spinti i fratelli Gigliotta: Marco e Umberto, “mister 100mila” arrestato  nell’inchiesta “Basso profilo”, perché ritenuto vicino e contiguo alla cosca Trapasso di San Leonardo di Cutro, e grande capo elettore dell’ex consigliere regionale Baldo Esposito.

Umberto Gigliotta, per gli inquirenti che hanno condotto l’indagine “Basso profilo” sarebbe al centro di un fitto reticolo di società cartiere necessarie solo a garantire fatture per operazioni inesistenti. Nella holding criminale gestita da Gigliotta c’è anche il Mops il noto locale del quartiere Lido centro nevralgico della movida catanzarese, pozzo di danaro, con il quale sostenere le campagne elettorali degli amici degli amici. Umberto Gigliotta è compare di nozze di Tommaso Trapasso, figlio del boss Giovanni Trapasso e, in contatto con esponenti del clan dei Gaglianesi cosca egemone a Catanzaro, per gli inquirenti sarebbe il proprietario “occulto” del pub Mops.

Gli inquirenti non hanno più dubbi sul ruolo di Umberto Gigliotta, a disposizione della cosca clan dei Gaglianesi, lo definiscono uno dei più potenti infiltrati della criminalità organizzata nelle vita economica del capoluogo calabrese. A dare sostanza alle ipotesi dei magistrati antimafia ci sono gli elementi rinvenuti durante le perquisizioni in casa e in ufficio nell’inchiesta “Basso Profilo”, nella quale sono stati arrestati Tommaso Brutto e il figlio, fedelissimi di Mimmo Tallini.

Nella città di Catanzaro esiste un sottile filo che unisce tutti in nome dello scambio elettorale di voti, infatti secondo le risultanze di un’attività di intercettazione è emerso che una parte del clan dei Gaglianesi si era anche attivato per procacciare voti a favore di Sergio Costanzo, all’epoca dei fatti, consigliere comunale e provinciale di Catanzaro, presentatosi con il partito “Calabria in rete”, appoggiando come presidente della Regione, Mario Oliverio.

Il 2014 segna il passaggio politico di Sergio Costanzo al centrosinistra, ed in quella consultazione elettorale, il politico, imputato per “Rimborsopoli/Gettonopoli”  prese ben 6.687 voti, risultando il primo dei non eletti, dopo una lunga esperienza in Forza Italia e nel centrodestra. L’intercettazione in auto che parla di “…un ordine dal carcere…”, ma c’è di più nei 21 faldoni, che compongono l’inchiesta della DDA, sulla base del materiale captativo, l’ordine di votare Sergio Costanzo pare sia arrivato dallo storico capo clan dei Gaglianesi, Girolamo Costanzo, alias “compare Gino”, detenuto nel carcere di “Opera” a  Milano, a seguito della condanna definitiva all’ergastolo, emessa nell’ambito dell’operazione  “Falco Ghibli” del 1993. Sarebbe stato lui a far arrivare “un’ ambasciata” dal carcere ai propri sodali in base ad alcuni dialoghi intercettati avvenuti in macchina tra Pancrazio Opipari, detto Ezio e l’antennista Domenico Scozzafava.

A stimolare l’antennista procacciatore di voti, risulta dalle indagini oltre che per Tallini, vi è l’odierna stella nascente dell’UDC catanzarese Sergio Costanzo, ed il contatto avuto con Costanzo, lo stesso antennista Domenico Scozzafava oggi agli arresti, lo confida  a Tallini dicendogli: «che c’è Sergio Costanzo, che mi manda messaggi in continuazione ma io non gli rispondo». Sergio Costanzo, con le sue richieste mette in difficoltà Scozzafava, quando gli chiede “qualche piccolo contributo» anche se Scozzafava si fa promettere che la cosa resti tra di loro”.

Sempre dalle intercettazioni risulta inoltre, come riferisce un altro indagato, intercettato in Farmabusiness, Ezio Opipari, che Costanzo avesse mandato un sms d’invito a Scozzafava, perché questi andasse a prendere materiale elettorale, «asserendo che l’aveva fermato e si era intrattenuto con lui con “molto affetto” e gli aveva dato del materiale elettorale».

Costanzo gli aveva poi detto «salutami là sopra». Là sopra, secondo gli investigatori, sarebbe il quartiere Gagliano di Catanzaro, territorio del clan dei Gaglianesi. I carabinieri annotano che “dall’attività tecnica intercettiva, si apprendeva che una parte del clan dei Gaglianesi si era attivato per procacciare voti al candidato alle regionali Sergio Costanzo, consigliere comunale e provinciale a Catanzaro in carica, che si presentava con il partito Calabria in rete, che appoggiava come Presidente della Regione, il neo eletto Mario Oliverio». «Addirittura  (è scritto nell’informativa dell’indagine)  sembrava che l’ordine di votare Sergio Costanzo, arrivava da Girolamo Costanzo, alias “Compare Gino”, detenuto presso il carcere di  Opera a Milano, a seguito della condanna definitiva all’ergastolo». Un’imbasciata che compare Gino avrebbe fatto arrivare dal carcere perché il candidato è suo  cugino di primo grado  Sergio  Costanzo.

Il plurindagato consigliere Sergio Costanzo fa finta di nulla, ci ha fatto arrivare la sua tragicomica denuncia (sai che paura!) e continua a manipolare teorie politiche ed elettorali, nell’esercizio quotidiano del più becero trasformismo politico. Sergio Costanzo  finge di non ricordare la falsa assunzione a spese del comune di Catanzaro, fa finta di nulla pur essendo già stato rinviato a processo per  truffa aggravata e falsità ideologica, per il conseguimento di erogazioni pubbliche, uso di atto falso, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico.

Tutti ricorderanno che Sergio Costanzo è uno dei tanti prodotti creati in provetta da Mimmo Tallini, addirittura il suo braccio politico armato nell’arena dell’aula del consiglio comunale di Catanzaro. Tallini e Costanzo legati a filo doppio per anni hanno segnato un’epoca politica per la città di Catanzaro che li ha visti protagonisti tra i mille cambi di casacca, entrambi: ex Movimento Civico per il Sud, ex MPA di Lombardo, ex UDEUR di Mastella, ex Alleanza Nazionale, ex UDC, ex Forza Italia, quella stessa Forza Italia che ha devastato la città di Catanzaro rendendola oggi la capitale del “sistema Catanzaro”, quello della massomafia.

Il consigliere comunale Sergio Costanzo, risulta essere assunto nella ditta “La Rosa Salvatore Zoomarket” a decorrere dal mese di febbraio 2015 con la qualifica di impiegato a tempo pieno indeterminato. La ditta in questione è un negozio per la vendita di animali da affezione, inclusi articoli ed alimenti, ubicato a Catanzaro. Nel momento in cui  Costanzo viene assunto, avrebbe percepito un reddito annuo in crescendo: dagli iniziali 23mila euro sarebbe passato a 28mila euro, ricevendo un trattamento migliore rispetto agli altri suoi colleghi con pari qualifica. Anche in questo caso dal raffronto che i carabinieri hanno operato tra le delibere e le retribuzioni mensili, gli stipendi di fatto sarebbero stati a carico del Comune, atteso che: per l’anno 2016 a fronte di una spesa sostenuta dall’azienda per gli stipendi pari a 27.800,00 euro, il Comune avrebbe rimborsato 27.359,19 euro; nel 2017 la spesa per gli stipendi è di 28.005,00 euro mentre quella  relativa ai rimborsi effettuati dal Comune è di 23.425,88 euro. Infine per l’anno 2018 la situazione appare essere più paradossale se si pensa che la spesa sostenuta dall’azienda ammonta a 10.190,00 euro, mentre i rimborsi dell’Ente comunale sono maggiori ed esattamente ammontano a 14.758,04.

Dall’esame dei bilanci di esercizio e conti economici della società “Zoomarket di La Rosa Salvatore”, tra l’altro è emerso che il 31 dicembre 2014, quindi l’anno precedente all’assunzione di Sergio Costanzo, l’azienda ha avuto un utile di 20.655,00 euro ed una spesa per salari pari a 49.949,00 euro; l’anno successivo, un utile pari a 22.868,00 e spese per stipendi  pari a 89.822 euro; nel 2016 risulta una spesa per stipendi di 107.634,00 euro ed un utile annuo di 20.919,00 euro. In sostanza l’assunzione di Sergio Costanzo è costata più dei ricavi e guadagno dell’azienda.

Ma c’è di più, nel mirino degli investigatori c’è stata un’attività di osservazione finalizzata ad accertare la presenza di Costanzo nelle tre sedi dell’azienda, un’attività che non ha dato riscontri positivi: il consigliere Sergio Costanzo non sarebbe risultato sul posto di lavoro in azienda. Praticamente il consigliere Sergio Costanzo con l’assunzione fittizia, ha ricevuto un rimborso complessivo, da gennaio 2016 a dicembre 2018 di 78.749,00 euro.

Tutto parla e ci riporta al tentativo di restaurazione a Catanzaro della massomafia, il tentativo di resuscitare dalle ceneri di Nicola Gratteri quel “sistema Catanzaro” che tante soddisfazioni ha dato alla politica cittadina, il cui figlio migliore è il gattopardo Baldo Esposito, impegnato oggi a riciclarsi e definirsi il nuovo(!)

Era il 29/11/2012 quando  Sinibaldo Esposito lasciava con disinvoltura i  ben 270 lavoratori della Fondazione Campanella in autentiche brache di tela. “Ho da poco trasmesso le mie dimissioni da Direttore Generale della Fondazione Tommaso Campanella al Presidente del CDA della Fondazione  Prof. Paolo Falzea e comunicate al Presidente della Giunta Regionale On. Giuseppe Scopelliti”. Però nel frattempo la Fondazione Campanella  aveva già ingoiato soldi pubblici ed assumeva personale su chiamata diretta senza alcuna selezione e senza alcun concorso per il sol fatto di soddisfare l’appetito della politica regionale. Quella stessa politica che nominò Direttore Generale il Dott. Sinibaldo Esposito.

E tutto ciò la dice lunga sulla storia della Fondazione Campanella, che nella relazione annuale  il Presidente Regionale della Corte dei Conti segnalava per la sua gestione “a dir poco disinvolta”. Infatti il Tavolo Massicci, per quattro anni mette in fila una serie micidiale di contestazioni. Il Tavolo Massicci non vuole che i costi della Fondazione Campanella ricadano sul Fondo sanitario regionale, la struttura regionale che vigila sul piano sanitario recepisce l’osservazione e passa alle vie di fatto. Ne veniva fuori un decreto che finalmente doveva rimette le cose a posto. Dunque c’era una legge che risale all’11 settembre 2013 che disponeva: “il trasferimento delle unità operative non aventi missione oncologica” perché «si pone in contrasto con le disposizioni vigenti in materia di accesso ai pubblici uffici nonché con la normativa contrattuale relativa al comparto degli enti nel Sistema sanitario nazionale».

Cosa credete che sia successo?

Come dice Cetto LaQualunque :assolutamente nulla, cioè una beata minchia!

Così il 1°ottobre 2013 si ripropone la soluzione già decisa per legge:  “Le unità operative a direzione universitaria, non oncologiche, della Fondazione Tommaso Campanella, già individuate nel verbale d’intesa dello scorso 26 giugno, rientrano entro il 30 ottobre 2013 nell’Azienda ospedaliera Mater Domini”.  Di nuovo, i mesi passano senza cambiamenti sostanziali. Dieci mesi significano altri milioni di euro spesi per sostenere aree che nulla hanno a che fare con l’oncologia. È così che la Calabria risolve un problema: ignora le leggi che scrive e ci mette dieci mesi per firmare un decreto che si poteva completare in dieci minuti. Nell’elenco dei colpevoli non si può trascurare la politica, che  ha scelto manager fedeli e accelerato l’avvicinamento al precipizio, della Campanella colpevoli sono : il dg Antonio Belcastro, quello che al giornalista che chiedeva quale fosse l’attività di ricerca del centro, riuscì a rispondere che: “la ricerca si faceva perché abbiamo visto i topini e, a me, tra l’altro, dispiace”. Un manager per tutte le stagioni.  E poi lui l’uomo della restaurazione della massomafia catanzarese Sinibaldo Esposito, complice anch’egli di quel buco milionario della Fondazione Campanella. Eppure si va avanti a suon di assunzioni in cambio di voti, quei consensi cementificati per le elezioni Regionali e alle Amministrative del Comune di Catanzaro, nel clan del gattopardo.