Catanzaro, Fondazione Campanella. Ma quale ricerca, qui ci sono solo debiti e truffe sanitarie

Vi stiamo raccontando la storia di un “buco economico” da 100 milioni di euro, creato ad arte in pochi anni dalla classe dirigente catanzarese alla Fondazione Campanella, un carrozzone infinito che è servito solo ed esclusivamente ad alimentare i serbatoi elettorali dei politici della città capoluogo della Calabria. Un pozzo senza fondo (http://www.iacchite.blog/catanzaro-fondazione-campanella-come-si-crea-un-buco-economico-per-rastrellare-migliaia-di-voti/). 

Catanzaro, Fondazione Campanella. Quei 100 milioni di “buco” nascosti in un muro di gomma

… In altre parole a provvedere a riconoscerla come IRCCS (Istituto di Ricerca) è lo stesso Ministero della Salute che aveva inviato una commissione e sonoramente bocciata la Fondazione Campanella! Il muro di gomma rimbalza ancora… 

Ma c’è dell’altro.

Ritorna già allora la “favola”, che poi tanto favola non è, visti gli ultimi avvenimenti per le confessioni stralunate dell’ex commissario Cotticelli ai microfoni della trasmissione Rai, Titolo V, quando parlava del buco finanziario di cento milioni di euro, piovuto come una tempesta sul suo tavolo, come una mannaia, come una magaria

La collaborazione fra Fondazione e Azienda Mater Domini, dopo la morte di Salvatore Venuta, rettore dell’Università e direttore scientifico della Fondazione, si stava sgretolando sempre di più. E Rosalba Buttiglieri, direttore generale dell’azienda, è stata messa da parte recentemente dalla Regione Calabria che le ha preferito Antonio Belcastro. E lei se l’è presa. E qualche sassolino se l’è pure tolto, dichiarando: “La Fondazione Campanella l’abbiamo sempre supportata. Ed è debitrice nei nostri confronti di alcuni milioni di euro”. Debitrice di alcuni milioni di euro? Si, ha detto proprio così. “Meglio allora”, avrà pensato Loiero, “metterci in azienda uno che già fa parte della “famiglia Campanella”. Ed ecco spuntare la nomina di Belcastro, già direttore amministrativo della Fondazione. Per onor di cronaca, in realtà, l’ordine è inverso. Prima c’è la nomina di Belcastro e poi il sassolino della Buttiglieri, almeno pubblicamente.

Il quesito più grande sulla struttura, che ricorda uno degli uomini più illustri della Calabria, è, però, quello che ruota intorno alle chemio. Alle chemioterapie. E dei pazienti che si moltiplicano come i pani e pesci del Vangelo. Data la mancanza di dati ufficiali e trasparenti. Dato il pressoché assente monitoraggio sulla sua attività (come rilevato dalla Commissione Serra- Riccio: “sono sorti taluni dubbi circa le modalità di effettuazione dei controlli sulla spesa di denaro pubblico, l’effettivo livello quantitativo e qualitativo delle prestazioni oncologiche offerte, la sussistenza di una rete oncologica, ovvero di un collegamento istituzionalizzato con altre strutture pubbliche che erogano le medesime prestazioni… Peraltro, tutte le informazioni provenienti dalla Direzione della Tommaso Campanella sono apparse alla Commissione insufficienti ed elusive”), ci si deve accontentare dei comunicati stampa che la Fondazione ci faceva grazia ogni tanto di pubblicizzare. L’ultimo è quello che diceva che “per la degenza ordinaria, a oncologia medica, dove sono disponibili 16 posti letto, sono stati utilizzati da 1.000 pazienti in soli 4 mesi; per il day ospital i posti sono 12. Sono stati ben 964 pazienti per 9.000 accessi. Nell’area integrata oltre 1.000 i ricoveri in un anno con 4.200 chemioterapie totali”.

Quindi, dal momento che la matematica non è un’opinione, la Fondazione vanta una degenza ogni due giorni per ogni letto in media, negli ultimi quattro mesi. Mentre gli accessi sono stati nove volte tanto i pazienti nell’ultimo anno.

Come è possibile? E poi le chemio. In media quattro per ogni paziente.

Ma come? Un Istituto di ricerca si avvale solo di queste costosissime fiale per guarire i malati di tumore?

Al riguardo, la letteratura scientifica è molto discorde sulla sua effettiva efficienza, mentre, per gli interessi delle case farmaceutiche, pare, non vi siano dubbi, visti i costi per il sistema sanitario italiano e i loro ingenti guadagni.

Perché ancora, non ponderare i trattamenti in funzione del rapporto fra costi e benefici e della storia naturale della malattia?

La spesa complessiva è stata di 3 milioni di euro solo nell’ultimo anno nel quale hanno “sperimentato”. Pochi spiccioli, comunque, rispetto ai 50 milioni di euro che riceveva ogni anno dalla Regione Calabria. Ciononostante, secondo la Buttiglieri, è anche indebitata con l’azienda Mater Domini. Il muro di gomma è sempre più impenetrabile.

Ritorna come un mantra il debito. Non si parlava e non si è mai parlato di cura, di ricerca – i topini di Belcastro erano sono dei malcapitati –, ma solo di debito, quello che va a braccetto con una specie di truffa sanitaria, quella che poi si è scaricata sulle tasche dei calabresi, quando si tratta di pagare, mentre i responsabili, deceduti o defenestrati, continuano a seminare buchi economici e contare i voti.

Ma i giochi sono finiti, tanto che nel febbraio 2015, il Prefetto di Catanzaro con suo decreto rilevava: “… Accertata l’impossibilità per la Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Tumori Tommaso Campanella, di raggiungere lo scopo per il conseguimento del quale l’Ente era stato costituito, causa di estinzione della personalità giuridica espressamente disciplinata dal codice civile all’art. 27 … considerato che la Regione Calabria non abbia pienamente adempiuto alle obbligazioni assunte in sede di costituzione della Fondazione e tale inadempimento ha determinato il sorgere di gravi difficoltà economiche nella gestione dell’ente…”. La gallina dalle uova d’oro è diventata sterile!

E allora inizia come di consueto la commedia, tutta italiana, di appelli e stracciamento delle vesti, usando a pretesto il diritto al lavoro dei dipendenti della Fondazione, dove tutti gli attori politici a cominciare dal sindaco della città Sergio Abramo, finendo all’allora commissario del provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, versano sul selciato la loro lacrima ipocrita, ma complice nel fallimento della Fondazione Campanella.

Viene usato dopo il ricatto morale, come sempre, nei confronti dei tanti dipendenti dell’ormai ex Fondazione, che verranno usati, violentati in chiave politico-elettorale, facendo loro intravedere in un orizzonte lontano una possibile stabilizzazione in quel calderone di magna magna e di debiti che oggi è anche l’azienda Mater Domini, quella che rischia di soccombere sulla storia della Fondazione Campanella e sui tanti debiti o crediti fasulli.

Questa è la storia o uno spaccato veritiero che ripropone sempre il solito teorema che governa da anni la politica regionale ed anche cittadina a Catanzaro, quello che la massomafia e il ricco menù della sanità calabrese è un piatto appetibile, rispetto al quale la coscienza e la morale sono palesemente dei senza dimora: barboni…

Tutti hanno concorso ad affossare la Fondazione Campanella, ma soprattutto un’idea culturale che poteva essere utile al bisogno di salute dei calabresi. Tutti hanno sulla loro coscienza sporca, almeno un cadavere. Ce l’hanno i direttori generali succedutisi, come Sinibaldo Esposito, presidente della commissione regionale sulla sanità, che hanno aumentato a dismisura il buco economico e che hanno coperto le complicità dei falsi in bilancio. Già, quei falsi in bilancio che lo stralunato Cotticelli ha cercato di fare comprendere nel suo penoso spettacolo, ma che restano e chiedono vendetta da parte della procura di Nicola Gratteri.

Oggi, a distanza di anni, questi importi spuntano fuori dal bilancio in via di definizione sotto l’insidiosa forma di crediti da svalutare o, meglio ancora, sotto la forma di una voragine che adesso la Regione Calabria sarà chiamata a ripianare. Ai 62 milioni di euro bisognerà però aggiungere anche i costi derivanti dal trasferimento delle unità operative oncologiche, prima in capo alla Fondazione Campanella ma al momento della sua liquidazione transitate sotto la competenza del Policlinico, che faranno lievitare ulteriormente l’entità del disavanzo sfiorando cifre monstre.

Il finale della storia è noto: al povero Cotticelli è stato ordinato di togliere i 62 milioni di crediti fantasma e di inserire un “buco” di 101 milioni della Fondazione Campanella, che ormai è finito anche sui media nazionali. Subito dopo Cotticelli è andato dal procuratore Gratteri, che ha avuto chiara la situazione davanti ai suoi occhi. E francamente non si capisce perché non abbia preso a calci nel sedere Belcastro, che invece se l’è cavata senza particolari conseguenza.

Cosa ci resta. Nulla. La consapevolezza amara di normali cittadini che siamo stati truffati da un esercito di mangiafuoco e di ballerine zoppe che hanno estinto al parto un’altra speranza calabrese, continuando ad essere complici di un sistema massomafioso, quello che alimenta le tasche dei politici corrotti e dei tanti imprenditori della sanità privata che lucrano, da sempre, su un diritto costituzionale, almeno sulla carta.

Che volete che sia un morto in più o in meno, quando c’è da fare la scarpetta? Avranno pure il diritto di ripulire il piatto…

Questa è la desolante constatazione rileggendo le dichiarazioni dell’ex presidente del CdA della Fondazione Campanella, l’avvocato Anselmo Torchia, a margine del risarcimento riconosciuto dal Tribunale di Catanzaro per la somma di euro 575.202,37 oltre interessi legali decorrenti dal novembre 2012, con sentenza del mese di luglio 2018… Ma di questo ci occuperemo presto, a Dio piacendo.