Catanzaro. Abramo (e vigili urbani), che figuraccia: i tavolini all’aperto possono restare. Fatti non veri negli atti del Comune

Il Comune di Catanzaro perde al Tar la battaglia sui dehors. La giustizia amministrativa scrive un altro capitolo nella complessa vertenza tra l’amministrazione comunale e i titolari di locali, bar e ristoranti nel centro storico che dall’emergenza Covid hanno potuto allestire i tavoli all’esterno.

Nei mesi scorsi il Settore Patrimonio aveva ordinato la rimozione immediata di una struttura realizzata in via Jannoni. Un atto che adesso i giudici del Tar (Giovanni Iannini, Presidente; Francesco Tallaro, Consigliere, Estensore; Alberto Ugo, Referendario) hanno ritenuto illegittimo. «È del tutto evidente – scrivono i giudici – il travisamento dei fatti in cui è incorsa l’amministrazione». Nel suo ricorso l’avvocato Rossella Laporta aveva evidenziato che il provvedimento emesso dall’amministrazione comunale si fondava su motivazioni illegittime e su fatti non veritieri. In particolare l’attenzione si è concentrata su una nota redatta dal corpo di polizia municipale. In quel documento trasmesso al settore Patrimonio sarebbe stata fatta una “falsa rappresentazione” della vicenda. I vigili urbani infatti hanno scritto che il dehor in questione «occupa impropriamente il suolo pubblico», fatto smentito dai documenti dello stesso Comune. Errata anche la misurazione della struttura che i vigili attestano in 2.80, quindi con l’invasione di 50 centimetri nella carreggiata, mentre è in realtà di 2,35. I numeri non tornano neanche sui presunti ristori dovuti ai mancati introiti per i due stalli di strisce blu occupati dal dehor. Quindi il settore Patrimonio avrebbe emesso l’ordine di rimozione sulla base di dati non aderenti alla realtà. Un particolare non da poco. Il ricorso presentato al Tar si conclude infatti «rimettendo al Giudice adito ogni valutazione circa rilevanza penale delle condotte poste in essere da chi verrà eventualmente ritenuto responsabile nonché a considerare l’eventuale sussistenza del fumus necessario a trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica».

La vicenda si trascina da oltre due anni. Il 29 agosto 2019 il ricorrente aveva presentato al Comune di Catanzaro un’istanza per il rilascio del permesso all’occupazione di suolo pubblico per dehors continuativo di cinque anni. Considerata l’inerzia degli uffici competenti, il 2 marzo 2020 aveva diffidato l’amministrazione a rilasciare il titolo autorizzatorio, sull’assunto che lo stesso si fosse formato per silentium. Dopo questa diffida, il Comune di Catanzaro, il 10 marzo 2020, aveva comunicato che si rendeva necessaria l’acquisizione del parere della Polizia Municipale. Parere giunto il giorno dopo, con alcune criticità afferenti alla circolazione tanto che il dirigente del Comune decise di rigettare l’istanza di occupazione di suolo pubblico per dehors continuativo. Un atto impugnato dal ricorrente.

L’amministrazione comunale aveva quindi riattivato il procedimento nell’ambito del quale è intervenuta dapprima la nota del Comando della Polizia Locale del 4 agosto 2020 contenente parere negativo sull’installazione del dehor in questione per ragioni di viabilità, quindi la determinazione del dirigente del settore Patrimonio recante “diniego di occupazione suolo pubblico per installazione dehors”. Atto, questo, impugnato davanti al Tar.

“Il Comune di Catanzaro – scrivono i giudici – dopo aver comunicato l’avvio del procedimento volto all’annullamento della concessione di area pubblica, ha poi emesso un provvedimento che, da un lato, esercita il potere amministrativo non in termini di annullamento del titolo concessorio, ma di sgombero di un’area che sarebbe impropriamente (sic) occupata, disponendo la rimozione dei dehors; dall’altro, comunica l’avvio di un nuovo procedimento, senza specificare quale sia l’oggetto del procedimento avviato. Stigmatizzando il difetto di chiarezza dell’atto notificato al privato, questo giudice amministrativo deve ritenere che una parte di esso abbia un contenuto provvedimentale, suscettibile di sindacato giurisdizionale”.

“Del tutto evidente – concludono i giudici del Tar – il travisamento dei fatti in cui è incorsa l’amministrazione”. Fonte: Gazzetta del Sud