Catanzaro, chiuse le indagini sul ponte Morandi: c’è un nuovo indagato

La Procura di Catanzaro ha chiuso l’inchiesta Brooklyn che ha svelato i presunti illeciti nei lavori di ristrutturazione del ponte Morandi di Catanzaro. A distanza di quasi 4 mesi dall’operazione, culminata con l’arresto di 4 persone e il sequestro del viadotto, il sostituto procuratore Veronica Calcagno conferma il quadro accusatorio aggiungendo nuovi particolari alle ipotesi della pubblica accusa. In particolare nell’avviso di conclusione delle indagini appare il nome di un nuovo indagato. Si tratta dell’ingegnere dell’Anas Franco Pantusa, 39 anni di Cosenza. Deve rispondere di violazione del testo unico sull’edilizia perché nella veste di progettista dei lavori per il ripristino di alcuni muri sulla Statale 280 avrebbe omesso di depositare presso il Servizio Tecnico Regionale (ex Ufficio Genio Civile) la denuncia dei lavori, il progetto relativo agli stessi, nonché di acquisire, prima dell’inizio dei lavori, l’autorizzazione sismica.

L’indagine ha preso le mosse da un’informativa del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro che accendeva i riflettori sulla presunta riconducibilità ai fratelli imprenditori Eugenio e Sebastiano Sgromo della Tank Srl, società aggiudicataria di importanti appalti pubblici. Secondo quanto ricostruito dalle fiamme gialle, consapevoli del rischio di incorrere in misure di prevenzione di natura patrimoniale, gli imprenditori avrebbero costituito delle società intestandole fittiziamente a una loro collaboratrice, Rosa Cavaliere, pur mantenendone il controllo di fatto. Proprio con la Tank srl gli Sgromo sono riusciti a infiltrarsi nei lavori di manutenzione straordinaria per il ripristino del calcestruzzo del ponte Morandi e di rifacimento dei muri di contenimento di un tratto della strada statale “dei Due Mari”. Alla Tank sarebbero state quindi affidate commesse pubbliche «con il conseguimento di fatturato per complessivi 50.471.093 di euro». La ditta però avrebbe iniziato ad avere problemi finanziari e a non riuscire a pagare il materiale per completare l’intervento. A quel punto, secondo l’accusa, con la presunta complicità del direttore dei lavori il geometra Gaetano Curcio e dell’ingegnere dell’Anas Silvio Baudi, avrebbero iniziato a utilizzare nelle lavorazioni un tipo di malta di qualità scadente, ma più economico di quello inizialmente utilizzato. Gli Sgromo inoltre avrebbero potuto contare su una talpa all’interno della Procura di Catanzaro, l’ufficiale della Dia Michele Marinaro sarebbe arrivato a indirizzare le indagini facendo passare i due imprenditori come vittime dei clan lametini. In cambio, secondo l’accusa, avrebbe ottenuto varie utilità tra cui il trasferimento dalla Dia di Catanzaro alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nella chiusura indagini il pm contesta agli imprenditori e ai funzionari dell’Anas diverse condotte omissive sui controlli che avrebbero dovuto effettuare sui materiali e sui lavori sul ponte Morandi. Le conclusioni a cui giunge la Procura non possono che inquietare. Nonostante il finanziamento di 1 milione e 200 mila euro per i lavori di manutenzione straordinaria di ripristino del calcestruzzo nonché dei ferri d’armatura degli elementi strutturali del Viadotto Bisantis, i problemi del ponte non sarebbero stati risolti tanto da ritenere le spese realizzate non conformi. Sarebbe stato infatti accertato che il livello di aderenza della malta di ripristino al supporto in calcestruzzo non è conforme alle prescrizioni del Capitolato d’Appalto e al livello normativo prescritto. Inoltre sarebbe altamente probabile che le fessurazioni rilevate possano riattivare nuovi fenomeni di degrado corticale. Criticità sarebbero emerse anche sulle mura realizzate lungo la statale 280: “Si accertava presenza di barre di armatura fortemente ossidate; scarso livello di aderenza della malta applicata al parametro murario originario”. Fonte: Gazzetta del Sud